Caro Direttore, l’immaturità del nostro bipolarismo dipende certamente dalle ali estreme dei due schieramenti, ma la causa fondamentale credo sia un’altra: il bipolarismo non può sopravvivere con un sistema partitico così frammentato come quello italiano, privo di forze guida con almeno il 35 % dei consensi, come quelle esistenti nella gran parte delle democrazie occidentali.
Occorre ricordare che nel 1999 Fini, Casini e Follini furono co-promotori o sostenitori di un referendum per l’abolizione del riparto proporzionale del 25 % dei seggi del Mattarellum. Chiedevano cioè di abolire dalle schede i simboli di partito, compresi quelli di An e del Ccd, per far posto ai contrassegni di due grandi contenitori o federazioni di forze, dove si potesse discutere di politica, anteponendo gli interessi della coalizione alle logiche identitarie e ai calcoli di bottega. Incredibilmente Berlusconi respinse questa prospettiva, non volle consolidare il bipolarismo al di là del “bipolarismo di fatto” assicurato dalla sua presenza in politica. Favorì così l’astensione. Altrettanto fece, sia pure in forme più ovattate, Massimo D’Alema. Nonostante questo, il quorum sarebbe stato raggiunto se le liste elettorali non fossero state piene di morti e fantasmi. E oggi avremmo un sistema elettorale senza quota proporzionale. Molto probabilmente quel 25 % di seggi sarebbe divenuto – come propose in primo luogo Augusto Barbera e come recitava anche un emendamento a mia firma in Commissione bicamerale – la base per un premio di maggioranza da assegnare, eventualmente, in un ballottaggio nazionale tra i candidati premier delle due maggiori coalizioni. Un doppio turno nazionale che avrebbe vanificato il potere di ricatto delle ali estreme (e che a mio avviso è preferibile, per ragioni che ometto in questa sede, al doppio turno di collegio).
Faccio compiere un ulteriore sforzo di memoria ricordando anche il mancato successo di un altro referendum, quello elettorale del 1995 che voleva estendere a tutti i comuni il sistema maggioritario in vigore sotto i 15 mila abitanti, cioè un sistema basato sulla “lista di coalizione” a sostegno del candidato sindaco, anziché sulla “coalizione di liste” composta da una miriade di partiti e partitini. Perché il bipolarismo non può stabilizzarsi se il sistema politico viene continuamente sollecitato in direzioni opposte dai più diversi sistemi elettorali. Quel referendum, che si svolse insieme a quelli sulle televisioni private, fece anche il quorum (fu l’ultima volta, con solo il 57 % di votanti, nonostante l’assenza di campagne astensioniste e l’intesa propaganda sui quesiti televisivi) ma i Sì – nella disattenzione di molti riformatori e con la campagna contraria condotta da Sartori e Rutelli – si fermarono al 49,6 %.
La mancata riforma del sistema politico-partitico. Questa è la causa che rischia di far fallire il nostro bipolarismo. È la difficoltà di realizzare un processo di autoriforma, se si vuole, è il famoso paradosso del riformatore che deve riformare se stesso. Perché non si può e non si deve dimenticare che nel ’93 è stato possibile cambiare le leggi elettorali solo attraverso la via referendaria, inevitabilmente “rozza” per scrivere in positivo un sistema elettorale. Ma altra via non esisteva.
Chi propone una clausola di sbarramento del 5 o addirittura del 10 % (magari !) racconta frottole, oppure è il più ingenuo degli sprovveduti. In Parlamento, come è già accaduto per il finanziamento pubblico dei partiti o per la costituzione dei gruppi, potrebbe passare solo uno “sbarramento allo yogurt”, come la percentuale di grassi di una nota pubblicità. Del resto lo stesso Salvi che ha riproposto un serio sbarramento sulle colonne di questo giornale ricorda che non è stato possibile introdurre il più piccoli dei correttivi per le elezioni europee.
Quanto alla proposta dell’Udc, in discussione sui tavoli della verifica, è davvero difficile credere che possa costituire un passo avanti un sistema elettorale con l’80 o 90 % dei seggi attribuiti in ragione proporzionale e un premio di maggioranza, cioè un sistema come quello in vigore nelle Regioni dal 1995 al 2000, senza elezione diretta del Presidente e con una clausola “antiribaltone” facilmente aggirabile, come fu in effetti aggirata. Ma anche a prescindere dalla questione dei ribaltoni, se già oggi, con il 25 % di seggi attribuiti in ragione proporzionale, la competizione all’interno delle coalizioni raggiunge livelli che ne compromettono la coesione, possiamo immaginare cosa accadrebbe con un aumento della quota proporzionale di queste dimensioni. Passando dal Mattarellum al Tatarellum, la schizofrenia del sistema verrebbe portata all’ennesima potenza. I partiti alleati si farebbero una guerra spietata per accaparrarsi ogni voto, inevitabilmente spunterebbero programmi elettorali di partito distinti da quelli della coalizione. I più piccoli scostamenti elettorali registrati nelle periodiche consultazioni locali, regionali ed europee, tutte effettuate sulla medesima base proporzionale, costituirebbero – ancor più di quanto avviene oggi (per la Cdl tutto cominciò con le provinciali di Roma) – un motivo per rimettere in discussione gli equilibri all’interno della maggioranza di governo. Avremmo verifiche di governo continue, dal primo all’ultimo giorno della legislatura.
Va inoltre sottolineato che un sistema elettorale come il Tatarellum: a) è un sistema ad un turno come il Mattarellum e pertanto non eliminerebbe affatto il potere di ricatto delle ali massimalisti o antisistema, rendendo addirittura decisivi per la vittoria microformazioni con l’0,1% dei voti; b) porterebbe, con molta probabilità, al ritorno del voto di preferenza, con la conseguente deleteria competizione anche all’interno di ciascun partito (non a caso il sistema delle preferenze è sconosciuto in tutta Europa e nel Nord America). Il Tatarellum non ci darebbe affatto un bipolarismo più maturo. Lungi dal consolidarlo, esso costituirebbe solo l’anticamera per fuoriuscire dal bipolarismo.
Caro Direttore, il mio pessimismo sul sistema politico è forse ancora più cosmico del Suo. I fallimenti dei tentativi di portare a compimento la riforma – come facilmente avevamo previsto e temuto – mettono oggi in causa il bipolarismo e l’alternanza tanto faticosamente conquistati. Discutiamo, senz’altro, di riforma della legge elettorale e dei possibili rimedi. Ci mancherebbe altro che soprattutto coloro che hanno combattuto il Mattarellum e hanno tentato in tutti i modi di riformarlo, ne facciano ora una questione di fede o di idolatria. Ma la via maestra non è quella di ascoltare le sirene di chi ci vuole portare indietro.
da Il Riformista, 20 luglio 2004