Il primo buon consiglio dato al nuovo ministro dell’Istruzione e dell’Università Mariastella Gelmini è quello che gli è già venuto da Angelo Panebianco: studiare a fondo i dossier, ascoltare i pareri di tutte le persone e di tutti gli organismi competenti, riflettere e decidere senza fretta. È vero che il sistema dell’istruzione e della ricerca sono allo sfascio, ma una cattiva cura propinata a un malato grave può ammazzarlo anzitempo. Non si può aspettare troppo, ma ogni provvedimento assunto in modo affrettato può rivelarsi fatale. Come ha detto ancora Panebianco, ne va del futuro del nostro paese, non si può più sbagliare.
Tuttavia, per poter agire in questo modo occorre che il ministro si metta dei tappi metaforici nelle orecchie per non essere assordato dallo strepitìo che le si sta levando intorno, per toglierli deliberatamente soltanto quando ha deciso autonomamente di ascoltare qualcuno.
La doppia paginata del Corriere della Sera di mercoledì 14 maggio dà un’idea chiarissima del clima isterico e caotico che regna nel settore dell’istruzione. “Debiti a scuola, esami a rischio”, “Corsi nel caos”, “Scenario apocalittico”. Il tutto con un bombardamento di consigli avanzati con fretta e leggerezza irresponsabili. C’è chi addirittura sentenzia che, per quanto riguarda i corsi di recupero, l’unica strada possibile è “sospendere tutto”; chi propone il ritorno immediato agli sbarramenti biennali; chi borbotta che l’intenzione di Fioroni era giusta ma lo strumento sbagliato; mentre i soliti sindacati, invece di attenersi alle questioni salariali e normative che dovrebbero essere loro specifica competenza, invitano al ministro a “riprendere in mano la questione dei livelli di apprendimento”, il che è quanto rispondere all’emergenza blaterando del nulla. La stampa inzuppa il pane: 1.200.000 studenti affetti dal “mal di scuola” con una crescita del 15% in un anno, 700.000 colpiti da dolori addominali, 350.000 da cefalee, 150.000 da insonnia e inappetenza. Sarebbe interessante sapere chi e come ha fatto questi conteggi. Che vergogna… Come se non sia normale avere dei disturbi per le paure scolastiche. Li abbiamo avuti tutti e siamo qui, vaccinati. Malori sani che educano ai malori che si dovranno patire comunque da adulti nei luoghi di lavoro o in famiglia. Tanto vale addestrarsi subito. E se i ragazzi prima erano tutti esenti da malori, vuol dire che la scuola era il paese dei balocchi.
Di fronte a questo scenario di lagne indecenti e indecentemente coccolate, il ministro dovrebbe pretendere con energia da tutti silenzio, decoro e senso di responsabilità. La situazione è caotica, i problemi innumerevoli, ma sarà possibile risolverli soltanto con scelte meditate e organiche e non con misure tampone che chiudono una falla aprendone altre dieci.
Un altro consiglio al ministro è di fare piazza pulita di tutte le commissioni pletoriche e di tutti i convegni e simposi che, a costi spropositati, servono soltanto a produrre maree di documenti verbosi la cui unica utilità è di creare posizioni di potere per coloro che li hanno elaborati. In breve, ricominci da zero, liberandosi dallo stuolo di pseudo-esperti, didatti, pedagogisti, docimologi, burocrati di varia sorta che affollano i corridoi ministeriali. Eviti soprattutto di mettere tutto nelle mani del solito pedagogista di stato onnisciente di tecnicismi didattici e sprezzante di contenuti e discipline. Getti nel cestino qualsiasi proposta che non sia scritta in un linguaggio piano, comprensibile, razionale e sintatticamente limpido, e che copra il vuoto concettuale dietro una fraseologia barocca, pretenziosa e falsamente professionale. Per esempio, una relazione che contenga termini del tipo “competenze dichiarative e competenze procedurali” dovrebbe essere cestinata senza pietà e il suo estensore messo alla porta.
Infine, assuma come principio di base che se si vuole iniziare a rimettere in sesto la scuola e l’università occorre richiamarne gli attori principali al senso di responsabilità, alla calma e al decoro. Questi attori principali sono gli insegnanti e gli allievi: gli altri devono venire a debita distanza. I primi debbono essere reinvestiti del ruolo di maestri e, in quanto tali, debbono essere ben consapevoli che una tale funzione comporta onori e vantaggi ma anche precisi doveri e oneri, il che è quanto dire vantaggi in termini di retribuzione e di prestigio, l’obbligo di esercitare una funzione educativa al massimo livello e l’onere di sottoporsi a verifica. Per parte loro, gli studenti debbono essere consapevoli dei doveri che la scuola impone: rispetto delle regole, comportamenti civili e impegno massimo nello studio. Per tutti debbono valere due principi: a scuola si va per apprendere e quindi al centro della scuola sono i contenuti dell’insegnamento; il rapporto tra insegnante e allievo è un rapporto tra persone per la trasmissione delle conoscenze e non una relazione tra prestatori d’opera e utenti. Se non riuscirà a far accettare da tutti queste poche e semplici premesse è facile profetizzare che il nuovo ministro, come qualsiasi ministro, si troverà a navigare in mezzo a una tempesta di proporzioni crescenti che nessun marchingegno normativo riuscirà a placare.
(L’Occidentale)