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Per quanto mi riguarda ci troviamo in questa scuola per il primo anno e son ben contento di essere qui. Credo che se avete deciso di dedicare alcuni giorni della vostra vita ad una scuola di formazione significa che siete persone di buona volontà, che siete giovani volenterosi, che volete essere utili alla società e non solo a voi stessi e questo è gia far politica.  Anche per questa ragione ho molto rispetto di voi e del Presidente di questa Fondazione, il Senatore Gaetano Quagliariello. Sono veramente contento di essere qui oggi perchè sono certo che questa scuola diventerà un punto forte della politica del centro destra, una nuova speranza, che da poco ha iniziato ad esser sviluppata.

Una speranza di sfatare l’idea che la cultura è a sinistra. Provate a chiedere alle persone, queste vi risponderanno che la cultura è a sinistra. Magna Carta sta dando un esempio di questa speranza e spero che possa dar vita ad altrettante iniziative che vanno in questo verso. Noi oggi possiamo affermare due cose, la prima è che la scuola che farete è una idea tipo, la seconda è che per esser stata promossa da Magna Carta risponde con naturalezza ad una esigenza presente tra di voi, quella di dar vita ad una forma di aggregazione che possa far riferimento alla Casa della Libertà più che ad un partito specifico. Qui si parla di tutto per giudicare e farsi una idea. Perchè una iniziativa di centro destra si sostanzia in una scuola di formazione, chi ha osato far questo? La risposta è nella storia di questo paese.

Per definizione chi è di sinistra è una persona colta, chi è di destra è incolta; poi può dimostrare il contrario. Allora noi rispondiamo che la miglior cultura italiana del 900 è di destra. Ci sono dei nomi di filosofi come Gentile e Croce, storici come Volpe, Chabod e De Felice, scrittori come Gadda, Pirandello, Tomasi de Lampedusa, giornalisti come Missiroli, Longanesi, Montanelli. Resta da spiegare perchè è difficile dimostrare tutto questo. A causa del rapporto tra cultura e politica. La sinistra ha insegnato che la cultura deve essere servile alla politica, come dimostra il modello dell’intellettuale organico. Nell’era delle ideologie l’esperienza culturale si esauriva tutta nella sfera della appartenenza, a chi si sottraeva da questo schema non restava che un ambito individuale. É più facile comprendere perchè le sole scuole concepibili si sviluppavano a sinistra, perchè in quelle scuole si era inviati dal partito, si studiava su libri che riportavano la subcultura del partito, non per scelta responsabile ma perchè imposte dall’orizzonte chiuso dell’appartenenza. La vostra è una scelta di libertà, a volte è una scelta di generosità, per forza di cose empirica e approssimativa come deve essere la libertà. Per il centro destra l’appartenenza non è il fine, noi abbiamo il compito di aprire l’orizzonte. Se voi siete qui è perchè avete fatto una scelta di campo di cui andar orgogliosi.

La cultura vi dovrà servire a svolgere un percorso personale, a svolgere un servizio a favore del vostro paese con competenza e professionalità. La vostra formazione non deve essere a servizio di un partito. Non dovete essere uomini e donne di partito ma uomini e donne del vostro tempo che comprendono a fondo il significato della propria civiltà.

A questa scuola non vi ha inviato nessun partito, vi siete giunti perchè selezionati. Anche per questo qui non incontrerete funzionari travestiti ma maestri veri invitati per il proprio valore e autonomia di pensiero, non certo perchè in possesso di una tessera di partito. Ed è per questo che queste iniziative vanno oltre i partiti organizzati, è una esigenza legittima da voi interpretata, voi che non avete mai conosciuto l’orizzonte immobile della prima repubblica. Per voi dirsi ex democristiani o ex socialisti non ha alcun valore ed è per questo che potete comprendere, meglio di chiunque altro, il sogno di Berlusconi, quello di aver un grande partito, di un popolo che dal 1994 è in cammino e che non ha nessuna intenzione di tornare a casa.

Ma questa rivoluzione per esser realizzata ha bisogno di un nuovo rapporto tra politica e cultura. Il caso degli intellettuali e della cultura va rivisto in questo paese, è un rapporto che ha caratterizzato l’occidente. La cultura trova la sua applicazione naturale nella politica. La politica per interpretare e agire sulla realtà, da Platone in avanti, ha bisogno della cultura, anzi la cultura ha avuto il compito di fare proposte utopistiche, di condizionare e orientare la vita politica. Proposte che non si sono mai realizzate né a Siracusa con il Tiranno Dioniso né negli Stati moderni, restano un laboratorio di pensiero per la politica.

Oggi ci rendiamo conto che il fallimento dei totalitarismi dello scorso secolo è stato un fallimento di progetti culturali. La democrazia cerca e crede in una cultura in evoluzione e noi non possiamo dimenticare la sua natura. Oggi siamo tutti democratici. Un americano ha idee diverse da quelle di un cubano o di un cinese ma è la cultura che può creare un dialogo o giustificare le differenze. Se la democrazia non si affida alla cultura è destinata a diventare altro e non importa il nome che sceglierà. L’Italia crede sempre meno nella cultura, lo costatiamo in libreria, sui giornali. Si direbbe che in Italia cultura e politica abbiano deciso di percorrere strade diverse e di non dialogare. Il marxismo ha utilizzato per ultimo la cultura a fini pratici, mi riferisco a Togliatti, Gramsci, persino a Berlinguer che non fu uomo di letture banali indipendentemente dai risultati ottenuti, cambiati dal crollo del muro di Berlino. Il progetto di Gramsci, di occupare con la cultura la stanza dei bottoni, rimane esemplare. Del resto anche oggi la sinistra vive con questa rendita e continua a condizionare la vita italiana.

Il vecchio PCI fu una macchina politica, grazie alla formazione dei propri dirigenti riuscì a formare una vera e propria classe dirigente. Oggi noi vediamo i resti di quella costruzione, ne misuriamo la forza di inerzia, l’unico strumento concreto rimasto alla sinistra italiana. Fino all’epoca di Tangentopoli ogni partito politico italiano aveva una idea culturale di riferimento, la DC l’idea sociale della Chiesa, i socialisti invocavano Garibaldi, i socialdemocratici misero nelle loro sedi il ritratto di Giacomo Matteotti e via dicendo. Dopo la scomparsa di questi partiti sono stati eliminati i riferimenti culturali mentre i politici di allora sono ancora alla ribalta sotto le mutate insegne politiche. Il trasformismo italiano è sempre attivo, i partiti vanno e vengono, i politici restano. Detto questo si capisce perchè la Cenerentola italiana sia la cultura. E perchè la discesa in campo di Berlusconi rappresenta l’unica novità in Italia. Utilizzava come riferimento il mercato. Berlusconi ricordò le regole democratiche ad un Paese che le stava dimenticando perchè il mercato è democrazia, il merito è democrazia. Non aveva grandi persone di riferimento se non la grande tradizione liberale: leggete Stuart Mill e troverete le idee portate da Berlusconi in politica. Questo millennio è l’epoca della crisi e del dubbio, la politica non trova i propri scopi, la cultura non gode di salute migliore. Pensate all’università, all’editoria.

La politica non riceve più quella linfa vitale necessaria per capire la realtà. Guardate le terze pagine dei giornali, non rispecchiano più la tradizione italiana ma i vezzi delle redazioni, il loro parlarsi addosso. Non è la crisi della cultura ma è quanto resta della cultura in una epoca di crisi. Per questo la politica oggi ha un compito in più, aiutare la cultura a risollevarsi. Sembra un rovesciamento di valori ma è quanto occorre fare. Sono certo che la cultura ripagherà la politica. La politica ha bisogno di cultura ma ora è giunto il tempo che la politica aiuti chi crede nel sapere a rialzarsi, a organizzarsi, a farsi ascoltare. Ma ora in Italia delle due è la cultura la più bisognosa di soccorso. Non si creda che stia dicendo un paradosso, oggi escono 41 romanzi al giorno ma quanti ne ricordate? Tutto il resto passa. La mia conclusione tra politica e cultura è la seguente. La politica aiuti la seconda e ne guadagnerà in tempi più brevi del previsto.

Cari amici il vostro impegno in questa scuola è dunque parte di un lavoro che parte da lontano e ambisce ad arrivar lontano. Noi abbiamo bisogno del vostro entusiasmo, della vostra competenza, del vostro impegno e questo non è un appello all’antipolitica ma una ambizione consapevole di chi ha imparato sulla propria pelle quanto sia difficile cambiare questo Paese ma che – nonostante tutto – non ha intenzione di mollare!

Marcello Dell’Utri