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L’Occidente, l’Islam e l’eredità intellettuale di Bernard Lewis

Alle radici di Magna Carta

Fin dalla sua nascita, la Fondazione Magna Carta ha celebrato ogni anno con una lectio magistralis il momento più importante della sua vita istituzionale: la Lettura Annuale. Un evento che, nel corso del tempo, ha affrontato questioni centrali del dibattito pubblico, grazie alla partecipazione di personalità dall’alto valore simbolico del panorama politico-culturale nazionale e internazionale. La prima edizione della Lettura Annuale si è svolta a Roma il 9 marzo 2004, presso Villa Piccolomini. Bernard Lewis (1916-2018), in quel momento uno dei maggiori storici viventi, ha tenuto una lezione intitolata Il Medio Oriente un anno dopo la Guerra in Iraq. Lewis, eminente orientalista, gigante degli studi sul mondo arabo e sull’Islam, ha insegnato alla School of Oriental and African Studies dell’Università di Londra ed è stato professore emerito di Studi sul Vicino Oriente alla Princeton University. A un anno di distanza dall’inizio della Guerra in Iraq, nel corso della lezione tenuta a Magna Carta, lo storico britannico ha sottolineato la necessità di impegnarsi per favorire lo sviluppo della democrazia in Medio Oriente, riflettendo al tempo stesso sulla possibile convivenza tra religione islamica e sistema democratico.

L’interpretazione dell’Islam di Lewis è sempre stata radicata nel rigore accademico e in approfondite ricerche sulla storia del mondo arabo e musulmano. Con il suo lavoro, lo storico britannico si è avvicinato alla questione islamica con grande apertura mentale, cercando di comprendere i multiformi aspetti di una religione complessa e variegata nel corso del suo sviluppo storico. In opere come Gli arabi nella Storia (Hutchinson’s University Library 1950) e Il Medio Oriente. Duemila anni di Storia (Simone & Schuster 1995), Lewis ha raccontato l’ascesa dell’Islam, gli imperi, l’impatto della religione nel mondo arabo, gli sviluppi culturali e le trasformazioni politiche, incoraggiando gli studiosi occidentali verso una comprensione non essenzialistica dell’Islam. Secondo Lewis, la religione non si oppone intrinsecamente ai principi democratici, anzi, proprio per una ricca eredità storica, fatta di pluralismo, progressi intellettuali e tolleranza, può convergere verso processi di democratizzazione.

Con i tragici eventi dell’11 settembre 2001, la ricerca del professor Lewis ha assunto una nuova urgenza. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle, il mondo occidentale era ‘affamato’ di informazioni sull’islam politico e Lewis aveva trascorso decenni a studiarlo. Lo storico ha esaminato le ragioni profonde del terrorismo, cercando di risalire alle fondamenta ideologiche che hanno alimentato la radicalizzazione violenta di una parte minoritaria del mondo musulmano, da una parte, e dall’altra il risentimento delle masse musulmane verso l’Occidente. In Cos’è andato storto? Impatto occidentale e risposta mediorientale (Oxford University Press 2002), Lewis indaga il contesto storico del declino e della stagnazione economica vissuti dal Medio Oriente negli ultimi secoli, analizza l’impatto delle influenze occidentali sulla regione ed esamina i fattori economici, sociali e politici che hanno contribuito ad aprire un fossato tra Occidente e Medio Oriente.

Nel saggio Le origini della rabbia musulmana. Millecinquecento anni di confronto tra Islam e Occidente (Oxford University Press 2004), Lewis scrive con chiarezza che “i fondamentalisti combattono contro due nemici: secolarismo e modernismo”. La guerra sferrata contro il secolarismo è “consapevole ed esplicita”, identificando la laicizzazione come una “una forza del male neopagana” che opera nella modernità e “attribuendola, a seconda dei casi, agli ebrei, all´Occidente e agli Stati Uniti”. La guerra contro il modernismo è meno evidente ma si rivolge “contro l’intero processo di cambiamento verificatosi nel mondo islamico nel secolo scorso o prima, che ha trasformato le strutture politiche, economiche, sociali e addirittura culturali dei paesi musulmani”.

Negli anni più bui del ‘conflitto di civiltà’, il professor Lewis ha sempre continuato a sottolineare l’importanza di promuovere il dialogo tra Occidente e mondo musulmano, aumentando gli scambi culturali, i programmi educativi e una comprensione reciproca per colmare il baratro di incomprensione e di sfiducia che si era aperto dopo l’11 Settembre. Lewis credeva fermamente che attraverso un dialogo aperto e rispettoso si potesse trovare un terreno comune costruendo un futuro più pacifico, ma nello stesso tempo metteva in guardia l’Occidente dal rischio di perdere la propria fiducia nei principi e nei valori della nostra civiltà. “In Europa, come negli Stati Uniti, una risposta frequente (alla violenza e al terrorismo) è quella conosciuta come multiculturalismo e politicamente corretto”, dice Lewis nel 2007 parlando all’AEI. “Nel mondo musulmano non ci sono tali inibizioni. I musulmani sono molto consapevoli della loro identità. Sanno chi sono, cosa sono e cosa vogliono, ad un livello che in Occidente in larga misura sembriamo aver perso. Questo è fonte di forza per gli uni e di debolezza per l’altro”.

All’inizio del Ventunesimo secolo scoppiano le Primavere arabe, le rivolte popolari in Egitto e in altri Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente per chiedere più libertà economiche e sociali. Lewis da una parte sembra anticipare il fallimento sostanziale di quelle rivoluzioni. D’altra parte però sottolinea l’importanza di dar voce alle forze democratiche nel mondo musulmano, quei dissidenti che “esistono” e vanno sostenuti. Lo storico britannico ha sempre insistito sulla battaglia per i diritti nel mondo arabo, sul diritto di ogni popolo a vivere liberamente. In questo senso, può apparire quasi paradossale il fatto che in Occidente si tende spesso a definire ‘imperialistica’ una visione che professa la libertà da ogni dittatura, laddove invece per ‘filoarabismo’ si vuole intendere una sorta di legittimazione di teocrazie, autocrazie e dittature.

L’importanza di dare voce ai dissidenti e a quanti si battono contro il terrore e la paura emerge con forza in un altro convegno organizzato a Roma nel 2007 dalla Fondazione Magna Carta. Tra gli ospiti di riguardo, ancora una volta, il professor Lewis. La conferenza, intitolata Fighting for Democracy in the Islamic World, vede la partecipazione degli ex primi ministri spagnolo e irlandese Josè María Aznar e David Trimble, di autorevoli ospiti internazionali come Aydan Kodaloglu, Natan Sharansky, Saad Eddin Ibrahim, Farid Ghadri, Ibrahim Mudawi Adan. Fondazioni Magna Carta, Farefuturo, Fondazione Bettino Craxi, l’Associazione Appuntamento a Gerusalemme e l’Adelson Institute-Shalem Center, dando seguito alla conferenza Democracy & Security, l’evento organizzato a Praga l’anno precedente, favoriscono il confronto tra le voci del dissenso nel mondo arabo e i leader che, in quel momento storico, avevano responsabilità dirette di governo e di indirizzo della politica estera europea. Tante testimonianze drammatiche di intellettuali, artisti e studiosi provenienti dai Paesi islamici che hanno evidenziato le persecuzioni subite dai dissidenti nei regimi autoritari di Africa e Medio Oriente. Una battaglia per la libertà che non è ancora finita.

Nelle foto, Bernard Lewis con Mithal al-Alusi, Kassem Jaafar, Amir Abbas Fakhravar, Aydan Kodaloglu, Natan Sharansky, Saad Eddin Ibrahim, Farid Ghadri, Ibrahim Mudawi Adan.

Il contenuto riportato è un estratto e/o anticipazione di uno dei capitoli della raccolta fotografica “Vent’anni di Magna Carta. Comprendere il XXI secolo”. Clicca sull’immagine di seguito per scoprire tutti i dettagli del volume e richiedere una copia!

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