di Giuseppe De Lucia Lumeno, Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari
Le pandemie che hanno lasciato tracce nella storia dell’umanità sono tante. La rilettura di Manzoni, ma non solo, può tornare utile in questi giorni ai molti che vivono una sorta di carcerazione domiciliare – non tutti visto che in tanti continuiamo a lavorare – e che, per questo, possono approfittare per leggere e approfondire. Nulla di nuovo, dunque, sotto il cielo. Quella che stiamo vivendo è soltanto l’ennesima e, come quelle che la hanno preceduta, sarà superata e archiviata, speriamo il più rapidamente e con meno vittime possibile. Si tratta però – ed è forse questa la vera novità – della prima pandemia nell’era della globalizzazione e per di più di una globalizzazione già di per sé profondamente e incontestabilmente malata. Finisce così per assumere una valenza ulteriore e diversa: non solo crisi ma, molto probabilmente, spartiacque per un passaggio epocale da una società all’altra, così come alla fine del Diciottesimo secolo la società preindustriale si trasformò progressivamente in società industriale.
Ne usciremo? In quanto tempo? A che prezzo? C’è molta incertezza oggi nel dare risposte a questi interrogativi che più di altri appassionano gli osservatori ma che forse non affrontano la centralità della questione che il virus ha aperto in maniera macroscopica. Oggi, siamo di fronte alla prospettiva di una trasformazione tanto importante che bisogna rielaborare le nostre ipotesi nella consapevolezza che, rispetto al nodo della trasformazione, non siamo impreparati in quanto abbiamo già percorso una buona parte del cammino. Il cambiamento, anche delle quotidiane abitudini di vita, dei gesti più semplici di socialità come salutarsi stringendo la mano, è stato tanto improvviso quanto profondo ma può essere considerato la manifestazione finale del distacco da un modello di società e, di conseguenza, da un modello economico che già era in uno stato di crisi molto avanzato. Il neoliberismo non è più trionfante come lo è stato per un intero ciclo. Per chi da oltre un decennio si è posto il tema della riconquista della centralità della persona e dei suoi valori, il percorso risulta meno traumatico in quanto cosciente di tutti i limiti di una teoria che voleva far credere che le leggi dell’economia fossero imposte e che non sarebbe stato possibile intervenire sulle congiunture economiche e, ancora meno, di liberarci di realtà “strutturali”.
Nell’affrontare la crisi economica “da Coronavirus” non possiamo, dunque, non avere ben chiaro il quadro nel quale essa si è imposta: un mondo che, in nome di interessi individuali, ha dimenticato i bisogni delle persone, delle famiglie e delle aziende che devono lottare quotidianamente e con gran fatica per la propria e l’altrui sopravvivenza. In poche parole ciò che è accaduto nel momento in cui l’economia finanziaria si è separata dall’economia reale e questa è stata sacrificata. La pandemia non fa altro che rendere evidente i nodi che si sono stretti in quella cultura e che oggi vengono drammaticamente al pettine. Sarebbe, dunque, inutile e pericoloso concentrare, come abbiamo fatto rispetto alla crisi del 2008, la nostra attenzione semplicemente sulle conseguenze della crisi e sulla maniera di uscirne. Quello che stiamo vivendo in questo inizio del 2020 e quel che abbiamo vissuto a partire dal 2008 hanno indebolito prima la società nel suo insieme e oggi ne stanno mettendo in discussione la sua esistenza. È perciò urgente elaborare nuove categorie di analisi.
Su un piano più strettamente economico, la prima pandemia dell’era globale ha trovato terreno fertile in un quadro già molto instabile in quanto segnato dalla lunga stagnazione europea, dal rallentamento della crescita cinese a da una crescita americana troppo debole. Ha colpito prima la Cina e ora l’Europa e gli Stati Uniti e così sta trascinando nella recessione l’intera economia mondiale facendo saltare ogni certezza, ogni equilibrio, anche quello che sembrava il più stabile. Inevitabilmente sarà necessario, come abbiamo detto, un lungo e serio ripensamento dei modelli, o meglio, del modello di sviluppo che mostra oggi una disarmante fragilità dinanzi a un virus, anche perché in nome della sostenibilità, un’economia diversa è invocata ormai quasi unanimemente. Intanto però mentre ogni giorno si piangono le vittime del virus, in Italia, come nel resto del mondo, i danni occupazionali, reddituali e sociali sono immediati e di dimensione incalcolabile. Scatta così una sorta di chiamata alle armi per una guerra non dichiarata a un nemico potentissimo ma invisibile a occhio nudo. Ognuno è chiamato a fare la propria parte, ognuno si sente parte di una comunità, ognuno riscopre le proprie radici, le proprie bandiere.
Le Banche popolari e del territorio fin da subito hanno messo in atto specifici e concreti interventi in favore delle aziende, del commercio e delle famiglie. Provvedimenti dagli effetti immediati per garantire la sopravvivenza del tessuto produttivo e la sussistenza delle persone e delle famiglie. Interventi che tutti gli istituti della categoria stanno realizzando ovunque e non solo nelle aree più colpite a conferma del loro essere parte integrante delle comunità nelle quali operano. Le iniziative di sostegno decise autonomamente dai singoli istituti bancari hanno preceduto anche i provvedimenti del Governo e, per questo, sono già operative. Hanno diversa natura e sono state adottate dalla totalità della categoria. La Banca di Piacenza ha istituito una procedura di istruttoria veloce (una semplice pec) per sospendere le rate di finanziamento. La Banca Valsabbina, che opera in una delle aree più colpite, ha aderito alla moratoria per le PMI che prevede la sospensione del pagamento delle rate dei finanziamenti, oltre a donare 300.000 euro agli ospedali bresciani. La Banca Popolare del Cassinate ha introdotto linee di credito dedicate mettendo a disposizione liquidità per circa 100 milioni di euro. La Banca Popolare Pugliese e la Banca Popolare di Puglia e Basilicata hanno sospeso i mutui o proposto una loro rimodulazione. CiviBank ha dato, a tutte le micro, piccole e medie imprese e di tutti i settori, la possibilità di sospendere il pagamento delle rate dei finanziamenti o di allungarne la scadenza con un iter semplificato e accelerato. La Banca Popolare di Lajatico ha erogato contributi agli ospedali di Pisa e Pontedera per attrezzature e presidi sanitari oltre a prevedere un supporto finanziario straordinario per soci, imprese e famiglie del territorio, utili ad assicurare il sostegno al tessuto economico locale. E ancora, in Sicilia, la Banca Agricola Popolare di Ragusa ha previsto specifiche misure e moratorie per i propri soci, misure di sostegno per famiglie e privati consumatori (a cominciare dai mutui prima casa), sostegno finanziario alle imprese con la sospensione del pagamento dei finanziamenti. La Banca Popolare di Sant’Angelo, che proprio quest’anno festeggia i primi 100 anni di vita, ha immediatamente donato un’ingente somma di denaro alla protezione civile regionale per l’acquisto di materiale sanitario e ha sospeso le rate a famiglie, imprese piccole e grandi, lavoratori che hanno perso l’impiego e professionisti con studi e attività fermi.
Questi sono soltanto alcuni esempi delle iniziative prese in Italia da tutte le Banche popolari. Misure utili a rendere evidente l’elevato grado di consapevolezza di un’intera categoria e la modalità attraverso la quale contribuisce concretamente a “vincere il virus” e a prefigurare la società che verrà dopo che esso sarà stato sconfitto. Per il Credito popolare il sostegno alle famiglie e alle piccole e medie imprese è una regolare e quotidiana modalità di operare che assume significato e valore particolari nella drammaticità di questi giorni. Poter contare sulla propria banca, sapere che essa ti è accanto e non è una controparte, continua a fare la differenza. Così come era stato negli anni immediatamente successivi alla crisi economico-finanziaria del 2008, le Banche popolari sono in prima linea nel sostegno ai territori e alle comunità servite con misure mirate che vanno incontro alle esigenze e alle richieste di una clientela composta prevalentemente da piccole e medie imprese e da famiglie. Le misure straordinarie ed eccezionali di oggi sono però possibili grazie ad una efficace gestione dei rischi e ad una solidità patrimoniale che ne rafforza, indiscutibilmente, il ruolo e il prestigio all’interno dei diversi ambiti locali in cui operano restando, sempre e comunque, anche in questi momenti così complessi, a stretto contatto con il tessuto produttivo e imprenditoriale delle singole aree.
Si tratta di una attività promossa dalle Banche del territorio che rispecchia in pieno la sua struttura e la sua peculiare natura. Oltre il 70 per cento del credito ordinariamente erogato dalle Popolari alle aziende è rivolto alle piccole e medie imprese che sono le più colpite dalla crisi. Realtà imprenditoriali di dimensioni minori che rappresentano l’essenza del sistema produttivo del nostro Paese e che, dopo la Seconda guerra mondiale, ne hanno reso possibile la ricostruzione, insieme agli istituti del Credito popolare saranno ancora i protagonisti nel definire un percorso di crescita necessario per la ripresa dello sviluppo che avrà nella sostenibilità e nella territorialità i suoi punti forti. Quando si uscirà dalla straordinaria situazione di emergenza di queste settimane e ci si avvierà ad un graduale miglioramento, grazie alla loro peculiarità di essere radicate sul territorio dimostrata con la capacità di resilienza, le Banche popolari saranno chiamate a svolgere un ruolo imprescindibile nell’accompagnare e sostenere il Paese verso quella difficile ripresa economica e sociale che seguirà. Le Popolari saranno pronte, grazie anche a quello che hanno dimostrato di saper fare nel passato per migliorare la propria qualità del credito senza mai allontanarsi dai territori e dalle comunità fatte di famiglie e di piccole e medie imprese. Sarà allora evidente che la biodiversità bancaria che fino ad oggi ha permesso all’economia del Paese di poter reagire agli shock e alle avversità del ciclo economico, rappresenterà il punto di forza del nostro sistema economico fatto di piccole e medie imprese.