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L’articolo di Gaetano Quagliariello  

Nel PdL è in corso un dibattito politico-culturale sulla modernità e i suoi problemi. Di fronte a questo scenario, nel centro-destra iniziano a intravedersi due differenti risposte. La prima è quella che punta su una secolarizzazione ritenuta inevitabile. Da qui un approccio apparentemente più laico sui temi della bio-politica; la convinzione che i problemi dell’immigrazione possano risolversi con una buona dose di tolleranza; le aperture alle presunte ragioni dell’islam, anche il più estremo, in quanto questo sarebbe destinato a seguire la stessa sorte del cristianesimo: scolorirsi progressivamente fino a divenire null’altro che un vago riferimento culturale. La seconda risposta, invece, è quella di quanti ritengono che il nuovo secolo, per non ripetere gli orrori del precedente, abbia bisogno di una riscoperta non ideologica di senso. E che tale riscoperta possa venire dalla valorizzazione del proprio trascorso e del significato della tradizione: non come pretesa egemonica nei confronti di altre culture ma, quanto meno, come punto di tenuta….

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Il commento di Sergio Belardinelli

Nell’area politico-culturale del centro-destra si confrontano due diverse sensibilità rispetto ai problemi che sono sul tappeto. Crisi economica, immigrazione, questioni religiose, questioni bioetiche: tutto sembra riconducibile a due diversi modi di guardare la modernità. Da una parte ci sono coloro che, prendendo per buona la tesi della “passione per il neutro” e dell’”imperativo eretico”, guardano al mondo odierno come a un luogo di depotenziamento progressivo della tradizione e delle antiche “lealtà”. Dall’altra ci sono invece coloro che, pur accettando la tesi del pluralismo, della multietnicità, diciamo pure, di una certa rottura operata dal moderno rispetto alla tradizione, ritengono che le istituzioni liberaldemocratiche abbiano bisogno di un senso comune condiviso, difficilmente compatibile con il relativismo, e aperto piuttosto alla dimensione religiosa…

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Il commento di Raimondo Cubeddu

Nel suo “Odio il lunedì”, prima che l’immane tragedia dell’Abruzzo ci inducesse a ben più tristi pensieri, Gaetano Quagliariello ha invitato un po’ tutti a riflettere sul processo di formazione del PdL, e ad arricchirne le fondamenta avendo ben presente che il risultato conseguito a livello politico necessitava di ulteriori riflessioni di carattere culturale. L’esigenza di consolidare anche a livello politico-culturale un processo politico che già è parte integrante della nostra storia recente mi sembra, più che doverosa, necessaria. Affinché sia duraturo, ogni processo politico ha infatti bisogno di un fondamento culturale solido e capace di durare nel tempo. Per quanto sia trascorso soltanto poco più di un anno da che Berlusconi lo ha lanciato con la solita lungimiranza, la situazione è infatti cambiata. Tant’è che oggi dobbiamo misurarci con una serie di problemi che allora non si erano ancora posti con la drammaticità con cui oggi li viviamo.

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Il commento di Roberto Pertici

La duplicità di linee politico-culturali che Gaetano Quagliariello segnala all’interno del PdL e fra cui auspica un confronto, è sotto gli occhi di tutti: è emersa gradatamente negli ultimi mesi, suscitando, anche in chi scrive, una certa sorpresa. Ma, superando lo stupore iniziale, è necessario ragionarci su e intenderne le radici: sarà per un vizio “storicistico”, ma credo che un buon metodo per cogliere la ragione profonda di idee e posizioni sia quello di comprendere lo svolgimento di cui sono frutto e quindi la logica interna a cui obbediscono.

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Il commento di Gaetano Rebecchini

Oramai, e non solo nel nostro paese, il discrimine più significativo, che passa anche all’interno degli stessi attuali schieramenti politici, è quello tra coloro che ritengono validi il principio di realtà oggettiva, e di conseguenza, l’esistenza di una “legge naturale” e coloro che,  al contrario, basano la loro azione su una visione soggettivistica, e quindi relativistica, della realtà.

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Il commento di Fabio Torriero

Il fatto stesso che, da quando si è concluso il congresso costitutivo del Pdl, si parli di valori, di sfida delle idee, di egemonia culturale, come mastice del nuovo soggetto politico, dimostra che ormai il salto di qualità è realtà e non annuncio commerciale. Non ci sono più i “partiti-chiesa” e non ci sono più gli scontri ideologici, perché si sta definitivamente accantonando la stagione dei “partiti-ideologici”, che hanno diviso gli italiani e ritardato la modernizzazione.

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Il commento di Giorgio Israel

Nel Pdl non si è mai visto un vero dibattito sui temi di politica estera o sull’immigrazione, sui rapporti con l’islam. Neppure si è sviluppato un dibattito approfondito sui temi dell’economia e sul modo di vedere i problemi del capitalismo contemporaneo. Per non parlare dell’istruzione e dell’educazione e più in generale della questione antropologica.

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 Il commento di Maurizio Griffo

Perché risulti proficua, la discussione sui compiti che attendono il “Popolo della Libertà” non deve limitarsi alle prospettive politiche future, ma deve cercare d’intendere le ragioni che hanno portato alla nascita di un nuovo soggetto politico.

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Il commento di Daniela Coli

A quasi un mese dalla fusione di Forza Italia e An nel PdL, è necessar affrontare alcuni problemi tradizionali della cultura e della politica italiana, che inevitabilmente investono anche il PdL. Diversamente dal secolo scorso convinto di navigare verso magnifiche sorti progressive, il lavoro da fare è tanto da parte della componente culturale del nuovo partito il cui compito è laicizzare una cultura italiana ancora arroccata nell’ideologia.

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Il commento di Gianluca Sadun Bordoni

E’ nella riflessione sul nesso tra natura, tecnica e democrazia che si dovrà individuare il terreno di mediazione tra principi religiosi e laici, nella lenta costruzione di una nuova etica, adatta alla società tecnologica, in cui la tutela dei diritti costituzionali sappia mediarsi con l’indisponibilità delle basi biologiche della società e con un principio allargato di precauzione, che accolga all’interno delle nostre democrazie, in modo responsabile, l’incertezza costitutiva delle società tecnologiche.

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