Nei giorni del Cairo Tarek Heggy ha voluto mischiarsi alla folla egiziana, andare a vedere quale Egitto era riuscito finalmente a dire la sua, a scavalcare il muro della paura in piazza Tahrir. Ha camminato nel luogo simbolo della “rivoluzione del loto”, la piazza dove migliaia di egiziani – chiedendo all’elite militare di forzare il raìs fuori dalla stanza dei bottoni – hanno messo fine alla dittatura di Hosni Mubarak. Si è mischiato a loro, ne ha guardato i volti, ne ha ascoltato gli slogan, misurato l’estrazione culturale ed educativa. “Era la classe media che stava in quella piazza”.
Tarek Heggy è uno stratega energetico, un intellettuale e un politico liberale egiziano, che è stato chiamato a discutere delle rivoluzioni democratiche nel mondo arabo durante un incontro organizzato ieri dalla fondazione Magna Carta e dall’associazione Summit. Nato sessantuno anni fa a Porto Said, da una famiglia di musulmani liberali (“ho avuto due genitori dai quali non ho mai sentito proferire una sola parola anti-semita o anti-cristiana”), Heggy sembra essere l’uomo perfetto per il suo paese che (forse) la maggioranza degli egiziani ancora non conosce.
Un illuminista, un liberale che vorrebbe vedere il suo Egitto governato da persone che siano in grado di “costruire il futuro nel presente”. Per far questo Heggy fonderà presto un nuovo partito: “Si chiamerà il partito dell’Altro”, come ha ricordato lui stesso durante l’incontro. “Lanceremo una forza che sarà fondata su tre pilastri: il rifiuto dell’ideologia; il rispetto delle minoranze (copta, beduina, nubiana); i diritti per le donne. Un partito per coloro che oggi non sono rappresentati in Egitto”.
Tarek Heggy crede fortemente nel suo paese (“sono molto ottimista sul futuro del mio Egitto”) e conosce le cause storiche del ritardo culturale e giuridico del mondo arabo-musulmano: “E’ dal XII sec. che l’islam ha deciso di rinunciare al pensiero critico, da quando le opere di un Averroè furono bruciate. Un uomo che non esito a paragonare al vostro Aristotele”.
Denuncia un Egitto preso in ostaggio dall’islam dell’Arabia Saudita: “Ho scoperto poco tempo fa che non-musulmano non può studiare letteratura araba in Egitto. C’è stata una totale sovrapposizione della lingua araba con la lingua del corano. Questa è un’interpretazione d’importazione saudita, non egiziana”. Ma Heggy va anche più lontano e non rinuncia a prendere per le corna il problema del fondamentalismo islamico, in particolare quello legato al ruolo dei fratelli musulmani nel futuro egiziano.
“Il fondamentalismo dei fratelli musulmani si è nutrito e si nutre del clima illiberale delle dittature. Sotto la dittatura di Mubarak la ‘fratellanza’ poteva forse rappresentare il 40% dell’elettorato. Conoscevo addirittura degli egiziani coopti che pur di non votare Mubarak, sostenevano i fratelli musulmani. Alle prossime elezioni, secondo me, finiranno col rappresentare al massimo il 20%. Non hanno soluzioni da dare agli egiziani. Nel corano non c’è risposta per il problema della disoccupazione, della crescita economica o dell’educazione. I fratelli musulmani solo portatori di soluzioni ‘macro’, per così dire”.
Heggy non sottostima comunque il nodo politico e la pericolosità della fratellanza e lo fa prendendo in prestito le parole del leader indipendentista tunisino Bourguiba: “La politica nel mondo musulmano ha sempre avuto due lati: uno visibile e uno non visibile. Quello visibile sono le dittature. Quello invisibile è fatto dai fratelli musulmani”. Per il futuro prossimo egiziano, Heggy vedrebbe bene una transizione diversa da quella militaresca di Tantawi – che ben poche assicurazioni dà – a cui si assite di questi tempi.
Lo fa con una lista di desiderata che solo il tempo ci dirà se destinata a trasformarsi in realtà: “In primis vorrei vedere la Costituzione egiziana riscritta da una commissione. E visto la propensione del mio paese a creare faraoni, vorrei vedere il passaggio da una repubblica presidenziale a una parlamentare. Vorrei che prima si tenessero le elezioni presidenziali e poi quelle parlamentari”. “Ma soprattutto – ha concluso Heggy – prima di qualsiasi elezione, vorrei la modifica del sistema elettorale, perché senza un cambio del sistema di elezione dei rappresentanti, nessuna donna e nessun cristiano potranno mai essere eletti”.