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Signor Presidente, prendo la parola all’inizio dei lavori di oggi per ricordare che ieri sera è venuto a mancare Nicola Matteucci, uno dei più grandi storici delle idee dell’Italia del secondo dopoguerra, insieme a Luigi Firpo e Norberto Bobbio, comunemente riconosciuto come uno dei padri della materia.

Oggi è quasi di moda è à la page dirsi liberali: sembra una divisa necessaria per poter far politica. Nicola Matteucci lo è stato tutta la vita; lo è stato quando dirsi liberali era meno scontato e più oneroso.

Il liberalismo di Matteucci ha attinto alla lezione anglosassone assai più che alla lezione continentale. Anche per questo è sempre stato nella sua vita un uomo di minoranza senza mai, però, essere un minoritario. Anche quando le ideologie in voga erano altre, ha ritenuto il suo liberalismo una grande corrente del nostro tempo e, senza complessi di inferiorità, l’ha rappresentata in contesti nei quali questa era minoranza, come, ad esempio, all’interno della casa editrice «Il Mulino» che ha contribuito a fondare e alla quale a lungo ha collaborato.

Matteucci è stato uno dei collaboratori de «Il Giornale» di Montanelli, come tale anche corrispondente di altri filoni del pensiero liberale europeo, e penso ad esempio agli anglofili francesi di Commentaire, che l’hanno avuto attento interlocutore. Nel corso della sua vita non ha mai ceduto alle convenzioni ed anche per questo, probabilmente, non ha abbandonato “Il Giornale” quando lo fece Montanelli. Dal 1994 si è sempre considerato, un uomo di centro-destra, pur non risparmiando critiche, soprattutto quando questo schieramento è stato maggioranza nel Paese. Non ha mai però voluto legittimare l’antiberlusconismo, anche se, signor Presidente – e posso esserne testimone – gli è stato chiesto più volte a gran voce. Forse anche per questa evenienza se ne è andato in silenzio, e solamente molte ore dopo il suo decesso un’agenzia ANSA è intervenuta ad interromperlo.

Il professor Matteucci è stato un grande studioso: rimarranno i suoi studi sulle rivoluzioni francese ed americana, su Tocqueville, ma soprattutto rimarrà l’amore della libertà e per la libertà che dai suoi studi promana.

Credo che quest’Aula gli debba oggi quel riconoscimento pubblico che forse egli non ha avuto, così come meritava, durante la sua esistenza. (Generali applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Quagliariello. La Presidenza si associa a queste sue note di ricordo del professor Matteucci.