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Pensare lo sviluppo del Sud non più esclusivamente sotto l’aspetto economico

2 luglio 2023

Editoriale di Gaetano Quagliariello pubblicato il 2 luglio  su La Gazzetta del Mezzogiorno

Capitale Sud è la sintesi estrema di ciò che il Mezzogiorno potrebbe rappresentare in un programma che miri a consolidare lo sviluppo conseguito dall’Italia negli ultimi due anni

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Capitale Sud è la sintesi estrema di ciò che il Mezzogiorno potrebbe rappresentare in un programma che miri a consolidare lo sviluppo, per certi versi sorprendente, che l’Italia ha conseguito negli ultimi due anni. «Sud il Capitale che serve» è il titolo del libro-consuntivo scritto da Carlo Borgomeo, fondatore e a lungo Presidente della Fondazione Con il Sud.

La tesi di fondo riprende il nocciolo del suo impegno ultra-cinquantennale. Nel Secondo dopo-guerra, dopo la prima felice stagione della Cassa segnata dallo sforzo per dotare il mezzogiorno delle infrastrutture basilari, l’intervento straordinario al Sud avrebbe conosciuto una sola politica degna di questo nome: quella voluta innanzitutto da Pasquale Saraceno, che puntò in modo deciso sull’industrializzazione. Borgomeo ritiene che quell’intervento di natura “esogena”, incentrato più sulla quantità dell’offerta che sulla sua qualità, avrebbe sottostimato le condizioni differenti dei territori che formano il meridione, le caratteristiche antropologiche di quanti li abitano, le loro diversificate esigenze sociali. Per questa ragione, nell’illusione di usare una leva potente in grado di ridurre in breve tempo il gap accumulato dal Sud in termini di Pil, l’offerta si sarebbe configurata come “variabile indipendente” rispetto alla domanda. E questo sia nei periodi in cui la domanda è stata generosa, sia nei periodi di vacche magre. L’intervento straordinario, perciò, sarebbe stato concepito esclusivamente per linee verticali, privilegiando inevitabilmente la quantità delle cifre stanziate sulla qualità degli interventi: una dinamica che, tra l’altro, avrebbe prodotto deresponsabilizzazione diffusa sui territori, favorendo un rapporto ancillare tra gli interessi economici e la classe politica.

Borgomeo appartiene a pieno titolo a quel segmento del meridionalismo che, appoggiandosi sull’autorevolezza dei padri storici, ha proposto una linea alternativa alla politica ufficiale: pensare lo sviluppo del Mezzogiorno non esclusivamente sotto l’aspetto economico, facendo così scadere la crescita sociale a sovrastruttura. Questo perché, in tal caso, gli investimenti per quanto corposi, saranno destinati sempre ad essere effimeri, non in grado di consolidare il progresso nel tempo. I dati del divario tra nord e sud dagli anni Cinquanta ad oggi, che registrano un contenuto ma significativo aumento, danno indiscutibilmente ragione a queste critiche e agli uomini che le hanno incarnate.

Non ci troviamo, però, di fronte a una querelle esclusivamente intellettuale, perché queste analisi incrociano le scelte più significative che il governo dovrà compiere nel futuro prossimo venturo in almeno due punti: la cosiddetta autonomia differenziata e l’attuazione del Pnrr. Per quanto concerne il primo aspetto, va notato come una proposta sull’autonomia differenziata che veramente voglia esaltare le peculiarità dei territori e mobilitarne le energie, dovrebbe incontrare la benevola considerazione proprio da chi ha fin qui sostenuto le ragioni “endogene” dello sviluppo del Sud. Da coloro che, senza negare l’utilità di interventi eccezionali, ritengono che non potrà esserci sviluppo duraturo se esso non consideri le caratteristiche peculiari della società meridionale. Per coinvolgere questa parte del pensiero meridionalista, è però necessario dimostrare che la proposta governativa non abbia come obiettivo inconfessato quello di fissare ai livelli attuali la cesura tra le due parti del Paese e che, per questo, in ambiti quali l’educazione, la sanità, la sicurezza, il credito, i servizi, si intenda veramente concedere al Sud i mezzi e gli strumenti per poter aumentare il proprio capitale sociale, divenendo perciò competitivo. In questa stessa ottica, l’attuazione del PNRR dovrebbe accompagnarsi ad una duplice assicurazione: che gli interventi non si limiteranno a mega-progetti a scarsa ricaduta sociale e che, invece, verranno ricercati i modi per coinvolgere in processi sussidiari le avanguardie attive, evitando così bandi calati dall’alto ai quali i possibili percettori dovranno adeguarsi, indipendentemente dalle loro competenze e dagli effettivi bisogni dei territori.

Proprio su questi temi, a partire dal libro di Borgomeo, si svolgerà il 4 luglio a Roma un seminario promosso dalla Fondazione Magna Carta. Vi prenderanno parte il Presidente dell’Acri Francesco Profumo, l’amministrativista Gennaro Terracciano, l’ex-ministro Graziano Delrio e il ministro Raffaele Fitto il quale, per la sua posizione, può oggi influire sulle scelte che riguardano il Sud forse più di ogni altro. Si tratterà di un confronto vero su scelte che peseranno per anni sul destino dei meridionali. Confronto di cui la politica ha un gran bisogno per non scadere in mediocre teatrino.

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