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Dopo l’amore, la speranza. Benedetto XVI sembra voler compiere e ritroso il cammino delle tre virtù teologali (fede, speranza e carità) e nell’enciclica «Spe salvi» pubblicata ieri riflette sulla speranza cristiana e sulla sua attualità.
Ancora una volta, è un Papa che sorprende.
Lo avevano dipinto come un Pontefice anti-moderno, propugnatore di una Chiesa chiusa in se stessa, attenta solo a difendere la propria identità, contrapposta al mondo e quasi insensibile alle attese, ai drammi e alla ricerca dell’umanità contemporanea imbevuta di relativismo.
Ancora una volta, quella che in questi anni è stata cucita addosso a Joseph Ratzinger appare come una caricatura. Chi se lo sarebbe immaginato che il «panzerkardinal» divenuto Papa avrebbe dedicato la sua prima enciclica all’amore che diventa carità?
E chi poteva prevedere che la sua seconda enciclica fosse dedicata proprio alla speranza?
Ciò che più colpisce, leggendo le dense pagine della nuova lettera papale è l’attenzione, l’ascolto e la condivisione delle attese che vibrano nella cultura contemporanea di oggi.
Certo, Benedetto XVI descrive i falsi miti del progresso e della «redenzione» da ottenere attraverso la scienza, critica la promessa del paradiso su questa terra portata avanti dalla rivoluzione proletaria marxista con la sua pretesa di una politica «scientificamente fondata» in grado di rendere il mondo buono e giusto. Constata che queste esperienze hanno purtroppo lasciato alle loro spalle soltanto cumuli di macerie e si sono concluse con disumani disastri. Non tutte, in realtà, sono finite. Morta l’utopia marxista, oggi sembra vincere quella scientista, che trasforma la vera scienza in ideologia riducendo l’uomo – che è attesa di infinito – in mero e casuale prodotto dell’evoluzione biologica.
Ma Papa Ratzinger non si ferma all’analisi impietosa e realistica. Sa leggere e valorizzare proprio quelle correnti di pensiero che già da decenni hanno riflettuto sul fallimento di quelle promesse e continuano a cercare una risposta. La risposta di Benedetto XVI non può essere che il Vangelo: il cielo non è vuoto, c’è un essere personale che è ragione e amore. È lui a illuminare e reggere il mondo e solo nel rapporto personale con lui l’uomo è veramente libero e può sperimentare nella vita la promessa della felicità.
Con la lettera «Spe salvi» il Papa lancia un messaggio molto chiaro ai cristiani. Non possono pensare soltanto alla salvezza della loro anima, fingendo che non esistano le attese, i dubbi, i drammi, la ricerca che li circonda. Tutto, nel cristianesimo, è dimensione di relazione: tra Dio e l’uomo, tra gli uomini.

(da “Il Giornale”)