Apprendiamo con dispiacere la notizia della morte dell’orientalista e storico dell’Islam Bernard Lewis, scomparso lo scorso 19 maggio all’età di 101 anni.
Già nel 1976, con un saggio comparso sulla rivista «Commentary», aveva anticipato “il ritorno della religione islamica come fattore politico di primaria importanza”. Tre anni dopo, puntualmente, si era verificata la rivoluzione di Khomeini in Iran.
Nel 2001, prima dell’attacco alle Torri gemelle, aveva pubblicato “Il suicidio dell’Islam: in che cosa ha sbagliato la civiltà mediorientale”, nel quale aveva approfondito le difficoltà delle società islamiche nel far fronte alla modernizzazione, preannunciando anche in questo caso derive di acuta e insensata violenza.
Molti sostengono che attraverso numerosi suoi scritti si possa evincere la teoria dello «scontro di civiltà», formulata poi più compiutamente negli anni Novanta da Samuel Huntington.
Vogliamo infine onorare la sua memoria attraverso un ricordo che ci riguarda direttamente: nel 2004 fu il primo illustre ospite della “Lettura Annuale”, l’evento più importante della fondazione Magna Carta, giunto quest’anno alla XV edizione.
La sua relazione, intitolata “Il Medio Oriente un anno dopo la guerra in Iraq”, venne poi pubblicata dalla fondazione Magna Carta.
Il Medio Oriente un anno dopo la guerra in Iraq
di Bernard Lewis
La prima edizione della Lettura annuale della Fondazione Magna Carta si è svolta a Roma il 9 marzo 2004. Lo storico britannico Bernard Lewis ha svolto una lectio magistralis dal titolo Il Medio Oriente un anno dopo la guerra in Iraq.
Abstract
Un articolo del Wall Street Journal titolava: “La dottrina di uno storico dell’Islam orienta gli Stati Uniti nella battaglia contro il terrorismo”. Nell’articolo dedito per intero a Bernard Lewis si leggeva, tra l’altro: “la diagnosi di Lewis sul malessere del mondo arabo e il suo appello per l’intervento militare allo scopo di seminare la democrazia hanno aiutato a definire la più ardita svolta della politica estera americana degli ultimi cinquant’anni (…) Nella sua veste di consigliere informale di molti esponenti dell’amministrazione americana, Lewis ha contribuito a convincere la Casa Bianca a liberarsi di decenni si vecchie riflessioni sul mondo arabo e sull’uso delle armi.
Così è sparita la nozione che la politica estera americana in una regione ricca di petrolio debba promuovere la stabilità sopra ogni altra cosa, anche a costo di trattare i tiranni locali come amici. Egualmente è sparito il corollario di questa nozione second cui incoraggiare la democrazia nei paesi arabi equivale a destabilizzarli. La dottrina Lewis dice invece che l’impegno per la democrazia in questi paesi non solo è saggio ma è imperativo”.
Oggi a un anno di distanza dalla guerra in Iraq è qui per parteciparci delle sue riflessioni sulla possibilità della convivenza tra la religione islamica e il metodo democratico.