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Oggi a Palazzo Madama, comunque vada a finire, si chiude un cerchio. La presa d’atto da parte della politica dell’affermarsi di un nuovo determinismo – non più sociale ma antropologico – era infatti iniziata proprio in Senato. E proprio sul caso Englaro, con il conflitto d’attribuzioni sollevato di fronte alla Consulta.

Agli esordi era sembrata una follia di mezz’estate. Ma la fretta con cui la Corte Costituzionale avrebbe voluto indossare i panni di Ponzio Pilato per dichiarare inammissibile il conflitto ed evitare accuratamente qualsiasi confronto nel merito, ha reso evidente che lo scontro in atto travalicava i confini di un caso specifico per investire il grande interrogativo che la sfida antropologica del nuovo secolo ha posto alla politica: se, cioè, di fronte all’avanzare del progresso scientifico e della presunzione di chi pretende di controllare ogni momento dell’esistenza, sia possibile lasciare che siano altri poteri e altre lobby a determinare la fissazione di nuovi diritti e la loro legittimazione.

Indipendentemente dal suo esito, il fatto stesso che i due rami del Parlamento avessero approvato l’elevazione del conflitto di attribuzione per riappropriarsi dello spazio decisionale in un ambito così delicato come il confine tra la vita e la morte, implicava una conseguenza diretta: quello spazio bisognava riempirlo.

Ed è iniziato quindi un lungo lavoro di dialogo e mediazione, all’interno del PdL e con quei settori delle forze d’opposizione aperti al confronto, per giungere a una legge sul fine vita. Non è stato facile, né indolore. Perché di fronte a una materia che interpella così profondamente le coscienze non esistono discipline di partito né compromessi a portata di mano.

Si è così giunti al disegno di legge presentato in Commissione Sanità dal senatore Raffaele Calabrò. Un testo equilibrato, in grado di abbattere gli steccati tra laici e cattolici, senza derive laiciste né confessionali. Non a caso, su tale piattaforma sono convenuti anche i parlamentari del PdL alla Camera, diversi esponenti del Pd, e all’interno dello stesso PdL – che, non dimentichiamolo, è un partito dal 40% in cui coesistono una pluralità di culture e di anime – il dissenso si è ridotto al minimo.

Proprio in queste ultime settimane il dibattito sul testo Calabrò è entrato nel vivo. E la lunga marcia è giunta a pochi passi dal traguardo. Questo dato di fatto rende ancora più agghiacciante la corsa contro il tempo ingaggiata a Udine affinché Eluana muoia in fretta, per conquistare il macabro primato di essere l’ultima persona in Italia a finire i suoi giorni per fame e sete, per volontà presunta e con il sigillo dell’autorità giudiziaria.

Perché, è bene ricordarlo, nessuno dei tanti disegni di legge sul fine vita presentati da esponenti di ogni orientamento – neanche il più estremo e il più radicale -, avrebbe mai consentito ciò che la Cassazione ha invece autorizzato: che si possa giungere a far morire una persona ricostruendo ex post, su base indiziaria, la sua presunta volontà, ricavata da un presunto stile di vita. Neanche se fosse legge il disegno di Ignazio Marino, o addirittura quello di chi vorrebbe l’introduzione dell’eutanasia nel nostro ordinamento, il dramma di Eluana avrebbe potuto concludersi così come la Cassazione ha stabilito.

In nessun caso, dunque, all’esito del dibattito parlamentare in corso sul fine vita il pronunciamento “creativo” della Suprema Corte potrà trovare conferma nelle decisioni dei rappresentanti della sovranità popolare. Ed è stato questo l’incontestabile motivo di necessità e urgenza che ha indotto l’esecutivo a tentare l’introduzione per decreto di una norma ponte che esplicasse il suo effetto in attesa dell’intervento organico del legislatore: perché se la sentenza della Cassazione dovesse consolidarsi, e successivamente la sovranità popolare esprimersi in senso differente o addirittura contrario, dal momento che la vita è un bene evidentemente non ripristinabile, ci troveremmo di fronte a un danno irreparabile. Con tutto ciò che ne consegue da un punto di vista sostanziale, e anche da un punto di vista simbolico.

Neanche il ventilato conflitto tra il potere legislativo e il potere giudiziario avrebbe in questo caso avuto ragione di esistere: il decreto della Corte d’Appello che ha dato esecuzione alla sentenza della Cassazione, infatti, è un atto adottato in regime di volontaria giurisdizione, dunque non idoneo a formare giudicato.

Sia come sia, la corsa del decreto s’è infranta contro il Colle. Ed è per questo che il provvedimento che vieta di sospendere idratazione e alimentazione artificiali nei confronti di persone non in grado di provvedere a se stesse – che, dunque, se giungesse in tempo eviterebbe la morte di Eluana nelle more dell’approvazione di una legge sul fine vita – è stato trasformato dal governo in un disegno di legge, che da oggi inizierà il suo velocissimo iter in Parlamento. Prima in Senato, poi alla Camera.

Non possiamo sapere se servirà a Eluana. Perché mentre i rappresentanti del popolo si accingono a pronunciarsi, a Udine sono stati accelerati i tempi d’attuazione del protocollo che la condurrà a morte. Quel che però non si può a questo punto consentire è che il merito di questa vicenda, che ha visto tanti laici e cattolici superare steccati per ritrovarsi insieme, venga celato dietro formalismi giuridici o, peggio, dietro la menzogna del rischio che la nostra Carta Costituzionale sia stravolta.

Ci stanno provando. E, per questo, martedì si ritroveranno tutti a Piazza Santi Apostoli, per difendere una Costituzione che in realtà non corre alcun rischio. Non possono restare senza risposta. Contro il ritorno della presunzione fatale, che dopo aver determinato rovine per il bene della razza e della classe vorrebbe ora portare morte in nome della felicità, martedì dobbiamo esserci anche noi in un’altra piazza di Roma. Dobbiamo contrapporre i nervi, la rabbia, la forza della speranza di un popolo al volto del potere di ieri che, sebbene sempre più esangue, è anche il potere di oggi. Non per la Costituzione ma per cose che la precedono: la vita e la libertà.

 

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(Tratto da www.loccidentale.it