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Dopo il vertice di Strasburgo-Kehl, il Segretario Generale della NATO Rasmussen ha nominato 12 esperti dei Paesi membri dell’Alleanza, guidati dall’ex segretario di Stato americano Albright. Lo scorso maggio, il gruppo ha presentato il rapporto NATO 2020 – Assured security; dynamic engagement, in vista della definizione del nuovo “Concetto Strategico” dell’Alleanza. Terrorismo, guerra cibernetica, pirateria, sicurezza energetica, sono le nuove minacce con cui la NATO deve fare i conti, insieme all’Afghanistan, la prima missione di combattimento condotta e al di fuori dell’area transatlantica.

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In questi mesi la NATO sta elaborando il suo nuovo “Concetto Strategico”, il principale documento politico-strategico dell’Alleanza volto a definire le minacce da affrontare e quindi i compiti e l’evoluzione della NATO nel prossimo futuro. Dal processo in corso si possono già delineare alcuni degli elementi che troveranno probabilmente spazio nel documento finale.

Tradizionalmente il Concetto Strategico si rifà ai principi fondamentali dell’Alleanza atlantica stabiliti nel Trattato di Washington del 1949, calandoli nella realtà contemporanea e definendo quindi un comune approccio degli Alleati alle principali questioni di attinenti la difesa collettiva sancita dall’Art. 5 del Trattato. Il Concetto Strategico attualmente utilizzato dalla NATO risale al 1999, ed è evidente quanto sia cambiato il quadro da allora: l’11 settembre, la guerra in Afghanistan e quella tra Russia e Georgia, il nuovo ruolo delle potenze emergenti come la Cina, segnano differenze profonde rispetto alla situazione internazionale di undici anni fa. Anche la NATO è cambiata, includendo tredici nuovi membri dell’Europa orientale con percezioni della sicurezza nazionale giocoforza diverse da quelle dei vecchi membri occidentali, avviando nuove partnership con stati posti al di fuori dell’area euro-atlantica come quelli del Golfo, gestendo operazioni di peacekeeping nei Balcani, di pattugliamento anti-terrorismo nel Mediterraneo e di anti-pirateria nel Golfo di Aden, e soprattutto comandando circa 120.000 soldati in Afghanistan nella più grande operazione militare mai condotta nella sua storia. Infine, se l’area geografica europea in senso stretto oggi è più stabile che negli anni ‘90, grazie al processo di allargamento di NATO ed Unione Europea e alla stabilizzazione manu militari dei Balcani occidentali, la minaccia alla sicurezza alleata sembra venire maggiormente dall’instabile vicinato dell’Europa, da fenomeni transnazionali come il terrorismo, e da settori con nuovi risvolti di sicurezza come il cyberspazio e l’energia.

In questo quadro, il processo di revisione del Concetto Strategico è iniziato con il summit del 2008 dei capi di stato e di governo a Strasburgo-Kehl, che ha incaricato il Segretario Generale della NATO di istituire un gruppo di esperti con il compio di preparare il terreno per la stesura del nuovo documento-guida dell’Alleanza. Il nuovo Segretario Generale Rasmussen ha indicato dodici esperti non inquadrati nel personale NATO ma provenienti dal corpo diplomatico, dal mondo accademico e dal settore privato dei paesi membri dell’Alleanza. Il gruppo, presieduto dall’ex Segretario di Stato americano Albright, ha presentato a maggio il rapporto NATO 2020 – Assured security; dynamic engagement, che è ora oggetto di discussione all’interno della NATO in vista della presentazione della prima bozza del Concetto Strategico da parte di Rasmussen.

L’istituzione di un gruppo di esperti è stata una innovazione significativa nel processo di elaborazione del Concetto Strategico rispetto ai precedenti casi del 1999 e del 1991, quando la riflessione e la negoziazione del documento è avvenuta tutta all’interno delle strutture NATO, con un forte ruolo dei rappresentanti nazionali nel Consiglio del Nord Atlantico e nei vari comitati. Questa volta, tramite il lavoro del gruppo di esperti e in stretta collaborazione con il Segretario Generale, si è cercato di mettere in campo un processo il più possibile aperto, inclusivo e trasparente, con un maggiore coinvolgimento del mondo di addetti ai lavori che ruota attorno alle questioni di sicurezza e difesa in Europa e negli Stati Uniti. Rappresentanti dei think tanks, del mondo accademico e del settore privato sono stati coinvolti in seminari e conferenze, membri del gruppo di esperti hanno visitato le capitali dei paesi Alleati per incontrare rappresentanti delle istituzioni nazionali, e hanno discusso anche con funzionari di paesi e organizzazioni partner come la Russia e l’UE, e infine un apposito sito web è stato allestito dalla NATO per testimoniare e stimolare il dibattito.

Questo approccio ha avuto sostanzialmente due obiettivi. Da un lato, promuovere la reputazione della NATO attraverso un esercizio di public diplomacy, che spieghi ragion d’essere, compiti e utilità dell’Alleanza nel mondo post-Guerra Fredda, sgomberando il campo da percezioni errate e veicolando l’immagine di una organizzazione garante della sicurezza euro-atlantica e positivamente impegnata sulla scena internazionale. Dall’altro lato, questo processo vuole favorire la circolazione di idee nuove nel dibattito interno alla NATO, e un approccio franco anche rispetto a temi controversi su cui ci sono divergenze tra gli Alleati. A tal fine, i dodici membri del gruppo di esperti non rappresentano formalmente i rispettivi stati di provenienza ma siedono a titolo personale nel gruppo, e godono di una certa indipendenza nel proporre una visione della NATO, dei suoi problemi e della sua evoluzione futura. Inoltre, il numero ridotto di partecipanti al gruppo di lavoro, 12 rispetto ai 28 rappresentanti di paesi membri che siedono di regola in ogni comitato NATO, dovrebbe favorire lo scambio di idee e l’articolazione di una visione comune e innovativa.

In merito a questo secondo obiettivo, è possibile valutare l’innovazione introdotta dal nuovo processo esaminando alcuni punti del rapporto presentato dal gruppo di esperti. Innanzitutto, il rapporto non ha preso come punto di partenza l’ultimo Concetto Strategico ma ha articolato una nuova valutazione del contesto di sicurezza attuale e delle minacce presenti ed emergenti.  In questo modo questioni quali terrorismo, minaccia cibernetica, pirateria, sicurezza energetica che erano marginali o assenti nel documento del 1999 sono stati considerati elementi chiave con cui la NATO deve fare i conti. Tuttavia, tale valutazione non rappresenta una rivoluzione quanto piuttosto una evoluzione del pensiero strategico dell’Alleanza. Infatti, il rapporto Albright prosegue ricordando l’attualità del Trattato di Washington, in particolare l’Art. 4 sull’importanza della consultazione tra alleati e l’Art. 5 che afferma come “un attacco armato contro uno dei paesi membri deve essere considerato un attacco contro tutti”; ribadendo i meriti della NATO nel mantenere l’Europa in pace, unita e democratica, e nell’allargare questo spazio di libertà e democrazia nel continente europeo; e infine elencando i molti elementi del Concetto Strategico del 1999 tuttora validi.

Nella parte seguente dedicata alle priorità NATO da oggi al 2020, il rapporto cerca di nuovo un equilibrio tra innovazione e continuità nella strategia dell’Alleanza. Infatti, se al primo posto viene ribadito come priorità l’impegno sulla difesa collettiva sancita dall’Art. 5, subito dopo si afferma che nel contesto attuale la NATO deve affrontare minacce non convenzionali come attacchi tramite armi di distruzione di massa, terrorismo, attacchi cibernetici o alle fondamentali linee di rifornimento. Tutte minacce non strettamente militari e non previste nel Trattato di Washington, né considerate durante la Guerra Fredda, ma diventate cruciali per la sicurezza alleata nel mondo post-1989. Sulla stessa linea, viene poi considerata la missione NATO in Afghanistan, in particolare quanto a lezioni da imparare dalla prima operazione di combattimento condotta dall’Alleanza su larga scala e al di fuori dell’area transatlantica, e in merito alle linee guida per decidere future missioni del genere. Anche in questo caso, le operazioni militari NATO al di fuori del territorio degli stati membri sono una novità rispetto sia alla quarantennale esperienza della Guerra Fredda, sia al Trattato di Washington e ai Concetti Strategici elaborati fino al 1991. Sono però diventate una realtà con gli interventi nei Balcani degli anni ’90, e quindi entrati ufficialmente nella strategia NATO con il Concetto Strategico del 1999, e l’Afghanistan ha segnato in tal senso il limite estremo di questo genere di operazioni.

A questo proposito, il rapporto Albright non intende di riportare indietro le lancette dell’orologio a un’epoca in cui la NATO difendeva solo i confini territoriali dei paesi membri, ma non vuole neanche che l’Alleanza diventi una organizzazione globale con l’onere di garantire la sicurezza in contesti lontani e non vitali per la sicurezza alleata. Perciò si afferma che la NATO può e deve condurre operazioni al di fuori dell’area transatlantica, ma solo decidendo caso per caso quando ve ne sono le condizioni.

Nel complesso, il lavoro del gruppo di esperti ha cercato di mettere a fuoco le principali minacce che il Concetto Strategico dovrà affrontare, di stabilire le priorità per l’Alleanza, e di indicare un percorso fattibile per l’evoluzione della NATO nel nuovo contesto strategico. Adesso sta ai paesi membri e al Segretario Generale partire da questa base per trovare un compromesso sul nuovo Concetto Strategico, in grado di guidare efficacemente l’Alleanza bel suo difficile ma indispensabile ruolo di garante della sicurezza dell’Occidente.