Com’è noto, il diffondersi del Coronavirus ha provocato uno stallo anche nelle aule parlamentari, con una conseguente sospensione della democrazia e del normale sistema di rappresentanza democratica. Il dibattito sulla necessità non solo di garantire, ma di potenziare gli strumenti della democrazia e del dibattito in tempi di emergenza e grave crisi economica è divenuto di giorno in giorno più ricco e autorevole. Per questo abbiamo ritenuto utile raccogliere e riportare le argomentazioni espresse in una nuova rubrica a puntate dal titolo “Le ISTITUZIONI sono anche PASSIONI”, che di giorno in giorno vi terrà aggiornati sulle riflessioni più stimolanti.
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Democrazia al bivio
SOS! Come salvare la democrazia al tempo del Coronavirus. Parla Quagliariello
“Finora quella sull’operatività del Parlamento sembrava più una disquisizione politologica che un problema reale, ora non è più così e sottovalutare la questione sarebbe un errore gravissimo”.
Senatore Gaetano Quagliariello, in effetti la chiusura delle Camere determina l’assenza totale del Parlamento dalla gestione di questa crisi, ma forse gli italiani non l’hanno percepita perché in questo momento hanno altri problemi a cui pensare.
“Ed è giusto così. Ciò non toglie che il problema sia di primaria importanza”.
Cosa è cambiato rispetto a qualche giorno fa?
“E’ stato varato dal governo un decreto per l’emergenza economica che non solo non è condiviso ma è improntato a una chiara impostazione politica che non è la nostra, perché non tiene nella giusta considerazione il funzionamento e le esigenze dell’economia reale. Se di fronte a un provvedimento equanime si poteva pensare di salvare la forma del parlamentarismo rinunciando momentaneamente a una quota di sostanza, ora questa opzione – che io in ogni caso avrei giudicato pericolosa – non è nemmeno immaginabile”.
Dunque?
“Dunque non è più rinviabile il tema di come debba comportarsi il Parlamento in questa delicatissima fase per non rendersi strumento di contagio ma al tempo stesso impedire il blocco della funzionalità istituzionale e democratica. Tengo peraltro a sottolineare che questa esigenza è stata manifestata nei giorni scorsi da diversi colleghi di tutti gli schieramenti”.
Siamo al punto di dover considerare la salute e la democrazia come due elementi contrapposti?
“No, semplicemente vi sono due esigenze da conciliare. Da un lato i rappresentanti del popolo devono dare l’esempio ed evitare comportamenti sconsiderati: non si tratta di dimostrare più o meno coraggio personale, ma di non dare l’impressione che il rigore imposto ai cittadini sia derogabile e ancor più di evitare di contribuire alla trasmissione del virus. Allo stesso tempo bisogna prendere atto di una lacuna della nostra Costituzione, che a differenza di altri ordinamenti non prevede una disciplina delle situazioni emergenziali, e dunque trovare il modo di garantire il funzionamento degli organi costituzionali. Soprattutto, lo ripeto, in un momento in cui con l’adozione delle misure economiche si compiono scelte che riguarderanno anche il dopo e ciò sta avvenendo in maniera non condivisa”.
Nell’ultima votazione siete entrati per gruppi, ora qualcuno ipotizza il voto a distanza…
“Non mi convince nessuna delle due soluzioni, perché entrambe impediscono il contraddittorio che è l’essenza della democrazia”.
E allora? Volete ammalarvi tutti e dare un pessimo esempio ai cittadini? Non dimentichi che ci sono suoi colleghi già risultati positivi al tampone…
“Io credo che una soluzione ci sia. Individuiamo dei luoghi molto ampi, che a Roma non mancano, li si sanifichi e li si attrezzi per ospitare in sicurezza i lavori della Camera e del Senato, e si ricominci a operare fattivamente. Magari trovando anche soluzioni adeguate perché i parlamentari in quarantena possano votare e dare il loro contributo”.
Vale davvero la pena fare tutto questo ambaradan per un decreto che tanto passerà?
“Guardi, non solo vale la pena ma a tutti i costi va garantita l’operatività delle Camere. Altrimenti quando in un prossimo futuro Casaleggio tornerà a dire che il Parlamento è inutile, se ne avremo fatto a meno nel momento più difficile della storia della Repubblica sarà difficile dargli torto. E sarà troppo tardi per rimediare”.
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L’emergenza e la democrazia
Garantire la democrazia e la piena operatività del Parlamento. I parlamentari: anche noi in prima linea
19 Marzo 2020
“In una situazione che per la maggior parte delle persone viventi è la più drammatica mai vista, non solo per la gravità in sé ma anche per le notevoli incertezze sulla durata e sugli sviluppi della stessa, è importante che le istituzioni, a partire da quella in cui ciascun componente rappresenta tutta la nazione, ci siano”. Andrea Pertici è un Professore di diritto costituzionale all’Università di Pisa. Con queste parole si è espresso sull’Huffington Post: senza mezzi termini infatti, chiede che il Parlamento torni a riunirsi e le Camere a legiferare. Com’è noto, il diffondersi del Coronavirus ha provocato uno stallo anche nelle aule parlamentari, con una conseguente sospensione della democrazia e del normale sistema di rappresentanza democratica. Il Parlamento è sostanzialmente bloccato per evitare che il Covid-19 possa ulteriormente attecchire, dopo che, soprattutto tra i banchi del Pd, si è registrato più di qualche soggetto positivo.
Pertici, che chiede a gran voce di preservare il vero ruolo del Parlamento, non è il solo a condurre questa battaglia. Insieme a lui, molteplici parlamentari riconducibili ai diversi schieramenti in campo, in primis il senatore Gaetano Quagliariello che, da giorni ormai e in più occasioni, continua ad interrogarsi su come garantire la funzionalità dell’assemblea parlamentare in un momento straordinario come quello attuale.
Secondo Quagliariello (IDeA-Cambiamo!), mettere in quarantena l’intero sistema democratico non è possibile né auspicabile; di qui la proposta di trovare ampi spazi a Roma come palazzetti dello sport, palestre o stadi che, dopo un’opportuna sanificazione, possano essere attrezzati per ospitare i lavori di Camera e Senato. Fare questo serve – è il pensiero di Quagliariello – proprio per evitare che in un futuro Casaleggio torni a ribadire l’inutilità del Parlamento perché se avremo fatto a meno della democrazia rappresentativa “nel momento più difficile della storia della Repubblica, sarà difficile dargli torto. E sarà troppo tardi per rimediare”. Su questa linea troviamo anche Paolo Romani (Cambiamo!) secondo il quale “sotto le bombe tedesche la Camera dei Comuni si riuniva regolarmente; come dice Quagliariello, troviamo ampi spazi a Roma per riunirci ma non ci possiamo sottrarre. Non si può delegare tutto al governo, sia la funzione esecutiva e ora anche quella legislativa”. Per Adolfo Urso di Fratelli d’Italia “il Parlamento non si può chiudere mai, per nessun motivo. Bisogna conciliare le esigenze del Parlamento con quelle della discussione del Cura Italia che per noi è insufficiente e non si può accettare a scatola chiusa. Si può svolgere il lavoro nelle commissioni competenti per materia e i parlamentari che sono a Roma, se possibile, possono sostituire i colleghi fuori”.
Dal partito di Giorgia Meloni quindi massima collaborazione nel far sì che le Camere possano operare.
Fa eco ad Urso Giovanni Donzelli, secondo il quale “il Parlamento deve funzionare, dobbiamo mettere in sicurezza l’intera Nazione, non il singolo parlamentare. Noi parlamentari, spostandoci da Roma nei nostri territori, rischiamo di essere vettori di diffusione del virus. Ora è il momento di tenere aperto il Parlamento al cento per cento, credo sia possibile farlo funzionare. Se dovrà restare chiuso, vanno vagliati i mezzi tecnologici o anche altre soluzioni. Sforziamo la nostra fantasia, finora non era mai capitata una situazione simile”.
Da Forza Italia, Andrea Cangini sostiene che bloccare il Parlamento porterebbe ad una “deriva pericolosa in un’epoca in cui la democrazia rappresentativa è sotto attacco, questo a causa della retorica dell’antipolitica e dell’anticasta. Chiudere il Parlamento è inconcepibile, limitarne le funzioni è grave in uno Stato di diritto. Non far lavorare i parlamentari significa certificarne l’irrilevanza sociale. Eppure si chiama Parlamento, non votificio. Il Parlamento ha senso non perché lì si vota, ma perché lì si parla. L’appello è semplice: fermiamo almeno un attimo la deriva in corso, poniamoci il problema degli effetti simbolici e politici che il congelamento dell’attività parlamentare comporterebbe. E di conseguenza, solennemente, teniamo aperto il Parlamento”.
Si domanda dal Pd Stefano Ceccanti: “che cosa accade in un’assemblea rappresentativa se si assiste a una selezione casuale? Se cioè per malattia, positività, quarantena, vengono esclusi singoli eletti a cui peraltro difficilmente potrebbe comunque essere proibito l’accesso con atti del Governo (Dpr, Dpcm) ledendo la separazione dei poteri e, di conseguenza, si alterano gli equilibri politici e territoriali? Se accade ad esempio che un’intera zona rossa è esclusa dal voto per il decreto economico o se, per caso, i gruppi di opposizione si ritrovano in maggioranza perché i gruppi che danno la fiducia al Governo sono più falcidiati dal virus? O immaginiamo che tutto si possa risolvere con la reiterazione dei decreti, invocando una nuova necessità e urgenza, peraltro nei limiti della sentenza 360 del 1996 della Corte? E’ una questione di separazione ed equilibrio dei poteri”. E sempre dal Pd Luigi Zanda afferma che “la democrazia non è un negozio, nessuno pensi di chiudere il Parlamento. Una democrazia, anche in presenza di eventi di gravità eccezionale, deve sapere che esiste un confine invalicabile. Perciò il Parlamento e così pure la stampa e i grandi servizi pubblici non debbono chiudere mai”.
Si spera dunque, come auspicato da più esponenti politici, che il sistema della democrazia rappresentativa possa tornare a funzionare, dopo aver adottato le misure di prevenzione e di contenimento del contagio da Coronavirus. Tutte le principali istituzioni sono sensibili a questo tema: paralizzare il Parlamento, in un momento così fragile, è impensabile. Si assumano i provvedimenti opportuni e si torni finalmente a garantire la piena operatività di Camera e Senato.
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Ormai è un coro: aprite il Parlamento!
di Angelica Stramazzi
Il Parlamento deve essere messo nelle condizioni di poter operare. E’ quanto chiedono da giorni ormai molti parlamentari provenienti da diversi schieramenti politici. Infatti, il diffondersi del Coronavirus anche tra deputati e senatori ha fatto sì che il normale funzionamento delle istituzioni democratiche sia di fatto bloccato. Uno scenario non ammissibile in una democrazia moderna come la nostra.
A chiedere di tornare in Aula a dibattere e non solo a votare è stato in primis il senatore Gaetano Quagliariello, seguito da altri colleghi tra cui Ceccanti, Zanda, Urso, Cangini ed altri.
Per Quagliariello (Idea-Cambiamo) “ciò di cui l’Italia ha bisogno non è un Parlamento passacarte e nemmeno che esso si trasformi in un tavolo di contrattazione allargato. Serve, anche sotto il profilo simbolico, l’istituzione che incarni unità nella diversità, libertà e democrazia. Nel momento in cui si determinano una oggettiva concentrazione di poteri, una compressione di libertà anche costituzionalmente garantite e uno stravolgimento della gerarchia delle fonti, è quanto mai necessario un contrappeso che solo la piena espressione di un protagonismo parlamentare può garantire. Nessuno può pretendere che si faccia come se ci fosse un approccio di unità nazionale su provvedimenti sui quali è lecito dissentire”.
Da Forza Italia Paolo Russo sostiene che “non si può abdicare, anzi. Nei momenti di difficoltà bisogna esserci con la presenza fisica, l’agorà del Parlamento deve essere intatta e deve restare il luogo della discussione franca, non della polemica. No al teatrino della politica. Se poi si certifica che il Parlamento non è il luogo adatto, il PalaEur ci consente di mantenere una distanza fisica di tre metri l’uno dall’altro.
Un Parlamento ridotto è un errore politico dal momento che i parlamentari sono eletti dai cittadini e ne rappresentano le istanze; quindi oggi più che mai devono esserci”.
Marco Perduca, dal suo blog sull’Huffington Post, ricorda che il Parlamento non serve solo a votare quel che decide il governo; la sua principale funzione è quella di dare spazio al dibattito e alla discussione politica. Sempre Perduca poi cita Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani che, su Il Sole 24Ore, hanno affermato che “proprio nei momenti di richiesta di massima protezione, in uno Stato autenticamente democratico il Parlamento dovrebbe onorare la funzione di rappresentanza della nazione, di legame tra popolo e potere.
E dovrebbe ricoprire quel ruolo storico di garante delle libertà dei cittadini, a massimo rischio di essere offuscate”.
Per Giovanni Orsina e Marco Gervasoni, il Parlamento deve essere riaperto. In questo momento, “le strutture democratiche vanno usate con grande responsabilità”, spiega Orsina.
“In una democrazia controllare e discutere non è un intralcio ma un elemento costitutivo; le istituzioni democratiche devono quindi mostrarsi all’altezza del confronto politico”.
“Il Parlamento – chiarisce Gervasoni – va riaperto con le dovute precauzioni e messo nelle condizioni di poter operare. Il voto online può andar bene ma solo per i parlamentari in quarantena. Occorre trovare degli accorgimenti ma bisogna operare”.
Si esprime sul punto anche Salvatore Santangelo. Per il giornalista ed esperto di storia del Novecento, “oltre ai problemi di natura costituzionale, il ripristino della piena operatività del Parlamento ha anche un’altra fondamentale valenza. E’ questo infatti il luogo deputato alla costruzione della dimensione politica di quell’unità nazionale di cui oggi abbiamo disperatamente bisogno. Solo qui possono essere correttamente definiti i ruoli e le responsabilità nella gestione dell’emergenza e le misure più efficaci per il rilancio della nostra economia”.
“Perché il Parlamento deve lavorare soltanto una volta alla settimana?”, si chiede Bruno Vespa.
Per il conduttore di Porta a Porta “il Parlamento è l’ospedale dell’Italia; l’Italia stava già malissimo prima del Coronavirus, adesso è in terapia intensiva e quindi i suoi medici non possono andare a visitarlo solo una volta alla settimana, perché i casi sono due: o il Parlamento non serve e questo sarebbe terribile o il Parlamento serve e non va a lavorare e questo è ancora più grave”.
Carlo Fusi, direttore de Il Dubbio scrive in proposito: “Deputati e senatori ‘rappresentano’ i cittadini perché sono stati eletti da loro. È appena il caso di ricordare che l’attuale capo del governo – pienamente legittimato e operante nel totale nel rispetto delle sue funzioni – non è stato eletto da nessuno. Palazzo Chigi sforna decreti a ripetizione perché è giusto e necessario. Al contrario, il Parlamento che dovrebbe discuterli, esaminarli e votarli è interdetto dall’emergenza sanitaria e balbetta modalità che faticano a sedimentarsi. Non ci sono precedenti di una situazione simile, è vero. Ma questo non può diventare un alibi per l’inanità. Chi suggerisce l’uso di tecnologie che soccorrano procedure e modalità scompaginate dal virus non lo fa per annichilire un insuperabile presidio democratico. Chi si àncora a vincoli costituzionali non lo fa per anchilosi mentale o per omaggio ad anacronistiche regole. E’ urgente individuare meccanismi validi e condivisi affinché la linfa della rappresentanza popolare possa trovare sbocchi ed esprimersi senza limitazioni di sorta. Il Parlamento deve funzionare, gli ‘eletti dal popolo sovrano’ non sono robot sostituibili. O manovrabili”.
Si decida in fretta cosa fare e si torni a dare la giusta rilevanza alle nostre istituzioni democratiche.
L’appello
Polito: “Liberate dalla quarantena la forza simbolica del Parlamento”
Oggi Antonio Polito sul Corriere della Sera pone nuovamente in rilievo la questione e ricorda come tutta la democrazia sia storia di assembramenti. Stando così le cose, essa – la democrazia – non può convivere con l’isolamento. “Mai come oggi – spiega Polito – agli occhi del popolo il Parlamento può sembrare inutile. Che senso ha discutere le decisioni del governo, visto che sono guidate dalla comunità scientifica, e dunque per definizione inconfutabili dai profani? Infatti la gran parte delle misure fin qui prese hanno assunto la forma del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm), che non richiede l’approvazione delle Camere né la sua conversione in legge. Ne avrà bisogno invece il decreto “Cura Italia”, contenente le misure economiche, visto che è un tradizionale decreto legge”.
E se non è possibile votare seduti gli uni di fianco agli altri – non si rispetterebbe infatti la distanza di sicurezza richiesta dai provvedimenti posti in essere dal governo – una soluzione va trovata a tutti i costi. “I mezzi fisici si possono trovare”, scrive Polito. “Il senatore Quagliariello ha proposto di reperire uno stabile a Roma, santificarlo e adibirlo a sede parlamentare, in modo da poter rispettare le distanze tra deputati e senatori, magari muniti di mascherina e guanti”. Tuttavia, “bisogna prima trovare i mezzi morali, la consapevolezza del ruolo e della funzione degli eletti del popolo, i quali dovrebbero per primi protestare contro la loro assenza dalla scena dell’emergenza nazionale. Il rischio vero di una prolungata inazione della democrazia parlamentare sarebbe infatti quello di mitridatizzare un Paese sempre più indifferente e insofferente verso questa forma di governo che, pur essendo pessima, resta la migliore finora conosciuta”.
Occorre quindi fare in fretta, trovare soluzioni agevoli e mettersi all’opera: “ci potremmo dire completamente guariti – è l’auspicio di Polito – solo quando la vitalità caotica della società aperta sarà tornata tra noi”.
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L’appello
Il grido diventa sempre più forte: aprite il Parlamento!
Il Parlamento sia messo nelle condizioni di poter operare e decidere. E’ quanto stanno chiedendo da giorni parlamentari, intellettuali e giornalisti. L’Occidentale sta riportando con cura questo dibattito, a partire dalla proposta fatta tempo fa dal senatore Gaetano Quagliariello di trovare ampi spazi a Roma, sanificarli e poi attrezzarli per i lavori di Camera e Senato.
Oggi, su Il Giornale, riprende tale suggerimento il professor Marco Gervasoni che, citando per l’appunto Quagliariello, invita a “chiudere tutto” e ad “aprire il Parlamento”. “Non si vede infatti – scrive Gervasoni – come mai medici e infermieri, militari e poliziotti, stiano al lavoro giorno e notte per garantire la nostra salute e sicurezza, mentre i parlamentari, eletti per rappresentare i cittadini, dovrebbero esimersi.
Da quello che non è un lavoro, come scioccamente ripetuto per anni, ma una missione: esattamente come quella dei sacerdoti che, nonostante la sospensione delle funzioni religiose, stanno in prima linea.
Perché – conclude – quando la Nazione è in pericolo, il primo a imbracciare le armi per difenderla deve proprio essere il parlamentare”.
Anche Stefano Folli ha espresso parole chiare sul punto. “Il fatto che le Camere siano semi-chiuse, comunque consegnate a un ruolo marginale, è un danno gravissimo di cui portano la responsabilità tutti coloro che lo hanno permesso”.
Scrive a tal proposito Andrea Amata su Il Tempo: “Abbiamo un governo che ha sostituito il Parlamento con il Decretamento, spegnendo le luci del sacrario democratico e puntando i riflettori su chi sta profanando il tempio della democrazia ostinandosi ad occupare la poltrona di primo ministro. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella interrompa lo scempio istituzionale della preponderanza caotica della normativa secondaria del governo su quella primaria delle Camere”.
Nicola Porro, nella sua Zuppa, cita il ruolo fondamentale del centrodestra unito e di tutte le opposizioni che, in una nota congiunta, chiedono la convocazione immediata e ad oltranza del Parlamento.
Lorenzo Castellani, professore presso l’Università Luiss di Roma, in una nota pubblicata sul suo profilo Facebook ricorda che “da settimane stiamo regolando i diritti costituzionali con Parlamento chiuso e normativa secondaria”.
Insomma, non è più il momento di rinviare. Si restituisca al Parlamento la dignità che merita e le Camere siano finalmente messe nella condizione di poter operare.
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L’appello
“Non possiamo sospendere la democrazia!”. Arriva l’appello di Pera
“Se è vero che siamo impegnati in una ‘guerra’, allora il Capo dello Stato, il Governo, il Parlamento devono essere i nostri avamposti. A loro sta la guida dell’esercito. E a loro sta dare quell’esempio di sacrificio, abnegazione, coraggio, determinazione, mobilitazione, che servono per vincere la guerra”.
E’ quanto si legge nell’appello sottoscritto da Marcello Pera, Paolo Becchi, Carlo Andrea Bollino, Eugenio Capozzi, Luigi Curini, Gaetano Cavalieri, Ginevra Cerrina Feroni, Marco Gervasoni, Corrado Ocone, Antonio Pilati, Francesco Perfetti, Giulio Terzi, Aurelio Tommasetti e Giorgio Zauli.
“Il popolo italiano – si apprende nella nota – responsabile e ammirevole, oggi è invece lasciato solo.
Il Parlamento si riunisce a intermittenza; il Governo si convoca di notte e, sempre di notte, spiega mediante social media; il Presidente del consiglio limita diritti costituzionali tramite decreti poco discussi e frettolosamente convertiti” e “il Capo dello Stato è costretto ad assistere sgomento privo di poteri effettivi ad intervenire”. Per questo, “avvertiamo il bisogno che il capo dello Stato, da tutti apprezzata e riconosciuta autorità morale oltre che costituzionale, si rivolga formalmente e solennemente alla nazione richiamando le istituzioni alle loro responsabilità e le forze politiche alla collaborazione; che il governo si confronti realmente col Parlamento e in primo luogo con le opposizioni; e che il Parlamento si riunisca ad oltranza per svolgere la sua funzione di controllo. Non può esserci una sospensione della democrazia”.
Nella giornata di oggi è tornato sul tema anche il senatore Gaetano Quagliariello, il primo a sollevare il problema del Parlamento paralizzato. In un’intervista a Il Dubbio, Quagliariello ha sottolineato che “il Parlamento è in una fase di stanca. Tecnicamente è aperto ma non si svolgono sedute dell’assemblea né sedute delle commissioni. Questo perchè le Camere, come del resto tutto il Paese, sono state prese alla sprovvista dalle disposizioni di sicurezza e non si sono trovate nelle condizioni di poter funzionare rispettando gli obblighi sanitari. Non si può chiedere alle persone di stare a un metro di distanza e poi mostrare un’aula con trecento senatori a pochi centimetri gli uni dagli altri”. Di qui la proposta, sempre proveniente dal senatore di Idea-Cambiamo, di trovare dei luoghi ampi a Roma – ad esempio dei palazzetti dello sport – che, dopo opportuna sanificazione, potrebbero essere attrezzati per lo svolgimento dei lavori di Camera e Senato. Tutto questo va fatto perché “il Parlamento non è un votificio, ma è un luogo di dibattito in cui si affrontano i grandi problemi di interesse nazionale.
Se facciamo passare l’idea per la quale il problema è il voto, daremo ragione alle teorie di un lucidissimo avversario della democrazia rappresentativa quale era Gianroberto Casaleggio”.
Andrea Cangini di Forza Italia ha dichiarato che “ancora non è chiaro se e come il Parlamento verrà messo nelle condizioni di lavorare. Quagliariello vuole spostarlo in locali consoni. Avanzo due ipotesi: il Palazzo dei Congressi dell’Eur; la nuova Fiera di Roma. Si può fare tutto, tranne ignorare il problema”.
Sulla questione della piena operatività del Parlamento sono intervenuti sempre oggi anche Francesco Clementi, Emilio Santoro e Nadia Urbinati. Ospiti di una trasmissione radiofonica di Rai Radio3, sia Santoro che Ubinati hanno ricordato la necessità imperativa di tutelare, tra i diritti fondamentali, quello alla salute, mentre Clementi ha ribadito che il Parlamento non è un votificio ma il luogo della discussione. “Dobbiamo proteggere la catena di comando” ha detto il costituzionalista, perché tutto si può fare tranne che “lasciare il Parlamento silente”.
Si dia dunque seguito a queste proposte affinché la democrazia cessi di essere sospesa e torni di nuovo ad essere operativa.