Quarto appuntamento di “PNRR e riforme”, la rubrica dedicata alle riforme connesse al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. CLICCA QUI per leggere tutti gli articoli.
di Riccardo Pilat
Nell’epoca della disintermediazione e della rivoluzione digitale il ruolo dei territori è diventato sempre più centrale nell’agenda setting del Governo e della Politica italiana. Sviluppo, identità, servizi al cittadino, progresso e risparmio rappresentano l’anima della nostra economia e connaturano una visione del mondo in cui il benessere collettivo garantisce una fiducia costruttiva per lo sviluppo del Sistema Paese.
Su tale tema, fondamentale è il ruolo delle aree interne e della loro valorizzazione culturale e socio-economica: una grande sfida tutta italiana che ruota attorno al superamento del concetto di Nord o Sud peninsulare e che mette in luce questioni molto complesse come la desertificazione e il depauperamento dei piccoli comuni, identità cardine della nostra realtà sia come Stato sia come Nazione.
Su questo fronte, diversi sono stati i meccanismi di monitoraggio e di finanziamento attuati nel tentativo di rallentare e porre in controtendenza alcuni trend negativi e gap strutturali che interessano queste aree, in particolar modo in relazione al tema delle infrastrutture e dei collegamenti, della digitalizzazione dei servizi e dell’allacciamento energetico.
Su questo fronte si è costituita già da tempo la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), che rappresenta una politica nazionale innovativa di sviluppo e coesione territoriale che mira a contrastare la marginalizzazione ed i fenomeni di declino demografico propri delle aree interne del nostro Paese.
Con la legge di Bilancio 2020 il Governo ha incrementato di 310 milioni di euro il fondo di dotazione per la Strategia Nazionale per lo Sviluppo delle Aree Interne e, grazie all’attuazione dei fondi connessi al PNRR, ne saranno stanziati altri 1,125 miliardi. A questi si aggiunge le risorse del precedente ciclo del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) ancora non spese – circa 700 milioni – e quelle pianificate per il periodo 2021-2027, in merito al quale il Ministro ha desiderato assicurare un ulteriore finanziamento (pari a 700 milioni).
Un progetto di visione politica molto ambizioso, che ha sviluppato nuove modalità di governance locale multilivello volte a rispondere, attraverso l’adozione di un approccio integrato orientato alla promozione e allo sviluppo locale, ai bisogni di territori caratterizzati da importanti svantaggi di natura geografica e di competitività.
Su tale vicenda saranno le cabine di regia locali (ne sono previste 1.000) a svolgere un ruolo chiave nei monitoraggi sugli sviluppi delle politiche legate al Recovery Plan, in primis nel campo della digitalizzazione e della transizione verde, per attenuare l’eccessiva frammentazione regionalistica del nostro Paese che, pur rappresentando la viva espressione delle peculiarità e opportunità di ogni territorio, si traduce nella difficoltà di rispondere in maniera uniforme alle fragilità connesse al rischio sismico e idrogeologico in cui servizi limitati e disservizi sono realtà evidenti nella quotidianità.
Fondamentale sarà poi il dialogo con la struttura centrale (sia essa regionale o a livello nazionale) nella costruzione di un rapporto che superi le resistenze interne, nella logica di una promozione di progetti e obblighi territoriali che possano garantire trasparenza e tracciamento dell’investimento, soddisfacendo, al contempo, l’esigenza di natura socio-economica di creare nuove opportunità anche al di fuori del mero tessuto turistico.
Tra i temi di prioritario intervento vi è senz’altro quello della digitalizzazione e delle infrastrutture delle aree interne. Per quanto concerne il primo punto, una ricerca dell’Analysys Mason (uscita di recente anche sulla stampa nazionale) afferma che un investimento in tutta Europa di 46 miliardi di euro nella messa in opera di infrastrutture 5G per le zone rurali porterebbe a una crescita economica per circa 210 miliardi di euro. Per quanto concerne l’Italia, si stima che l’utilizzo della connettività 5G per l’accesso a Internet nelle abitazioni e nelle aziende in aree suburbane e rurali porterebbe a benefici per 6,9 miliardi di euro a fronte di investimenti per 3,6 miliardi.
L’accesso a Internet a banda ultralarga anche nelle aree rurali potrebbe inoltre contribuire al rallentamento del declino demografico che coinvolge tali aree, specie se accompagnato da un approccio “learning on-the-job” al fine di rendere i sistemi di istruzione e formazione più in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro, nonché di promuovere l’occupabilità dei giovani e l’acquisizione di nuove competenze.
Essenziale, inoltre, risulta fornire una risposta alle esigenze delle imprese e del tessuto produttivo locale al fine di favorire politiche attive che contrastino la desertificazione dei territori e che valorizzino il ruolo delle periferie come centri di eccellenza attraverso partenariati pubblici e privati per la costruzione di luoghi e percorsi capaci di dare pari dignità ed opportunità ad ogni suo abitante.
Ad esempio, costruire una serie di hub all’interno delle aree interne potrebbe facilitare l’incontro di centri di interesse comuni tra pubblica amministrazione, imprese e altre realtà territoriali per analizzare ed elaborare idee e progetti concreti per sfruttare al massimo le potenzialità di queste aree così salvaguardando e stimolando la rigenerazione imprenditoriale in loco.
Simili linee di intervento si pongono, tra l’altro, in perfetta linea di continuità con la strategia delle Green Communities (si tratta di una linea di investimento prevista nel PNRR, diretta a sostenere con 140 milioni di euro lo sviluppo sostenibile e resiliente dei territori rurali e di montagna che intendano sfruttare in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono), che individua un’azione territoriale che possa integrare prevenzione e mobilità sostenibile puntando all’autosufficienza dal punto vista energetico grazie alle energie rinnovabili.
Una filosofia di impatto, dunque, che riprende una visione di più ampio respiro e che promuove una prospettiva che potremmo definire Olivettiana di rivalutazione del capitale umano, in cui la creazione e la distribuzione della ricchezza agiscono attraverso la valorizzazione del territorio e della sua identità.
Fondamentale sarà il rapporto che si verrà a instaurare tra città metropolitane e aree interne in una strategia più ampia dedicata alla rigenerazione urbana equa e sostenibile e alle politiche dedicate alla sostituzione dell’edilizia intelligente.
Cruciale, in tal senso, è il tema della mobilità e dell’intermodalità. La costruzione di modelli e paradigmi sostenibili vertono, oggi, su due grandi filoni: da un lato quello dell’elettrico e dall’altro quello dell’idrogeno. Due rivoluzioni che nel corso degli anni determineranno una modifica sostanziale, nella costruzione delle città e del loro rapporto con il resto del territorio.
Su questo versante, fondamentali saranno le integrazioni e le misure adottate dai Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (il c.d. PUMS è un piano strategico che nasce per soddisfare i bisogni di mobilità degli individui al fine di migliorare la qualità della vita in città nel medio-lungo termine, con verifiche periodiche intermedie) per una tutela del benessere collettivo e per l’integrazione di modelli di mobilità di persone e merci che prendano in esame, da un lato, le nuove reti di approvvigionamento, e, dall’altro, i nuovi mezzi di trasporto, con l’obiettivo di migliorare non solo la qualità della vita nelle città e nei loro dintorni, ma anche la loro connettività in termini di velocità ed efficienza.
Necessario sarà, inoltre, un approccio integrato per quel che riguarda il tema del turismo digitale, promuovendo e sviluppando piattaforme big e open data per la raccolta di dati sulla mobilità turistica e l’upgrading tecnologico delle infrastrutture di trasporto mediante l’offerta di servizi digitali integrati lungo tutta l’esperienza di viaggio del turista, in modo da poter offrire soluzioni e opportunità che non vadano ad intaccare i risultati già ottenuti dalla comunità locali e che possano offrire informazioni utili alla comunità per prospettive di investimento e aumento dell’offerta turistica.
Tale metodologia garantirebbe alle aree interne e in particolare modo ai piccoli borghi di poter valutare nuove aperture e insediamenti commerciali, migliorando la vivibilità e di conseguenza il mantenimento dei servizi pubblici essenziali in tali zone.
Il PNRR potrà essere quindi il volano per avviare una discussione sulle strategie digitali per i servizi turistici che potrebbe allargarsi ai soggetti che già avevano partecipato al Laboratorio per il Turismo digitale (TD-LAB), istituito nel 2014 dal MiBACT, composto da rappresentanti ed esperti in materia di turismo e innovazione digitale.
Per concludere, il tema centrale per la salvaguardia delle aree interne rimane il fattore della messa in sicurezza sia sul versante sismico sia sul versante idrogeologico. In particolare, il PNRR evidenzia la messa in sicurezza non solo delle vie di collegamento, ma anche dei luoghi di culto, il restauro e la realizzazione di siti di ricovero delle opere d’arte coinvolte in eventi calamitosi (c.d. Recovery Art). Tale iniziativa, in sinergia con il Fondo dei Borghi, potrà garantire misure di sostegno concrete per la tutela dell’identità delle aree rurali, vere e proprie culle della nostra storia e peculiarità italica.
Su tutte queste tematiche un ruolo di primo piano lo giocherà la politica a tutti i livelli. Il Parlamento avrà il compito di monitorare i progetti e migliorare dove sarà possibile i contenuti e le azioni per favorire la maggior integrazione con il Sistema Paese; le Regioni avranno il compito di saper gestire e condividere con un dialogo armonioso sia con lo Stato che con i territori i progetti e le missioni contenute nel PNRR, attraverso una strategia comunicativa e interattiva capace di rimodellare il volto delle economie locali e favorirne l’evoluzione e la preparazione ai nuovi mercati, in particolare riguardo il settore delle infrastrutture, delle politiche del lavoro, della formazione e della transizione ecologica. I Comuni, infine, avranno il compito di interpretare al meglio il cambiamento e costruire paradigmi virtuosi che fungano da modelli di stile di vita per la popolazione: politiche attive che favoriscano la conoscenza e il valore di questa transizione culturale, sostenibile e digitale verso un benessere collettivo.