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Giovedì 18 gennaio, alle ore 11.00, nella sala stampa del Senato, al piano terreno (ingresso Corso Rinascimento), su iniziativa della Fondazione Magna Carta, del Movimento per la Vita e delle associazioni Progetto Osservatorio e Valori e Libertà, si terrà una conferenza stampa in tema di accanimento terapeutico, di testamento biologico, di eutanasia e di dichiarazioni anticipate di volontà, al fine di far crescere l’attenzione e la concreta assistenza verso il paziente affetto da patologie gravi invece che verso la sua eliminazione fisica.

Saranno presenti i senatori Laura Bianconi, Alfredo Mantovano, Luca Marconi, Sandra Monacelli, Massimo Polledri, Gaetano Quagliariello, i deputati Isabella Bertolini, Patrizia Paoletti Tangheroni e Riccardo Pedrizzi, e infine il deputato europeo Carlo Casini. Ma soprattutto parlerà il prof. Mario Melazzini, del quale segue una scheda di presentazione.

Profilo del prof. Mario Melazzini

Il prof. Mario Melazzini è da quasi quattro anni malato di sclerosi laterale amiotrofica, malattia che porta alla paralisi progressiva della muscolatura volontaria fino all’arresto respiratorio (la stessa della quale era affetto Piergiorgio Welby). Riesce a muovere solamente due dita della mano destra, è alimentato artificialmente per via entrale tramite PEG durante la notte, è supportato dalla ventilazione non invasiva notturna e parzialmente durante la giornata, ed è quindi totalmente dipendente dagli altri. E’ primario del day-hospital oncologico IRCCS S. Maugeri di Pavia ed è Presidente nazionale dell’AISLA (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica).

Ha recentemente dichiarato: “Sono fortunato, in quanto pur una malattia così devastante, lascia totalmente integre le funzioni cognitive: e questo è il valore aggiunto, basta usarlo nel modo giusto”. Per lui questa condizione di malato lo ha aiutato a comprendere meglio le necessità dei pazienti: “Essere passato dall’altra parte mi permette di lavorare ancor meglio, con una maggiore attenzione verso i bisogni dei miei pazienti. Ma anche a battermi per la tutela della vita in ogni sua fase: dall’inizio alla fine”. In merito al caso di Welby che ha chiesto di staccare la spina, il dottor Melazzini ha commentato: “Pur avendo il massimo rispetto delle considerazioni espresse a più riprese dal signor Welby, frutto di evidente sofferenza e di giustificato senso dell’abbandono della vita causato dalla patologia da cui egli è colpito, mi amareggia vedere che si investe moltissimo, in denaro, impegno politico, comunicazione mass-mediatica, per iniziative che vanno in una direzione monotematica incentrata unicamente sul diritto a morire senza quasi mai prendere invece in considerazione le ragioni di chi, pur in condizioni clinico-fisiche, a volte anche peggiori di quelle in cui attualmente si trova Welby, sceglie comunque di continuare a vivere”. “Posso testimoniare – ha sottolineato il dottor Melazzini – che moltissimi malati che si trovano in condizioni peggiori delle mie, ventilati meccanicamente 24 su 24, alimentati artificialmente per via entrale, con paralisi completa, con unico movimento residuo a carico dei globi oculari, non chiedono che di poter continuare a vivere, e di poterlo fare con dignità”. Per questo “dovrebbero essere ascoltati con un’attenzione pari a quella riservata al ‘caso Welby’”.

A questo proposito il dottor Melazzini ha inoltre denunciato la evidente contraddizione a cui ha assistito lo scorso 18 settembre a Roma, in piazza Bocca della Verità: “Mentre Piergiorgio Welby riceveva poco tempo dopo dalla più alta autorità dello Stato pubblica risposta alla sua richiesta di sospensione delle cure, rimaneva invece inevasa la silenziosa protesta di un gruppo di malati di sclerosi laterale amiotrofica provenienti da tutta Italia”. “Questi malati chiedevano più assistenza, più tutela della dignità dei pazienti, anche più ricerca vera – ha sottolineato il Primario dell’oncologico di Pavia –. Tra di loro, c’erano molte persone in carrozzina, molte ventilate artificialmente, alcune tracheotomizzate; tutte in uno stadio avanzato della malattia ma con la stessa aspirazione: vivere, non morire”.

“Anzi quasi contemporaneamente un mio compagno di malattia, in condizioni di malattia avanzatissima, inviava una missiva al capo dello Stato in cui chiedeva un supporto per poter continuare a vivere. Nessuna risposta”, ha continuato. Il Presidente dell’AISLA è convinto che “a livello politico e mediatico, chi vuole morire fa notizia, mentre non fa notizia chi – magari trovandosi in identiche o anche peggiori condizioni – viene volutamente trascurato”. “Ciò che manca – ha denunciato – è una reale presa in carico del malato, la corretta informazione sulla malattia e sulle sue problematiche, la comunicazione personalizzata con la condivisione familiare per poter ‘spianare’ il percorso della consapevolezza per poter facilitare ed applicare concretamente le decisioni condivise durante la progressione della malattia”. “Non si può chiedere a nessuno di uccidere, di ucciderci. Una civiltà non si può costruire su un simile falso presupposto. Perché l’amore vero non uccide e non chiede di morire”, ha sottolineato.

Secondo il dott. Melazzini “è necessario aprire una concreta discussione su che cosa si stia facendo per evitare l’emarginazione delle persone con gravi patologie invalidanti e su quanto realmente, al momento attuale, si sta investendo nel percorso medico, di continuità assistenziale domiciliare e di cultura della salute e delle problematiche legate alle patologie disabilitanti e alla disabilità in senso lato, chiedendosi con molta sincerità se proprio dalla mancanza sempre più evidente di assistenza domiciliare qualificata, supporto adeguato alla famiglia, reti di servizi sociali e sanitari organizzati, solidarietà, coinvolgimento e sensibilità da parte dell’opinione pubblica scaturiscano quelle condizioni di sofferenza e di abbandono a causa delle quali alcuni malati chiedono di porre fine alla propria vita”.