Di seguito si riporta l’intervento del Presidente della Fondazione Magna Carta, Sen. Gaetano Quagliariello, tenuto giovedì 21 dicembre in occasione della commemorazione del Presidente Sen. Altero Matteoli presso il Senato della Repubblica.
Signor Presidente, colleghi senatori, sono qui oggi per un compito al quale mai avrei voluto adempiere e che mai avrei pensato di dover assolvere. Lo dico innanzitutto ai famigliari, ai collaboratori di Altero, al Gruppo di Forza Italia, ai quali vanno le mie personali condoglianze e quelle del Gruppo della Federazione della Libertà.
In circostanze come questa si rischia sempre un po’ di scivolare nella retorica, e so perfettamente di correre questo pericolo nel dire che se alcuni di noi hanno perso un amico fraterno, tutti abbiamo perso un collega stimato e benvoluto, le istituzioni della Repubblica hanno perso un servitore di valore e la politica ha perso un interprete appassionato e leale. Soprattutto, non credo che sia un esercizio di mera apologetica affermare che la figura di Altero ha incarnato la politica nel suo significato più nobile. La sua vicenda biografica ha attraversato le generazioni e le epoche; ha seguito le evoluzioni del quadro politico fin dai tempi del Movimento Sociale, senza mai smarrire il senso della militanza come cifra di un impegno; ha sdoganato molto più di altre biografie, che pure hanno avuto opportunità ancora maggiori, quei fattori di rettitudine, gentilhommerie, conciliante rigore che erano propri della sua cultura di origine e che sarebbe il momento che tutti nel Paese, anche coloro che ne sono fieri avversari ideologici, riconoscessero.
Altero è caduto da militante, su quella strada maledetta che aveva battuto mille volte e che, dopo un periodo di ingiuste amarezze, lunedì era felice di tornare a percorrere per lanciarsi in una nuova campagna elettorale. E da militante ha vissuto i tanti ruoli che la vita lo ha portato a ricoprire, dall’era del Movimento Sociale all’avvento del centrodestra di governo che lo ha visto indiscusso protagonista, fino a questa tormentata legislatura che ancora una volta lui ha attraversato con il suo tratto al tempo stesso identitario e mediatore.
Il punto è che Altero amava la politica; la viveva con istintuale passione ma ne conosceva le regole e le sapeva rispettare. Per questo godeva del rispetto di tutti, amici e avversari, al punto – è stato detto – di essere riconfermato Presidente di un’importante Commissione del Senato pur essendo un esponente dell’opposizione. Sempre per questo, nei momenti più difficili per la nostra parte politica, scendeva in campo con la sua attitudine alla composizione delle controversie senza cedimenti sul piano ideale, aiutato in ciòda una carica umana di rara intensità.
In questa legislatura lo si ricorda ad esempio impegnato con gli amici Paolo Romani e Maurizio Gasparri a cercare di evitare in ogni modo la dolorosa separazione in seno a quel Popolo della Libertà che considerava, a mio avviso a ragione, una delle più felici intuizioni politiche del nostro tempo. E più di recente, quando la diaspora sembrava irreversibile e il centrodestra avviato a una inesorabile deflagrazione, era lì a coltivare un sogno unitario, considerato allora un esercizio di non lucida follia;era una sorta di Tatarella in versione livornese, ancora più concreto e proiettato sul presente, che non ha avuto paura di passare per visionario e a quel sogno ha creduto quando in pochi lo consideravano realizzabile.
Ho avuto la fortuna di esserne testimone diretto, perché nelle iniziative pubbliche messe in campo per agevolare questo percorso Altero mi ha dato l’onore di essere al suo fianco, consentendo alla mia fondazione di collaborare con la sua, che era per lui motivo di grande orgoglio, stimolo di pensiero politico e fucina di calore umano, e che saprà andare avanti in suo nome.
Altero ci mancherà, tanto. Ci mancheranno la sua passione, la sua saggezza, la sua autorevolezza. Ci mancherà l’irrefrenabile ironia con cui sapeva condire anche i passaggi più duri e che, per lui che aveva un profondo rispetto degli avversari in politica, diventava prorompente quando si trattava di infierire sugli avversari nel campo del calcio. Lui juventino fino al midollo, io tifoso accanito del Napoli, eravamo soliti sfotterci a vicenda a ogni giornata di campionato. In occasione dell’ultimo rovescio inflitto dalla sua Juventus al mio Napoli, egli ha avuto invece pietà. Si è astenuto dallo sfottere, e il giorno dopo mi ha chiesto se avessi apprezzato il gesto. Ovviamente ho capito che era solo un modo diverso di sfottere; un modo lieve e affettuoso, come Altero sapeva essere in politica e nella vita e come lo ricorderemo per ogni giorno a venire.