La Conferenza di Copenaghen sul Clima del dicembre scorso è stata presentata come un Summit mondiale di proporzioni inusitate, proclamato dai media come “una occasione unica per salvare il pianeta” e “decisivo per le generazioni future”. Con toni apocalittici ed enfasi catastrofista che rendono un pessimo servizio a decisioni sagge e ponderate e ad interventi responsabili.
Il risultato della Conferenza? Non solo non ha prodotto gli accordi enfaticamente attesi, ma ha purtroppo messo in ombra il lavoro di ricerca delle comunità scientifiche impegnate a studiare e a cercare di comprendere fenomeni, quali le variazioni climatiche, da sempre tipiche della dinamica del Pianeta, che costituiscono materia assai complessa e ben lungi dall’essere pienamente compresa. Fenomeni che necessitano, come dimostrato anche da recenti confronti tra esperti, di un serio e corretto dibattito scientifico prima ancora che politico o ideologico, e di un ulteriore impegno di ricerca.
Da qualche tempo, inoltre, si susseguono notizie inquietanti che gettano ombra sulla correttezza delle stesse dichiarazioni ufficiali di organismi dell’ONU, in primis l’IPCC, in merito ai pericoli del Riscaldamento Globale e alle corrispondenti responsabilità umane, e di conseguenza alla necessità di drastiche e costose riduzioni delle emissioni di gas serra di origine antropica. E’ ormai di dominio pubblico, anche se a quanto pare sottovalutato dai media e dagli Organi ufficiali, il cosiddetto scandalo del “Climagate” che ha coinvolto gli scienziati dell’Università di East Anglia responsabili di manipolazione di dati sulle variazioni della temperatura terrestre, per “spingere” nella direzione delle tesi di un forte riscaldamento del pianeta ritenuto sostanzialmente di origine antropogenica. Poiché tali ricerche risultano essere finanziate dall’ONU, il sospetto di un “orientamento” preventivo di tali ricerche diventa legittimo.
Vi è di più. Impressionanti rapporti (Daily Telegraph del 20 dicembre e articoli apparsi su La Stampa e Repubblica) su presunti conflitti d’interesse e attività connesse con la nuova “industria del clima” del presidente dell’IPCC, il Dottor Pachauri, e la presenza di fortissimi interessi finanziari in un “business ambientale” sempre più rilevante – quali il meccanismo delle compravendite dei diritti di emettere CO2 e gli investimenti in ricerche non sempre rispondenti al criterio di non essere politicamente orientate -, mettono in forte dubbio la correttezza della linea perseguita dagli organismi dell’ONU.
In effetti il caso del “Riscaldamento Globale” risulta tuttora di non facile comprensione sia nella sua effettiva entità che nelle sue cause. In particolare, la relazione di causa-effetto tra le emissioni di biossido di Carbonio (CO2) dovute ad attività umane a partire dall’era industriale ed eventuali fenomeni di riscaldamento è ancora sostanzialmente aperta, e quindi non dimostrata, malgrado i progressi nelle osservazioni sperimentali e i miglioramenti delle tecniche modellistiche. E infatti ciò costituisce oggetto attuale di vivaci discussioni fra gli studiosi. Di qui le differenze che emergono nell’interpretazione degli impatti potenziali derivanti da tali fenomeni e sulla eventuale possibilità di mitigarne gli effetti negativi non sottovalutando quelli, anch’essi possibili, positivi. Ciò anche in relazione alla necessità o meno di interventi appropriati, di nuove strategie energetiche e di misure di adattabilità di carattere sociale sanitario. Ma l’inquinamento politico, ideologico e mediatico, ha creato una insolita divisione nella stessa comunità scientifica con artificiose contrapposizioni: da una parte i catastrofisti allineati rigorosamente alle posizioni dell’ONU e dall’altra i negazionisti, gli scettici che vi si oppongono vivacemente. Il che contrasta con la libera dialettica della scienza, che deve sempre alimentarsi di dubbi, dialettica e confronto.
In conclusione, “Galileo 2001” sostiene la necessità di una politica avveduta e responsabile che si richiami alle conoscenze scientifiche più aggiornate basate su dati e osservazioni affidabili, scevre da illazioni intempestive che potrebbero condurre a valutazioni e decisioni affrettate e non compatibili con un corretto rapporto costi/benefici, sola ragionevole guida ad un sano equilibrio tra la questione ambientale e il necessario sviluppo socio-economico. Sono proprio queste, del resto, le conclusioni del Convegno promosso dalla nostra Associazione, che ha dato spazio critico alle diverse tesi e ha ribadito quanto sia indispensabile la ricerca e la sua corretta organizzazione. Evitando quindi che i governi fondino le loro decisioni su interessi non conformi al bene comune, pretendendo dagli esperti attività orientate ad uso della contrattazione internazionale piuttosto che un libero lavoro rivolto ad attività di conoscenza chiarificatrice in un dialogo razionale. E smascherando messaggi mediatici infondati che possano scatenare nell’opinione pubblica pregiudizi e paure irrazionali.
Renato Angelo Ricci è presidente della associazione “Galileo 2001” e presidente della Associazione Italiana Nucleare (AIN). Sarà uno degli ospiti del Convegno di Magna Carta sul Clima. Il titolo originale della Lettera aperta pubblicata dal Professor Ricci è La Scienza è solo al servizio della conoscenza.