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Il silenzio sugli scandali baresi dopo la bufera

8 maggio 2024

Riportiamo di seguito l’editoriale del Presidente Gaetano Quagliariello pubblicato l’8 maggio 2024 su La Gazzetta del Mezzogiorno.

Scandali baresi, il silenzio dopo la bufera

Circa un mese fa Bari assurse alle cronache nazionali per fatti destinati a segnare nel tempo la storia del costume politico del nostro Paese, indipendentemente da quali saranno gli esiti giudiziari a cui esse approderanno. Le vicende fin qui venute alla luce, infatti, sono sufficienti per scrivere pagine inedite almeno su tre aspetti tra essi correlati.

Il primo è il più rilevante: esse hanno messo a nudo la sofisticazione del meccanismo attraverso cui può passare il fenomeno dell’acquisto del voto e hanno chiarito quanto ciò possa profondamente perturbare l’essenza stessa della democrazia rappresentativa. Il secondo riguarda il civismo che, in astratto, è innanzitutto disponibilità all’impegno nella dimensione pubblica. “Il caso Bari”, invece, ha mostrato come, in concreto, esso possa essere utilizzato a fini privati, per implementare commistioni improprie tra la politica e gli affari. Infine, quei fatti, nel loro succedersi, hanno gettato un fascio di inedita luce sulla porosità dei partiti odierni. Gli antichi “Principi”, un tempo in grado di sottomettere lobbies e potentati, appaiono in affanno nei confronti di chi, con strategie di fiancheggiamento talvolta raffinate, ne insidia l’autonomia.

Tutto ciò a caldo non ha mancato di suscitare reazioni da parte dei protagonisti della politica barese. Oggi, lontano dai clamori, il giudizio su quelle reazioni inizia a sedimentarsi e si può affermare, con minor timore di cadere in strumentalità, che di fronte allo tsunami entrambi gli schieramenti siano partiti con il piede sbagliato. L’opposizione di centro-destra, all’indomani dei primi arresti, per aver inscenato quell’orribile visita al Ministro dell’Interno e chiesto l’invio della commissione d’accesso; il centro-sinistra, per aver reagito con una manifestazione di piazza al grido “giù le mani da Bari” andando, se è possibile, ancor più sopra le righe soprattutto se si considera che pochi giorni dopo, di fronte al più clamoroso degli arresti, il massimo protagonista di quella iniziativa dichiarò che, in fondo, se lo aspettava. Per come sono poi andate le cose, bisogna tuttavia dire che la scelta del Ministro è apparsa giustificata, ma resta il fatto che i provvedimenti amministrativi non debbano mai divenire materia di lotta tra le parti, per evitare una pericolosa commistione di ruoli, con conseguente imbarbarimento del confronto politico.
A fronte di tali esasperazioni, però, quel che colpisce ancor di più è che, forse per un contagio schizofrenico tra “duellanti”, dalla campagna elettorale in atto sono stati espulsi il dibattito, la riflessione, la proposta su fatti così recenti e così rilevanti. Come per incanto, tutto sembra essere tornato alla normalità. Un tempo, quando accadeva qualcosa che modificava il quadro di riferimento, i partiti si riunivano per mettere a punto “l’analisi corretta”. Si può non avere nostalgia per quei tempi. Si può persino constatare che la rigidità di quelle analisi le portava, spesso e volentieri, ad essere spazzate via dalla superiore fantasia della storia. Da qui a rassegnarsi al “situazionismo”, però, il passo appare eccessivo. È doveroso chiedere – e lecito aspettarsi -, quanto meno una riflessione pacata, qualche proposta, l’individuazione di strumenti che possano aiutare il non ripetersi di certe circostanze disonorevoli.

C’è ancora un mese di tempo. Ma se nessuno batterà un colpo, preferendo scaricare l’accaduto su poche, presunte mele bacate, Bari avrà perso un’altra occasione. Si andrà avanti con l’andazzo degli ultimi anni: da un canto logiche di egemonia interessate soprattutto a evitare l’esteriorità della compromissione; dall’altro l’impotenza di un’opposizione in trepida attesa solo del fallo avversario; a contorno proclami radicali costretti a convivere, però, con la necessità di garantire la difesa legale dei “cattivi”. Noi speriamo finisca diversamente e che la campagna in atto si adegui presto alla serietà di quanto è accaduto. Se però così non dovesse essere, dovremo rassegnarci ad adattare a Bari un vecchio epigramma di Ennio Flaiano: non può cambiare niente, perché in fondo ci conosciamo tutti.