E’ la giustizia «l’argomento essenziale, in ogni caso l’argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna»: Benedetto XVI nella sua nuova enciclica «Spe Salvi» (Nella speranza siamo stati salvati), un’opera dedicata alla speranza cristiana, esprime un forte pessimismo sulle possibilità umane di giungere a qualche forma di salvezza e redenzione, e fornisce un nuovo affresco dell’Ultimo Giorno. Paradiso, Purgatorio e Inferno sono reali, secondo papa Ratzinger; ma l’immagine «del Giudizio finale è in primo luogo non un’immagine terrificante, ma un’immagine di speranza; per noi forse addirittura l’immagine decisiva della speranza», perché «è impossibile che l’ingiustizia della storia sia l’ultima parola».
E di ingiustizie e fallimenti, scrive il Papa, è piena la storia. A partire dalla Rivoluzione Francese, nel suo tentativo di «instaurare il dominio della ragione e della libertà anche in modo politicamente reale». L’Europa, inizialmente affascinata, ha poi dovuto «di fronte ai loro sviluppi riflettere in modo nuovo su ragione e libertà». Poi c’è stato Marx, e la rivoluzione russa: «ma con la sua vittoria si è reso evidente anche l’errore fondamentale di Marx», pensare che con l’espropriazione dei mezzi di produzione «si sarebbe realizzata la Nuova Gerusalemme». Lenin vide che negli scritti del maestro «non si trovava nessuna indicazione sul come procedere», e quello che è rimasto è «una distruzione desolante», perché Marx ha dimenticato che «l’uomo rimane sempre uomo» e che «la libertà rimane sempre libertà, anche per il male».
E poi c’è stata la fede nel progresso. Benedetto XVI chiede aiuto a Theodor Adorno secondo cui «il progresso, visto da vicino, sarebbe il progresso dalla fionda alla megabomba». Si aprono possibilità grandi per il bene, ma anche «possibilità abissali di male». E allora, afferma il Papa, «se il progresso per essere progresso ha bisogno della crescita morale dell’umanità, allora la ragione del potere e del fare deve altrettanto urgentemente essere integrata mediante l’apertura della ragione alle forze salvifiche della fede, al discernimento tra bene e male. Solo così diventa una ragione veramente umana». L’uomo non basta: «Non vi è dubbio, pertanto, che un “regno di Dio” realizzato senza Dio – un regno quindi dell’uomo solo – si risolve inevitabilmente nella « fine perversa » di tutte le cose descritta da Kant: l’abbiamo visto e lo vediamo sempre di nuovo». Così come sbagliava Francesco Bacone «nel ritenere che l’uomo sarebbe stato redento mediante la scienza»; la scienza è fondamentale, ma «non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore».
Ce n’è anche per i cristiani, nelle 77 pagine della «Spe Salvi». Nell’autocritica dell’età moderna, scrive il Papa teologo deve confluire «anche un’autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici», a essere convinti e convincenti nel dire che «la vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio». Un Dio che giudica, e dispensa grazia, nell’ultimo giorno. E si giunge al problema dell’Inferno, che alcuni volevano, in passato vuoto. Secondo Benedetto XVI, non è così: «Possono esserci persone che hanno distrutto totalmente in se stesse il desiderio della verità e la disponibilità all’amore. Persone in cui tutto è diventato menzogna; persone che hanno vissuto per l’odio e hanno calpestato in se stesse l’amore. È questa una prospettiva terribile, ma alcune figure della stessa nostra storia lasciano discernere in modo spaventoso profili di tal genere. In simili individui non ci sarebbe più niente di rimediabile e la distruzione del bene sarebbe irrevocabile: è questo che si indica con la parola inferno».
(da “La Stampa”)