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Articolo pubblicato sul quotidiano “La Verità”, Venerdì 8 novembre 2019

La storia del cattolicesimo politico italiano è storia complessa. Lo è stata sin dalle sue origini, perché lo Stato unitario è nato contro la Chiesa e ha portato con sé il non expedit. Lo è stata dopo il secondo conflitto mondiale, quando la guerra fredda portò il partito cattolico a tramutarsi in un mondo composito, nel quale anime molto diverse erano tenute insieme dalla pregiudiziale anticomunista. Complicata quella storia lo è tuttora e diventa addirittura inintellegibile se si pretende di interpretare la politica di oggi con le categorie del “mondo di ieri”. 

Questa premessa serve a orientarsi dinanzi all’ampio dibattito suscitato dall’intervista del cardinale Camillo Ruini (disponibile qui). E in particolare dinanzi al maldestro tentativo di alcuni commentatori di leggere il discorso pronunciato dal presidente Mattarella in ricordo di Benigno Zaccagnini (disponibile qui) come risposta alle parole dell’ex presidente della Cei sulla crescente irrilevanza del “cattolicesimo democratico”. 

L’equivoco di fondo di questo tentativo sta nel ritenere l’intera storia del cattolicesimo politico italiano racchiusa nella parabola del cattolicesimo democratico che, invece, del grande mare popolare prima e democristiano poi fu una corrente importante ma certamente non esclusiva. Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Aldo Moro – i tre personaggi eminenti citati dal presidente Mattarella – sono certamente tre democratici, ma non possono essere posti in continuità fra loro e tantomeno con Zaccagnini.

Basterà ricordare, a questo proposito, l’”operazione Sturzo” che mirava a creare uno schieramento antagonista alla sinistra e che non a caso porta  il nome del sacerdote siciliano che l’avrebbe dovuta guidare; basterà ricordare come l’egemonia catto-democratica nella Dc si determinò, dopo il 1953, proprio attraverso la liquidazione di De Gasperi; basterà ricordare come lo stesso Moro, che fra i tre fu senz’altro il più prossimo alle posizioni del cattolicesimo democratico, pur ritenendo in una certa fase l’alleanza con i comunisti una premessa necessaria per rafforzare le basi comuni del sistema, puntasse in prospettiva al suo superamento e alla collocazione su posizioni alternative rispetto al Pci e alla sinistra. 

Insomma: identificare in queste grandi figure tre diverse esperienze storiche accomunate dall’attenzione alla centralità dell’uomo, come probabilmente ha inteso fare Mattarella, è un conto. Tracciare, invece, una linea di continuità tra Sturzo, De Gasperi, Moro e Zaccagnini sotto il vessillo catto-dem, come vorrebbe qualche esegeta, è operazione ancor più ardita di quella compiuta nei vecchi cortei del ’68 animati in nome di Marx, Lenin, Stalin e Mao TseTung! 

La verità è che, indipendentemente dal fatto che si condividano o meno le loro posizioni, i cattolici democratici sono stati non rilevanti ma rilevantissimi nella storia d’Italia. E di certo il cardinale Ruini lo sa. Dopo la fine dell’esperienza degasperiana essi sono riusciti per lunghe fasi a egemonizzare il mondo Dc e a spendere per un’alleanza con la sinistra il peso di un voto popolare che era invece prevalentemente di destra. Ciò che tuttavia il cardinale coglie con altrettanta lucidità è che questa rilevanza è andata fortemente scemando: non tanto per la contingenza delle dinamiche politiche ed elettorali, quanto per un cambio di paradigma che con l’avvento del terzo millennio ha portato la questione sociale a cedere il passo alla grande sfida antropologica. 

E’ la sfida intorno all’uomo a reclamare oggi la presenza dei cristiani in politica. E se in questo campo il cattolicesimo democratico cede allo Zeitgeist, aderendo alle posizioni di quel grande partito radicale di massa che già preconizzò Pier Paolo Pasolini e che ha ormai fagocitato la sinistra, sarà sempre più evidente che esso non ha più niente da dire. Né questa progressiva irrilevanza può essere arginata sostituendo i temi sociali con l’emergenza ecologica: la difesa dell’ambiente è importante, ma essa non può essere scissa dalla centralità dell’uomo e del diritto naturale.

Il cardinale Ruini, d’altro canto, non ha mai negato la rilevanza storica dei “democratici”. Ha piuttosto fotografato l’avvento di un nuovo contesto nel quale chi ritiene che al centro delle opzioni politiche debba esserci la concezione dell’uomo, che la prima ecologia sia quella umana, che la difesa della libertà passi anche dal recupero di una identità culturale che appartiene a credenti e non credenti, non può essere tacciato di integralismo: si limita a contrapporre una visione laica a un’altra visione laica di segno opposto che è stata egemone nel ‘900 e oggi, semplicemente, non lo è più perché non ha compreso le linee di frattura del nuovo mondo. 

Se oggi, nel mutato contesto, questa corrente “antropologica” del cattolicesimo  riuscirà nell’obiettivo di dare a uno schieramento politico (il centrodestra) un imprinting culturale adeguato ad affrontare le grandi sfide del nuovo secolo, potrà incidere assai più in profondità di quanto non possa fare una corrente “democratica” sempre più incline ad assecondare lo spirito del tempo.

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Per ulteriore approfondimento sul tema dei cattolici in politica si rimanda agli interventi del convegno “LIBERI e FORTI. Cent’anni dopo. I cattolici, la politica e le sfide del terzo millennio” organizzato dalla Fondazione Magna Carta lo scorso 4 giugno.

 

Leggi qui l’intervento di Sandro Magister

Leggi qui l’intervento di Don Nicola Bux

Leggi qui l’intervento di Vera Capperucci

Leggi qui l’intervento di Eugenio Capozzi

Rivedi qui l’intervento di Giovanni Orsina

Rivedi qui l’intervento di Andrea Frangioni

Rivedi qui l’intervento di Luigi Compagna

Rivedi qui l’intervento di Gaetano Quagliariello

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