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Dialogo con il Presidente Pera

 

Certamente l’embrione non è una “muffa”, come ha detto Marcello Pera. Senz’altro è “vita umana”, ma anche questa mi sembra una equiparazione insufficiente perché l’embrione non è paragonabile a cellule umane qualsiasi (come quelle del sangue, delle ossa, ecc.). Sono infatti cellule umane molto particolari, quelle che scaturiscono dall’unione dei gameti maschile e femminile, cellule capaci di fondere i propri patrimoni genetici, di moltiplicarsi e svilupparsi divenendo (se la natura stessa non li scarterà, come avviene nella grande maggioranza dei casi) prima embrione, poi feto, fino alla nascita.

Quando comincia la vita ? Quando l’embrione e quando la persona ? Come ha chiarito molto bene Edoardo Boncinelli sul Corriere della sera, non c’è l’ora “x”, non è un processo istantaneo. La natura e la scienza non possono fornire risposte a queste domande. Si tratta di compiere una scelta che ha inevitabilmente una componente di convenzionalità, una scelta alla quale siamo chiamati tutti noi e della quale dobbiamo assumerci la responsabilità.

Qualificare “l’embrione come persona fin dal concepimento” – come ha sostenuto Pera “anche dal punto di vista laico” – significa compiere un passo che ha delle implicazioni molto rilevanti. Non discuto, ovviamente, la legittimità di questa opinione, vorrei solo chiedere al mio caro amico Marcello Pera di approfondirla e di valutarne meglio le conseguenze.

Innanzitutto occorre considerare che solo una percentuale molto bassa di ovocellule fecondate – come ho già evidenziato – è destinata in natura a svilupparsi dando poi vita ad un bambino. Quindi, per lo zigote e l’embrione sono d’accordo con chi afferma che si può parlare solo di persona in potenza. Attribuire loro la natura di persona, così come al bambino e all’adulto, significa non consentire di valutare le differenze, cosa che un laico dovrebbe invece sempre fare.

La questione assume un rilievo ancora maggiore se si considera l’impatto e le conseguenze che l’affermazione di Pera (“l’embrione è persona sin dal concepimento”) ha sull’opinione pubblica, soprattutto se essa viene diffusa e diviene – come è quasi inevitabile – la sintesi del suo pensiero.

Nella lettera a Joseph Ratzinger (nel volume Senza radici, Mondadori, pp. 88 e ss.) Pera spiega che la sua scelta di accordare all’embrione la natura di persona riguarda solo il piano filosofico e morale e non anche quello giuridico e penale, cioè che essa “non implica di per sé adottare un solo atteggiamento, ad esempio quello del divieto di abortire o di fecondare artificialmente o di intervenire su embrioni”. “Per i laici – dice Pera – i valori sono fini-strumenti per altri fini e comunque non esiste un unico fine-in-sé che possa ordinare tutti gli altri. Perciò, per i laici, i fini-strumenti sono sempre sottoposti a una valutazione di peso gerarchico” (che Pera definisce “negoziazione etica”), “compresa la vita e la persona, la quale, sempre per i laici, è anch’essa un fine-strumento per realizzare altri fini e vale (ha valore) proprio in quanto serve per questi altri fini”. Quindi “ad esempio, nei casi della fecondazione artificiale o dell’aborto, il laico può decidere che la persona dell’embrione e la persona del feto possano essere sacrificati a favore della persona della madre o della persona della gestante”.

Ovviamente questa profonda e complessa argomentazione non era e non poteva essere contenuta nell’intervista concessa da Pera al Tg2, dalla quale, in sostanza, emergeva con grande forza solo il messaggio “l’embrione è persona sin dal concepimento”. Inevitabilmente, chi ascolta questa affermazione – in particolare chi è cattolico, ma non solo – è portato ad attribuirgli anche un risvolto giuridico e penale, se il suo significato non viene subito precisato. Se si sopprime l’embrione e l’embrione è una persona, nel linguaggio corrente vuol dire che si sopprime una persona, e sopprimere una persona vuol dire compiere un omicidio. In particolare, vuol dire che l’aborto è sempre un reato, senza eccezioni.

Se poi si precisa che è persona “sin dal concepimento” e, come Pera sostiene nella lettera a Ratzinger, non si deve far differenza ad accordare la natura di persona all’embrione o al “pre-embrione” (zigote, morula, blastula o altro stadio di formazione dell’embrione stesso), addirittura qualcuno potrebbe legittimamente ritenere che ciò abbia implicazioni anche per l’uso di quei contraccettivi come la spirale che non sono veri contraccettivi ma sostanzialmente degli abortivi, perché non impediscono la fecondazione dell’ovocellula ma intervengono dopo che essa è avvenuta, impedendo che l’embrione o il “pre-embrione” si annidi sulla parete dell’utero, causandone invece l’espulsione.

Insomma, l’affermazione che l’embrione è persona fin dal concepimento, persona come un bimbo e come un adulto, veicola nell’opinione pubblica un messaggio, a mio avviso, tanto distorto quanto quello di chi dice che l’embrione è qualcosa di insignificante. Condivido, da laico, l’esigenza di far comprendere che non si tratta affatto di qualcosa di insignificante e che in questo senso debbano essere responsabilizzati gli scienziati, i legislatori, gli operatori medici, i pazienti e tutti i cittadini, in particolare quando è in gioco la possibilità della scienza di manipolare, addirittura, la stessa esistenza umana. In questa campo la scienza applicata non può non avere dei limiti e bisogna combattere chi lo nega. Ma, mi chiedo, da laici, non possiamo individuare un modo di qualificare l’embrione tale da attribuirgli il valore che merita, senza creare, però, rischi di incomprensione e, in particolare, di confusione tra il piano filosofico-morale e quello giuridico ? Per esempio, se essere persona vuol dire “avere dignità”, “essere meritevole di rispetto” non potrebbero essere utilizzate proprio queste espressioni di valore ? Da laici attenti sempre a graduare le parole, non dovremmo graduarle anche per definire l’embrione ?

Affronto un altro punto di grandissima rilevanza. Ho detto che quando è in gioco la possibilità di manipolare la stessa esistenza umana, la scienza applicata deve avere dei limiti. Bisogna però verificare se i limiti posti sono i più giusti e opportuni. Faccio un solo esempio, quello degli embrioni congelati da tempo, embrioni che, nella quasi totalità dei casi, non sono più in grado di essere impiantati nel tessuto dell’utero (ammesso poi che possano essere “adottati”). Si tratta, ormai, di “cellule-cadaveri” – come ha spiegato il prof. Cossu nella trasmissione Otto e mezzo – del tutto equivalenti ai corpi-cadavere donatori di organi. Che farne ? Lasciarli dove sono, destinati alla dissipazione e alla spazzatura oppure utilizzarli per la ricerca volta a curare malattie gravissime ? Certo, non c’è alcuna certezza al riguardo, ci sono però delle speranze che hanno un fondamento. Non è questo un caso di “negoziazione etica” – forse quello relativamente più semplice – in cui si può decidere di sacrificare degli embrioni che sarebbero comunque soppressi?

La risposta a questa domanda è fondamentale. Infatti, se si difendono i limiti più irragionevoli previsti dalla legge esistente come se fossero quelli più giusti e opportuni, si va incontro ad un rischio gravissimo, quello della perdita di credibilità. La caduta di questi limiti – nella legge, ma anche e soprattutto nelle coscienze delle persone – impedirebbe allora l’affermazione della consapevolezza che dei limiti sono necessari e devono essere posti. Se, per esempio, i referendum non ottenessero il quorum ma i voti favorevoli risultassero la stragrande maggioranza, pari o addirittura superiori in numero assoluto ai voti necessari per vincere le elezioni politiche, le norme rimarrebbero in vigore ma sarebbero delegittimate. E rischierebbero di essere delegittimati non soli i limiti irragionevoli ma anche quelli più giusti e opportuni.

Mi auguro di aver dato un piccolo contributo ad un dibattito che ritengo di grandissima rilevanza. Sono in gioco valori essenziali ed è auspicabile che i referendum rappresentino un’occasione per una discussione vera, anche appassionata ma leale, supportata da un’informazione ampia e corretta, un’occasione, insomma, per la crescita della coscienza civile del paese.