Privacy Policy Cookie Policy

Serve più welfare contro culle vuote e spopolamento

30 gennaio 2024

Riportiamo di seguito l’editoriale del Presidente Gaetano Quagliariello pubblicato il 30 gennaio 2024 su La Gazzetta del Mezzogiorno.

Più welfare aziendale a Sud così come meno culle vuote e lotta allo spopolamento. 

CLICCA QUI per leggere l’articolo su La Gazzetta del Mezzogiorno.

Svimez calcola che negli ultimi venti anni un milione di persone ha lasciato il Meridione. Questo dato, già di per sé negativo, si fa addirittura drammatico se lo si combina con quello delle nascite. Il Mezzogiorno, infatti, tra gli anni Cinquanta e fino agli anni Settanta del Novecento è stato un grande serbatoio demografico per il Paese. Anche allora i giovani partivano in cerca di lavoro e opportunità, con la valigia di cartone piuttosto che con una laurea in tasca. La perdita, però, era almeno in parte compensata dal fatto che si facevano più figli. Oggi, invece, le difficoltà economiche del Meridione si intersecano con il suo declino demografico. Il gap strutturale tra Nord e Sud è rimasto pressoché invariato; il numero delle nascite – laddove il Mezzogiorno sopravanzava il resto del Paese – si è invece livellato. Questa realtà è molto pericolosa. Si calcola, infatti, che nel 2040, a causa del declino demografico, quasi il 40% delle funzioni lavorative – in particolare quelle di livello medio-alto – potrebbero restare scoperte. Il combinato disposto di migrazione intellettuale e calo delle nascite, dunque, porterebbe il Sud a pagare un costo esorbitante.

Perché si è prodotta questa inversione di tendenza? Perché anche nel Mezzogiorno i giovani oggi fanno meno figli? In una ricerca della Fondazione Magna Carta, condotta in partnership con alcune aziende impegnate nelle pratiche del welfare aziendale (Jointly, Engineering, WellMAKERS by BNP-Paribas e Prysmian Group), si trovano alcune prime e interessanti risposte. Alla domanda, formulata ai giovani meridionali con meno di 35 anni, sulle ragioni che li spingono a rimandare – o a escludere del tutto – la scelta di diventare genitori, la stragrande maggioranza ha risposto: “perché manca il lavoro”; in alternativa, “perché viviamo una condizione di incertezza economica e occupazionale”. Queste risposte non sorprendono alla luce dei bassi tassi di crescita e di occupazione. Esse però, per essere comprese nel loro autentico significato, vanno messe in correlazione con altri dati emersi dal sondaggio.

Va considerato, in primo luogo, che la maggioranza dei loro coetanei settentrionali hanno reagito differentemente: nelle loro risposte al primo posto c’è la mancanza di equilibrio fra tempo di vita e di lavoro. Si deve ancor più tenere in conto che il 47% del campione di persone intervistate al sud ha fatto comunque almeno un figlio e – a differenza dei giovani settentrionali – mostra una propensione ad accettare la sfida della genitorialità. Circa la metà del campione, alla domanda: “oggi come concepisce il concetto di famiglia”, ha risposto: “una coppia con figli”, dando l’impressione che al Sud regga ancora l’idea che un’unione tra due persone sia un momento di passaggio verso la genitorialità.

Poiché è conclamato che alla base dell’inverno demografico vi sono soprattutto ragioni di natura culturale, questa disponibilità è da ritenersi fondamentale. Essa non dev’essere sprecata. Anche nel Mezzogiorno si sta lentamente assottigliando la rete di protezione parentale che supplisce al deficit di servizi pubblici ed è per questo necessario che, pure in questa parte del Paese, le aziende – non meno della pubblica amministrazione -, si mettano in condizione di offrire ai lavoratori benefit e servizi che consentano di non trasformare un giovane genitore in un eroe dei tempi moderni.

Quest’esigenza emerge anch’essa dai risultati della ricerca. Tra le lavoratrici e i lavoratori con figli, ad esempio, inizia a crescere la richiesta di avere asili nido e campi estivi nel pacchetto di misure di welfare aziendale. Non è un dettaglio trascurabile ma il segno di un profondo cambiamento culturale: la riduzione dei nuclei familiari, spinge i giovani genitori, anche al sud, a non considerare più le aziende solo come il datore di lavoro; si aspettano di ricevere da esse una serie di servizi in grado di migliorare e semplificare la loro vita. Rafforzare il welfare aziendale nel sud sarebbe una grande innovazione: uno dei fattori che potrebbe consentire, al contempo, di ridurre la fuga al nord di braccia e cervelli e di incoraggiare la propensione a mettere al mondo nuove vite che alligna ancora nel cuore dei giovani meridionali. La ripresa, certo, non passa soltanto da questo ma una decisa inversione dello spopolamento in atto, sarebbe di grande aiuto.