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Nel Pdl si faranno certamente considerazioni e conteggi molto sofisticati per dimostrare che il voto europeo non è andato poi così male e forse troveranno anche il modo di convincerci. Intanto, così a caldo, qualcosa ci viene già voglia di dirla.

Una campagna elettorale che ha marciato ai ritmi dei tamburi di Repubblica e dei suoi echi internazionali ha prodotto prevalentemente astensione e disgusto. Non ha favorito il Pd che si è illuso di costruire una rimonta sulla distruzione dell’immagine personale del premier; non ha punito il Pdl come in molti in Italia e in Europa si aspettavano, ma di certo ha posto un freno alla sua corsa.

Berlusconi e con lui il Pdl avevano molte carte da giocare nella campagna elettorale, erano carte politiche, selezionate in un anno di buon governo, di alcune crisi affrontate e risolte, di una tragica emergenza gestita con passione ed efficacia, perfino di un 25 aprile vissuto per la prima volta da protagonista e sottratto alla retorica di una sola parte.

Tutto questo è stato cancellato da una caccia all’uomo senza precedenti nella storia politica recente, dove Berlusconi era la preda da stanare e appendere come trofeo nel salone delle feste dell’Europa scalfarian-zapaterista.

Berlusconi è stato costretto ad una campagna elettorale in difensiva, confusa, gestita male sul piano della comunicazione. Invece di rispondere al gossip con qualche buona idea politica, aprendosi spazi possibili sulla scena internazionale come presidente in carica del G8, costringendo l’Europa a guardare alla sostanza della sua azione di governo, è rimasto incastrato nello stesso gioco dei suoi avversari. La stampa amica non lo ha aiutato gettando la moglie Veronica nello stesso gioco al massacro. E la task force che ha gestito la crisi (seppure è esistita) non è riuscita a far uscire il premier dalla trappola, forse sottovalutando quello che stava accadendo, forse sopravvalutando la sua capacità di recupero. Così la campagna elettorale è stata lasciata a seguire il suo corso, senza le necessarie misure di emergenza, nell’illusione che si fosse abbonati al successo.

Il Pd di Franceschini, che aveva giocato tutta la prima parte della sua campagna elettorale sulla “serietà” dell’impegno europeo (ricordate la polemica sulle candidature multiple di Berlusconi?), si è impantanato nei romanzetti pruriginosi confezionati da Repubblica senza alcun vero vantaggio nelle urne. Per questo il Pdl avrebbe avuto tutto lo spazio per uno scarto politico vero, per dimostrare che chi governa dispone di una panoplia elettorale più ampia, più convincente, più concreta.

Invece Berlusconi ha speso quasi tutte le sue energie in decine di interviste sul caso Noemi, peraltro contraddittorie e mal calibrate. E nonostante non abbia praticamente parlato d’altro, ha restituito la sensazione di non voler rispondere ai suoi accusatori, di essere reticente, di aver paura della verità. Tanto valeva ignorare del tutto la questione e parlar d’altro.

Quando è stato chiaro che queste elezioni si stavano trasformando in un referendum su Berlusconi e i suoi peccati, la reazione doveva essere immediatamente quella di cambiare gioco, regole e giocatori. E invece il Cav. si è messo a parlare dei fatti suoi a reti europee unificate, per di più con ampi sbandamenti nelle varie versioni.

Senza politica non si vincono le elezioni. Infatti Il Pd ha perso perchè non ha una politica che sia una. E il Pdl non ha vinto perchè ne aveva in abbondanza e se ne è dimenticato. Le elezioni le ha vinte infatti la Lega, che come nel resto d’Europa, cresce sull’onda di posizioni forti, su immigrazione, sicurezza, identità.

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Leggi dal sito de L’Occidentale