di Federico Niglia, Professore incaricato di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli di Roma.
La storia, proprio in quanto memoria e narrazione, smussa, deforma e ripensa gli avvenimenti del passato. L’11 settembre non si sottrae a questa logica ed è interessante ragionare su come sia cambiato, nel contesto attuale, il costrutto concettuale che si è costruito con e a seguito dell’attacco alle Torri gemelle.
Il grande e controverso paradigma con cui venne letto l’11 settembre fu quello dello scontro di civiltà. Tale interpretazione dello studioso Samuel Huntington è stata spesso strumentalizzata, sia dai sostenitori che dai detrattori, dimenticando come questa riflessione si collochi all’interno di una riflessione storico-filosofica più ampia che ha nello storico Arnold Toynbee il suo primo riferimento.
Rimanendo su un piano di politica concreta sembra che a distanza di quasi vent’anni l’idea di uno scontro di civiltà sia stata in parte superata. Anche a causa di profonde mutazioni intervenute sia nella natura dei soggetti coinvolti, sia nelle interazioni che li caratterizzano.
Ad essere cambiato è certamente il volto del terrorismo internazionale, con una crescente frammentazione delle strutture e con una crescente acefalia. All’interno di questo quadro si vede come l’idea di una leadership non univoca renda il fenomeno più sfuggente e difficile da interpretare, anche a causa dell’emergere di nuovi poli della radicalizzazione (con particolar riferimento al continente africano).
Ma ad essere diverso è anche il mondo americano. Un tempo impegnato in prima linea a combattere la sua battaglia (giusta o sbagliata che sia lo lasciamo al giudizio del lettore), oggi l’America appare più riluttante verso un impegno in grande stile. Molti attribuiscono questa ritrazione alla figura di Trump, anche se si può rilevare che, da questo punto di vista, Trump ha rielaborato un orientamento tipico della politica estera americana dettando una linea che potremmo definire per certi aspetti di neo-isolazionismo reattivo.
Questo giorno di celebrazione della tragedia dell’11 settembre rappresenta l’occasione per prendere atto che le condizioni in cui quell’attacco si è verificato sono profondamente mutate, ma anche per porsi la domanda su quale debba essere il ruolo degli Stati Uniti nel governo e nella gestione di un mondo sempre più frammentato, che si sottrae perfino ai tentativi – in voga fino a qualche decennio fa – di operare una lettura unificante delle sue dinamiche.
Questo ci porta naturalmente sul tema delle imminenti elezioni presidenziali…ma questa è un’altra storia…