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Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00022

Pubblicato il 29 luglio 2006
Seduta n. 29

QUAGLIARIELLO, SACCONI, AMATO, ASCIUTTI, BIANCONI, GHIGO, MAURO, MANTOVANO, POSSA

Il Senato,

premesso che:
lo scorso 16 luglio 2006 nell’omelia pronunziata in occasione della Festa del Redentore, il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, ha sollevato la questione del superamento del «mito della scuola unica» e pubblica, richiamando il tema della libertà di educazione in una prospettiva nuova in grado di andare oltre il vecchio schema Stato-Chiesa, che punti ad adeguare la scuola ai bisogni della società di oggi, e che, attraverso dei rigidi sistemi di accreditamento, utilizzi il meccanismo virtuoso della concorrenza tra pubblico e privato per ottenere diversi vantaggi, tra cui «una maggiore creatività pedagogica; maggiore libertà quanto ai programmi, ai contenuti, ai metodi di insegnamento; una sana e controllata emulazione; capacità di non escludere l’elemento del rigore nel perseguire l’eccellenza; maggior duttilità nell’assorbire i fenomeni di trasformazione sociale generati dall’ingresso di diverse tradizioni culturali, miglior nesso col mondo del lavoro»;

il Cardinale ha così rilanciato un dibattito che, a livello europeo e italiano, si prolunga da oltre un ventennio, anche nelle sedi istituzionali;

il 14 marzo 1984 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla libertà di istruzione che, tra gli altri, sostiene i seguenti principi: «…la libertà di insegnamento e di istruzione deve essere garantita; la libertà di insegnamento e di istruzione comporta il diritto di aprire una scuola e di svolgervi attività didattica; tale libertà comprende inoltre il diritto dei genitori di scegliere per i propri figli, tra diverse scuole equiparabili, una scuola in cui questi ricevano l’istruzione desiderata; parimenti ogni fanciullo deve poter frequentare una scuola che, sul piano formativo e didattico, non privilegi alcuna religione o concezione filosofica; non può essere compito dello Stato raccomandare o privilegiare scuole confessionali in generale, oppure scuole ispirate ad una determinata confessione, né può lo Stato fare raccomandazioni o dare preferenze del genere a favore dell’istruzione non confessionale; in virtù del diritto che è stato loro riconosciuto, spetta ai genitori decidere in merito alla scelta della scuola per i loro figli fino a quando questi ultimi non abbiano la capacità di fare autonomamente tale scelta. Compito dello Stato è di consentire la presenza degli istituti di insegnamento pubblico o privato all’uopo necessari; il rispetto della libertà di coscienza si impone sia agli istituti pubblici che fanno direttamente capo all’autorità dello Stato che agli istituti parificati o convenzionati.”;

nel marzo del 2000, a Lisbona, il Consiglio europeo ha adottato un nuovo obiettivo strategico: “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.” La strategia globale concertata a Lisbona per il raggiungimento di questo obiettivo entro il 2010, concerne circa dieci aree diverse che includono le politiche sociali e i settori che più direttamente rilevano per la costruzione di una economia basata sulla conoscenza e per la modernizzazione del modello sociale europeo;

nelle Conclusioni del vertice di Lisbona, i Capi di Stato e di Governo hanno riconosciuto il ruolo fondamentale di istruzione e formazione per la crescita e lo sviluppo economico. In quest’ottica, hanno invitato il Consiglio “Istruzione” ad avviare una riflessione generale sugli obiettivi concreti futuri dei sistemi d’istruzione, che tenesse conto delle preoccupazioni e priorità comuni;

il Rapporto sugli obiettivi futuri e concreti dei sistemi di istruzione e di formazione è stato presentato al Consiglio europeo di Stoccolma nel marzo 2001, ed esso definisce tre obiettivi strategici: 1) aumentare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione nell’Unione europea; 2) facilitare l’accesso ai sistemi di istruzione e di formazione; 3) aprire i sistemi di istruzione e formazione al mondo esterno;

l’esigenza di un ripensamento globale del sistema educativo nazionale è testimoniata, oltre che dal vivace dibattito che da ormai diversi anni accompagna l’argomento, soprattutto da due iniziative di riforma che il Parlamento, nella XIII e XIV legislatura, ha delegato al Governo. Le diverse maggioranze parlamentari che si sono costituite nelle legislature menzionate rappresentano la prova tangibile di una sostanziale condivisione sulla necessità di riformare la scuola italiana;

il modello di scuola di Stato o unica – che ha avuto un ruolo storico fondamentale durante il processo di unificazione nazionale per diffondere un patrimonio culturale comune che agevolasse l’identificazione di una nozione condivisa di cittadinanza – ha evidenziato i suoi limiti nella società italiana contemporanea, così come testimoniato dagli ultimi provvedimenti di riforma;

l’attuale assetto del sistema scolastico, caratterizzato dalla presenza quasi monopolistica della scuola di Stato, viene definito dagli indicatori di performance a livello internazionale (da ultimo, il programma OCSE PISA citato da “Il Sole 24 Ore” del 24 luglio 2006) come costoso e inefficiente, e appare inadeguato al conseguimento di livelli formativi di eccellenza;

il livello di efficienza di un sistema scolastico è strettamente connesso al grado di sviluppo che una società sperimenta e, in tal senso in Italia, nonostante i progressi degli ultimi anni, si deve rilevare un insoddisfacente livello d’impiego del capitale umano nell’ambito della scolarizzazione, della mobilità sociale e dell’occupazione;

non sono solo le esigenze di miglioramento della competitività di un sistema economico alla base del “diffuso” bisogno di un nuovo e più libero sistema educativo, ma anche e soprattutto i mutamenti della società nazionale, caratterizzata da un crescente numero di uomini e donne provenienti da tradizioni culturali e sociali diverse, che comportano la necessità di garantire un tangibile “senso di libertà”. Infatti, una gestione monopolistica del sistema educativo, anche quando delinea i parametri di parificazione, non consente di assumere le novità e le contraddizioni che si manifestano nelle scuole e nelle università italiane;

nei Paesi in cui è stato introdotto, il buono-scuola ha favorito lo sviluppo della concorrenza tra tutte le scuole creando un mercato dell’istruzione privata che favorisce la qualità complessiva del sistema formativo, e non è considerato alla stregua di un contributo alle famiglie che utilizzano le scuole private. Favorisce, invece, gli effetti della concorrenza mettendo tutte le famiglie, indipendentemente dalle condizioni sociali, in condizioni di parità;

un sistema scolastico a gestione quasi monopolistica come quello italiano rappresenta una forte limitazione al principio di eguaglianza, poiché impedisce alle famiglie meno abbienti di sfuggire al destino segnato di una scuola disastrata.

l’introduzione di elementi di concorrenza nel sistema educativo incontra le resistenze delle corporazioni interessate, a partire da quelle degli insegnanti, che considerano tale ipotesi una minaccia al principio, intangibile, di istruzione pubblica che, invece, non dovrebbe essere inteso come sinonimo né di monopolista né di statalista;

alcune regioni italiane, come la Lombardia e il Piemonte, hanno sperimentato con successo, nel rispetto della loro autonomia, lo strumento del buono-scuola nell’ottica di affidare alle famiglie la responsabilità del percorso formativo per i propri figli,

impegna il Governo:

a garantire, attraverso l’introduzione di dinamiche concorrenziali, il superamento di un sistema scolastico monopolista;

a mettere al centro della scelta del percorso educativo il concetto di “libertà di scelta” delle famiglie garantite da una pluralità di istituzioni scolastiche, confessionali o laiche, organizzate secondo diversi criteri pedagogici e caratterizzate da maggiore libertà quanto ai programmi, ai contenuti, ai metodi di insegnamento;

a sostenere, attraverso un rigoroso accreditamento e nel rispetto del dettato costituzionale, una scuola aperta a tutti, gratuita e di qualità, garantendo il superamento dell’attuale forma di gestione statale delle istituzioni scolastiche – da delegare alla società civile – a favore di un modello impostato sul controllo statale, al solo fine di tutelare i principi sanciti dalla Costituzione.