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Pnrr, la trincea che passa dal Sud

11 novembre 2023

Riportiamo l’editoriale del Presidente Quagliariello pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno l’11 novembre 2023.

Pnrr, la trincea che passa dal Sud

Passa dal Sud la trincea che separa la vittoria dalla sconfitta per quel che concerne il Pnrr e il suo utilizzo. È in questa parte d’Italia, infatti, che dovrà essere impegnata la parte maggiore dei denari che l’Europa ci ha messo a disposizione a fondo perduto – in piccola parte – o a prestito ma a condizioni assai convenienti. È in questa parte di territorio che ci viene richiesto di produrre il massimo sforzo per ridurre, quanto meno, le ataviche asimmetrie territoriali che caratterizzano il nostro Paese.

L’Europa, nel fissare queste «regole d’ingaggio, non ha agito a caso. La vicenda delle cosiddette economie emergenti lo ha insegnato: nel mondo globale, qualora vi siano condizioni di contesto favorevoli, laddove i differenziali di crescita sono maggiori si produce più ricchezza e con più facilità.

Il Sud si viene così a trovare sulle spalle una doppia responsabilità d’ordine morale e materiale.

Da un canto dimostrare all’Europa di aver fatto bene, col Pnrr, a chiedere a cittadini di Paesi differenti dal nostro di mettersi le mani in tasca al fine di offrirci un’occasione di sviluppo. Dall’altro, poiché la gran parte dei soldi ricevuti e di quelli che riceveremo ci sono stati dati in prestito, essi andranno restituiti. Per un Paese che possiede il record del debito pubblico, dissiparli potrebbe risultare letale: quei denari potranno considerarsi un buon affare solo se produrranno sviluppo e ricchezza. Allora potremo considerarli «debito buono».

Il dover assolvere a questi “imperativi categorici” rende comprensibili – e condivisibili -, le scelte che il governo ha effettuato attraverso il «decreto Sud». Con quel provvedimento, per essenziale, si è creata un’unica zona di vantaggio fiscale trasformando, per tale aspetto, l’intero Mezzogiorno in un’unica «macroregione»; sono stati accorpati fondi di natura differente per concentrarli su interventi strategici; è stata creata al livello centrale una regia unica per seguire e monitorare gli interventi che saranno realizzati grazie al Pnrr.

I critici hanno gridato al centralismo e a hanno eccepito il commissariamento delle Regioni. A me sembra, invece, che sia stata affermata una sacrosanta esigenza di statualità. Di fronte a una sfida decisiva – per l’Europa, per l’Italia e per il Mezzogiorno, è giusto non correre il rischio della dissipazione attraverso finanziamenti a pioggia. Sarà necessario assicurare la buona applicazione delle norme: che gli interventi infine selezionati sappiano interpretare vocazioni e bisogni dei territori e che il controllo non si trasformi in accentramento burocratico, di quelli in grado di scoraggiare anche quanti hanno voglia d’intraprendere e non sono in cerca della «grande occasione». Su questi aspetti, bisogna doverosamente at-tendere: nessun pregiudizio ma il giudizio resta sospeso.

Quel che, invece, è più difficile da comprendere è il motivo per il quale la considerazione della statalità, così presente quando la lente d’ingrandimento si ferma sul Sud, si dissolve quando il governo affronta i tema della cosiddetta «autonomia differenziata»; un provvedimento fin qui voluto e spinto dalle regioni del Nord. È lecito domandarsi: la preservazione degli interessi superiori dello Stato non dovrebbe consigliare d’inserire nel testo dell’autonomia una «clausola di supremazia» che consenta allo Stato di avocare a sé le competenze in casi eccezionali e d’emergenza?

Quella clausola, in fin dei conti, esiste persino nei Paesi che hanno adottato un modello federale. E non dovrebbe imporre (sì, imporre alla luce del semplice buon senso) la revisione dell’elenco delle materie «differibili», riconsiderando la possibilità che alcune regioni – per quanto virtuose – possano occuparsi in esclusiva di «grandi reti» o di energia?

Questo esecutivo e chi lo presiede sono stati fin qui molto attenti a rivendicare la coerenza con scelte e posizioni del passato. In qualche caso lo hanno fatto persino troppo: perché è del tutto comprensibile che l’onere del governo porti qualche volta a discostarsi dai comportamenti del tempo in cui si era all’opposizione. A maggior ragione, però, richiedere coerenza per le scelte del presente non è fuori luogo.

Per chi ci crede, in fondo, lo Stato è lo stesso e, per questo, si deve comportare allo stesso modo, sia che si tratti di Sud che di Nord.