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“We will not rest until we succeed”

 

Nel corso di quest’anno Al Qaeda è stata ridotta a un “prodotto” del militarismo occidentale e ci si è chiesti pomposamente se “il terrorismo l’abbiamo estirpato o piuttosto esportato noi”, come ha fatto il regista Morgan Spurlock nel docu-film Che fine ha fatto Osama Bin Laden? A ridimensionare il pericolo del network islamista ha contribuito il ben più autorevole direttore di Newsweek – Fareed Zakaria – che in controverso editoriale di qualche mese fa annunciava la sconfitta di Bin Laden grazie a un generale ‘risveglio’ del mondo islamico moderato.

Infine ha preso corpo l’ipotesi che la leadership terrorista dopo anni di bastonate sia ormai incapace di assolvere al suo ruolo storico, organizzare attacchi su vasta scala contro i Paesi occidentali, e quindi costretta ad affidarsi a “lupi solitari” fortemente radicalizzati e disposti a compiere attentati in modo indipendente dalla Base. Ed è così che le autorità e la grande stampa americane hanno accolto, a caldo, l’attacco sventato alla metropolitana di New York del 2009 e quello fallito di Times Square del Natale scorso.(1)

Ma  la carneficina avvenuta in Uganda subito dopo i Mondiali in Sudafrica – oltre settanta i morti – ha ricordato quanto sia pericoloso il terrorismo di matrice islamica. Proveremo a dimostrare che è impossibile prevenire e sventare le trame islamiste sul suolo occidentale senza presupporre l’esistenza di un framework del terrore ben più largo e complesso che recluta, sostiene e appoggia gli operativi sul campo. Questo gruppo dirigente continua ad avere come obiettivo primario quello di colpire l’America, i suoi interessi e i suoi alleati nel mondo, ma siamo di fronte a una nuova generazione di leader ancora invisibili al grande pubblico, e pronti a ricevere il testimone dal “grande vecchio” dopo aver assunto e assolto una serie di ruoli chiave nella Guerra Santa contro Crociati e Sionisti.

 

L’ATTACCO ALLA METROPOLITANA DI NEW YORK. Partiamo dall’attentato alla metropolitana di New York sventato dal controterrorismo americano nel Settembre del 2009.(2) Il 7 luglio scorso, il Dipartimento di Giustizia ha esposto le accuse contro i cinque uomini processati per aver architettato il piano che prevedeva una serie di attacchi multipli nei sotterranei della Grande Mela. A finire sotto i riflettori della stampa è stato Najibullah Zazi, un 26enne di origini afghane cresciuto fra il Pakistan e gli Stati Uniti, dove lavorava come autista di bus-navetta all’aeroporto di Denver. Dopo l’arresto, Zazi è stato processato con l’accusa di aver cospirato per usare armi di distruzione di massa, commettere omicidi in un Paese straniero e aver fornito sostegno materiale alle organizzazioni terroristiche. A febbraio, il giovane ha reso una parziale confessione raccontando di essere stato reclutato durante uno dei suoi viaggi in Pakistan successivi all’11 Settembre, e di aver avuto come obiettivo la metropolitana di New York perché voleva sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sulle “attività” degli Stati Uniti in Afghanistan.(3)

La collaborazione di Zazi è stata giudicata un successo da Newsweek che ha lodato il lavoro d’intesa svolto dalla task-force antiterrorismo del Bureau, dagli uffici giudiziari dell’Eastern District di New York e dalla Sezione Controterrorismo della Divisione per la Sicurezza Nazionale al Dipartimento di Giustizia. Il fatto che Zazi abbia confessato senza dover ricorrere alle pratiche investigative ‘speciali’ come il waterboarding, che tante polemiche suscitarono durante l’Amministrazione Bush, secondo Newsweek è una freccia all’arco del Presidente Obama, che in questo modo è tornato a seguire i metodi tradizionali d’indagine contro i nemici dell’America. Negli ultimi 18 mesi il governo federale ha processato una trentina di cittadini americani in qualche modo collegati ad Al Qaeda. Oltre alla collaborazione di Zazi e di uno dei suoi complici, altri indagati per terrorismo hanno negoziato con le autorità scambiando informazioni in loro possesso in cambio di un trattamento meno duro. Il risultato, sempre secondo Newsweek, è stato una “bonanza di intelligence” che permette di analizzare i diversi cerchi concentrici che dagli affiliati portano al gruppo dirigente della Base.

In realtà anche l’Amministrazione Obama ha i suoi “metodi”. Se per costringere a collaborare Umar Farouk Abdulmutallab – il giovane che il giorno di Natale aveva tentato di farsi esplodere sul volo Delta della Northwest Airlines – all’FBI è stato sufficiente portare sua madre in America dalla Nigeria, nel caso di Zazi le autorità americane hanno usato sistemi di pressione più cogenti. Suo padre, Mohammed Wali Zazi, è stato processato per reati legati alla immigrazione oltre che per aver coperto il figlio, prima di essere rilasciato su cauzione e restare in libertà vigilata con un braccialetto elettronico al polso. Secondo la madre di Zazi sarebbe stato il trattamento riservato al marito e le minacce ricevute dalla famiglia a persuadere il figlio che era venuto il momento di collaborare con gli investigatori.(4)

E’ sulla base di questi “metodi tradizionali” che il vicepresidente Joe Biden il 29 luglio scorso ha potuto dichiarare che gli Stati Uniti stanno infliggendo “danni significativi” ad Al Qaeda. Nell’ultimo anno l’eliminazione di Abu al-Masri e Abu al-Baghdadi in Iraq, l’arresto del comandante talebano Mullah Baradar effettuato dalle forze della sicurezza di Islamabad, e ancora la cattura di altri membri della Quetta Shura, il consiglio direttivo dei talebani afghani. Secondo l’intelligence americana, dalla metà del 2009 ad oggi i Droni in dotazione alle truppe Usa avrebbero eliminato almeno 20 obiettivi “most wanted” nella lista dell’antiterrorismo, tra cui due dei reclutatori di Zazi uccisi nei raid avvenuti in Afghanistan l’inverno scorso.(5) Il Presidente Obama ha incrementato l’uso dei Droni rispetto al suo predecessore, nonostante le polemiche sulle vittime civili provocate dagli aerei teleguidati.

 

IL “GRANDE PLOT”. Le prove esibite al processo di New York mostrano che i vertici della Base avevano progettato un attacco molto più ampio e devastante di quello denunciato in un primo tempo dalle autorità e dai media occidentali. Dalle indagini condotte tra servizi americani e inglesi – una delle più estese operazioni dell’antiterrorismo occidentale dopo l’11 Settembre – è emerso che l’attentato alla metropolitana di NY era parte di un “grande plot” in cui rientravano anche la Gran Bretagna e Paesi del Nord Europa.

Nell’aprile del 2009 le autorità inglesi hanno arrestato 12 membri di una cellula jihadista che era pronta a colpire con “bombe umane” un centro commerciale di Manchester ed altri obiettivi civili. L’americano Zazi si è addestrato nei campi di Al Qaeda nello stesso periodo in cui il 24enne di origini pakistane Abid Naseer – uno della “sporca dozzina” di Manchester – veniva reclutato per l’operazione sul suolo inglese. Entrambi hanno avuto uno scambio di messaggi di posta elettronica con il fantomatico “Ahmed”, anello di congiunzione fra i candidati al martirio e i loro reclutatori ufficiali in Pakistan e Afghanistan. Nella primavera del 2009, Naseer scrive ad Ahmed che è pronto al “matrimonio”, un codice simile a quello usato da Zazi quando annuncia che sta per lasciare il Colorado in direzione di New York.(6)

La European Connection si è ulteriormente complicata l’8 luglio scorso, quando nella rete della polizia è caduta un cellula di Al Qaeda in Norvegia. Due uomini residenti nel Paese nordico e un terzo detenuto in Germania, di provenienze diversissime fra loro – un iracheno, un uzbeko, e un uiguro della minoranza cinese –, sono stati arrestati sulla base delle indagini relative al plot newyorkese. Non è chiaro se la cellula volesse colpire la Norvegia o altri obiettivi in Europa, certo è che i dormienti erano pronti al risveglio.(7)

 

LA PROMOZIONE DI SHUKRIJUMAH. Secondo i giudici newyorkesi, il grande plot è stato organizzato dalle “Operazioni esterne” di Al Qaeda, la struttura che progetta gli attentati negli Usa e nei Paesi occidentali. Due dei responsabili, Saleh al-Somali e Rashid Rauf, come abbiamo detto sarebbero stati ‘freddati’ dai Droni nelle aree tribali al confine tra Pakistan e Afghanistan. Il terzo, Adnan Gulshair el Shukrijumah, è latitante con una taglia di 5 milioni di dollari sulla testa. Nell’inverno del 2008 Shukrijumah avrebbe reclutato Zazi e i suoi complici in uno dei campi di addestramento in Pakistan. Dopo l’uccisione di al-Somali, Shukrijumah ha preso la guida delle operazioni esterne, diventando uno dei nuovi capi di Al Qaeda. I suoi parenti continuano a reclamare la sua innocenza.(8)

Il 36 enne Shukrijumah incarna una nuova elusiva generazione di leader del terrore. Nato in Arabia Saudita, cresce in Florida negli anni Ottanta dove ottiene la cittadinanza americana. Suo padre è un imam e nel 2001 attira l’attenzione degli investigatori dopo aver ricevuto un bonifico di 20.000 dollari dall’ambasciata dell’Arabia Saudita. Gli amici di Shukrijumah lo ricordano come un ragazzo asmatico che con il passare del tempo era diventato sempre più esperto di computer, viaggiando spesso oltreoceano. Ad un certo punto scompare, informando i genitori che è andato a vivere in Marocco, dove si è sposato e avrebbe iniziato a lavorare come insegnante. Da allora non si è saputo più nulla di certo sul suo conto.

Intorno a Shukrijumah sono fiorite imprese leggendarie che puntualmente si rivelano prive di fondamento: arruolato dalle violente gang salvadoregne in Honduras, avvistato mentre cercava di rubare materiale radioattivo dall’università di Hamilton nell’Ontario, in viaggio tra Florida, Giappone e Suriname grazie a una ridda di passaporti falsi che gli permettono di cambiare agilmente nazionalità. Ma è più probabile che il supericercato sia rimasto in Waziristan, uno dei luoghi impervi e più inaccessibili del mondo dove Al Qaeda mantiene i suoi acquartieramenti.

Shukrijumah è una vecchia conoscenza dell’antiterrorismo americano, finito nella lista della “War on Terrorism” già dal 2003. Il giovane sarebbe stato reclutato in Afghanistan prima del 2001 da Khaled Shaikh Mohamed in persona, il “Numero 3” di Al Qaeda. Quando Shaikh Mohamed viene arrestato dalle forze speciali americane, sottoposto a waterboarding nel supercarcere di Guantanamo riconosce in una foto Shukrijumah, dicendo che il suo nome di battaglia è Jafar al-Tayyar, “Jafar il pilota”.

Il 26 maggio del 2004, l’Attorney General John Ashcroft e il Direttore dell’FBI Robert Mueller dichiarano che Shukrijumah è uno dei membri di Al Qaeda che preparano attentati in America. Nella stessa lista ci sono terroristi della prima ora, come Ahmed Ghailani, catturato successivamente in Pakistan, o Fazul Mohammed, accusato di aver preso parte agli attentati contro le ambasciate americane del 1998, ma anche cinque giovani “promesse”, Shukrijumah, Amer el Maati, Aafia Siddiqui, Adam Gadahn e Abderraouf Jdey.(9)

All’epoca i Democratici liquidano la lista di Ashcroft come una trovata per far risalire il Presidente Bush nei sondaggi dopo il “fallimento” della guerra in Iraq. Il New York Times fa notare che il giorno dopo l’intervento dell’Attorney General il Dipartimento della Homeland Security ha precisato che non c’erano rischi per la sicurezza nazionale. Il tempo darà ragione ad Ashcroft e torto ai suoi critici. Nel giugno del 2007, esagerando, il New York Post scrive che Bin Laden ha affidato a Shukrijumah il compito di far scoppiare un numero imprecisato di bombe atomiche in diverse città degli Stati Uniti, simultaneamente.

Fra gli “emergenti” della lista di Ashcroft c’è la ricercatrice del MIT Aafia Siddiqui, una scienziata di origini pakistane specializzata in genetica, che avrebbe incontrato Shukrijumah in un campo di addestramento afghano alla fine degli anni Novanta. Quando viene arrestata dalla polizia di Kabul, il 17 luglio del 2008, dopo anni di latitanza, la 38enne Siddiqui è in possesso di documenti che parlano di esplosivi, armi chimiche, Ebola, di come fabbricare bombe sporche e diffondere agenti radiologici con un potenziale distruttivo di massa. La donna reagisce sparando contro gli agenti ma viene ferita gravemente. Da quel momento sparisce diventando uno dei “prigionieri fantasma” del supercarcere americano di Bagram in Afghanistan. Estradata negli Usa, un tribunale americano la accusa di tentato omicidio, assalto a mano armata, possesso di armi da fuoco, ma non di terrorismo. La madre e le sorelle della Siddiqui sostengono che le autorità americane abbiano torturato la donna.(10)

La Siddiqui ha fornito informazioni contraddittorie sulla sua latitanza dopo l’11 Settembre, raccontando di aver collaborato con i servizi segreti pakistani. I documenti “top secret” diffusi dal sito WikiLeaks confermano le notizie sul suo arresto, riportandone una delle dichiarazioni al processo: “il mio verdetto verrà da Israele, non dall’America”. Secondo la difesa è in una condizione mentale alterata, secondo l’accusa è una persona capace di “mentire e soltanto mentire”.

Nella lista c’era anche il 32enne Adam Yahiye Gadahn, nome di battaglia di Adam Pearlman, più conosciuto dai media occidentali come “Azzam l’americano”, il portavoce ufficiale di Al Qaeda. Risalendo nel suo albero genealogico troviamo un padre musicista e figlio dei fiori e un nonno che sedeva nel board della Anti-Defamation League. Lui evidentemente ha preso un’altra strada, convertendosi all’Islam e raggiungendo il Pakistan alla fine degli anni Novanta, dove fa “il giornalista” e mantiene i contatti con la sua famiglia fino a pochi mesi prima dell’11 Settembre. Ricevuta la benedizione del medico egiziano al-Zawahiri (“Gadahn è una persone sensibile che vuole aiutare il suo popolo a uscire dalle tenebre per vedere la luce”), Azzam entra nella lista dei ricercati dell’FBI.

“I terroristi alimentano la paura e l’intimidazione con una violenza estrema,” ha spiegato un esperto di antiterrorismo parlando di Gadahn, “Vogliono che gli americani vivano nella paura. Il loro scopo è demoralizzarci. Ecco perché per loro è così importante la propaganda, ed ecco perché consideriamo un crimine chi facilita questa propaganda”. Nel marzo del 2010, Azzam si rivolge ai musulmani d’Occidente invitandoli a seguire le orme del maggiore Nidal Malik Hasan, l’ufficiale dell’esercito Usa che ha imbracciato il fucile sparando contro i suoi commilitoni a Fort Hood. Il video in questione si intitola “Una chiamata alle armi”.(11)

 

“NEW AL QAEDA”: LA CATENA DI MONTAGGIO. Questa breve galleria offre un ritratto prevedibilmente fosco della nuova generazione di leader islamisti. Sono giovani educati all’occidentale e conoscono meglio dei loro predecessori le paure dell’America dopo l’11 Settembre. Hanno rafforzato la loro identità islamica convinti come i loro padri che il mondo musulmano sia “oppresso”, ma sanno mimetizzare i loro convincimenti più profondi meglio dei loro predecessori quando si trovano in azione sul suolo nemico, adattandosi ai nostri stili di vita. La capacità che hanno di spostarsi dentro e fuori i Paesi occidentali, sfruttando passaporti e visti d’ingresso per studenti, veri o falsi, li rende difficilmente individuabili. Possiedono infine una grande familiarità con la tecnologia moderna, in particolare i mezzi di comunicazione di massa e Internet,

I nuovi capi di Al Qaeda hanno a disposizione il ‘vivaio’ dell’insorgenza jihadista globale, dalla Thailandia all’Isola di Mindanao, dal Kashmir all’Afghanistan, in Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Yemen, Nord Africa, tutti quei “paradisi perduti” che consento al terrorismo islamico di perpetuarsi. Dopo l’11 Settembre, Osama Bin Laden scrisse che la sua generazione aveva sacrificato la vita, le famiglie e gli agi in nome di Allah. “Oggi il destino della Umma è nelle mani dei giovani musulmani, che ci auguriamo non vengano mai sconfitti”.(12)

Il reclutamento, l’addestramento e la coordinazione (fra operativi,‘facilitatori’ e dirigenti) sono le tre fasi in cui Al Qaeda conduce i suoi attacchi su larga scala. Dirigenti come Shukrijumah scelgono i martiri fra giovani musulmani in grado di parlare regolarmente inglese e che abbiano la cittadinanza nei Paesi occidentali. Li addestrano all’uso delle armi e degli esplosivi nei campi jihadisti, offrendogli sostegno morale e materiale quando devono completare la “missione”. Vale per Zazi, vale per gli attentatori di Manchester, vale per Faisal Shahzad, il jihadista di Times Square che avrebbe ricevuto due pagamenti direttamente dal Pakistan nei mesi precedenti all’attacco.(13)

Il reclutamento può avvenire direttamente su Internet, una buona scorciatoia per bruciare i tempi e raggiungere gli stessi risultati. Il 20enne Zachary Adam Chesser è stato arrestato negli Usa per aver sostenuto le operazioni dei terroristi in Somalia attraverso video e profili multipli su Facebook e Twitter. Il “mentore virtuale” del ragazzo è stato identificato nell’imam Anwar al-Aulaqi, il 39enne di origini americane attualmente in esilio nello Yemen, da dove gestisce il jihad elettronico per conto di Al Qaeda. Al Aulaqi è stato in contatto con i terroristi in Somalia, con il maggiore Nidal Hasan, con il nigeriano del volo Delta. Ha dialogato con Abu Dujana al Khorasani l’uomo che il 30 dicembre del 2009 si è fatto saltare in aria nella base della Cia a Khost, in Afghanistan, uccidendo sette ufficiali dell’Agenzia. Al Khorasani era partito frequentando le chat e i forum jihadisti diventandone uno degli amministratori, prima di passare all’azione.

L’11 Luglio la divisione media di Al Qaeda nella penisola arabica (AQAP) ha pubblicato il primo numero della rivista “Inspire”, da un’idea del cyber-jihadista Samir Khan, conosciuto in Rete con il nick di Inshallahshaheed. La rivista, oscurata dagli hacker del governo americano, era scritta in un buon inglese e usava delle forme idiomatiche e una fraseologia comune alle nuove generazioni di musulmani americani.  

 

GUERRA INFINITA. Gettare uno sguardo sulla nuova leadership di Al Qaeda aiuta a comprendere che l’Occidente corre lo stesso tipo di pericoli di dieci anni fa. Lo scambio di testimone fra vecchi e nuovi boss del terrore conferma la validità di quelle analisi storiche di lungo periodo per cui saremmo in una “Quarta Guerra mondiale”, com’è l’ha definita Norman Podhoretz, di cui non si vede ancora la fine.(14) Parlando davanti ai Veterani americani, il 2 agosto scorso, il Presidente Obama ha confermato che gli Stati Uniti proseguiranno nella battaglia quotidiana, colpendo i paradisi che permettono ad Al Qaeda di tenere in piedi la sua catena di montaggio. Nonostante le oscillazioni strategiche del Presidente, in equilibrio fra un desiderio di pacificazione con i Paesi e i popoli del mondo arabo e musulmano e la necessità di proseguire nella prevenzione del terrorismo; nonostante il nuovo vocabolario usato dalla Casa Bianca non parli più di “War on Terrorism” ma di “Operazioni Oltreoceano”; il Presidente democratico è convinto che non bisogna mollare la presa, soprattutto in Afghanistan e Pakistan, dove secondo il Segretario di Stato Clinton si nasconderebbe ancora Bin Laden.(15) 

Ma l’espressione Infinite Justice, il nome dell’operazione in Afghanistan scelto dall’Amministrazione Bush dopo l’11/9, sembra ancora la definizione più appropriata per definire la campagna militare condotta dagli Stati Uniti e dai loro alleati negli ultimi dieci anni. “Molta gente potrebbe perdere la vita”, disse il Segretario di Stato Rumsfeld il 25 Settembre del 2001, e così è andata.(16) La Global Counterinsurgency rappresenta quindi la fase postuma del conflitti moderni, una mobilitazione bellica permanente che comprende e coinvolge eserciti tradizionali inviati sui fronti di guerra, operazioni di polizia internazionale contro gli “stati-falliti” che concedono asilo ad Al Qaeda, interventi “coperti”, l’uso dei Droni, dell’intelligence finanziaria, delle intercettazioni, e di tutti quei dispositivi legislativi utili a preservare la sicurezza nazionale e a distruggere le attività del nemico.

L’America e i suoi Alleati non potranno sopportare per sempre questo sforzo massiccio, una copertura bellica planetaria: il Presidente Obama ha mantenuto fede alla sua promessa di ritirare le truppe americane dall’Iraq e ha annunciato un progressivo disimpegno dall’Afghanistan, ma al di là di come sono state o verranno condotte le vecchie campagne militari in grande stile, utili a bonificare le paludi del terrorismo, per gli Stati Uniti resta decisivo non tirarsi (mai) indietro nell’altra guerra, “many and small”, come l’ha definita John Arquilla, in cui un manipolo di guerrieri ultra-sofisticati pattuglia il globo per dare la caccia ai terroristi. L’ascesa di questi Globocop è già iniziata: nei “warlogs” di WikiLeaks si parla della famigerata Black Unit, una task force incaricata di decapitare i vertici di Al Qaeda.(17)

“La guerra al Terrore sarà lunga e dura,” disse il Presidente George W. Bush nella National Strategy for Combating Terrorism del 2003, “oggi esistono cellule terroristiche in ogni continente e in dozzine di nazioni, compresa la nostra”. Le cose da allora non sono cambiate. Combattiamo una guerra infinita e qualsiasi ideale di pacificazione si scontra con un nemico che non vuole essere sottomesso.     

NOTE

1. Morgan Spurlock, Where in the World Is Osama Bin Laden, Random House 2009 (Trad. it. Che fine ha fatto Osama Bin Laden, Fandango Libri 2008). L’editoriale di Fareed Zakaria The Jihad Against the Jihadis è apparso su Foreign Policy il 12 febbraio 2010 ed è stato tradotto dal Corriere della Sera il 21 febbraio 2010, con il titolo La sconfitta globale di Osama: l’Islam moderato ha battuto Al Qaeda. A ridosso del fallito attentato di Times Square, il Senatore democratico Charles E. Schumer dichiarava: “Le prove che abbiamo in mano dimostrano con un ampio margine di certezza che si è trattato di un lupo solitario”, in Questions on Early News on Car Bomb, The New York Times, 3 maggio 2010. Il giorno successivo, un articolo apparso sul sito della Heritage Foundation, Times Square Bombing Suspect Unlike to be Lone Wolf, metteva in discussione la versione offerta da Schumer e riportata dal NYT.  

2. “Usa, sventato attacco suicida alla metropolitana di New York”, Sky Tg24, 24 aprile 2010

3. Dei complici di Zazi, uno, il 25enne Adis Medunjanin, un sovrintendente edile di origini bosniache, continua a dichiararsi innocente, negando di essere stato addestrato nei campi di Al Qaeda. L’altro, il 24enne Zarein Ahmedzay, di origini afghane, ha confessato, vedi New Charges in Subway Plot, The Wall Street Journal 7 agosto 2010. 

4. Mohamed Wali Zazi è stato rilasciato nel febbraio scorso su cauzione, dopo che l’FBI lo aveva arrestato accusandolo di aver ‘coperto’ il figlio mentre si riforniva di materiali chimici per l’attentato contro la metropolitana. Mohamed è tornato nella sua casa ad Aurora, in Colorado, dove resta agli arresti domiciliari. Secondo i documenti della corte, il figlio avrebbe comprato acetone ed altri prodotti chimici in un negozio di Aurora e suo padre sarebbe stato a conoscenza di questi movimenti. Da qui l’accusa di complicità nella progettazione dell’attacco. Foreign Policy ha usato la parola “tribolazione” per l’odissea giudiziaria del padre di Zazi, vedi Andrew Lebovich, The LWOT: Britain reveals Gitmo abuses; Brennan hits back at GOP, 12 febbraio 2010.

5. Saleh al-Somali è stato il responsabile delle “Operazioni esterne” di Al Qaeda ed era l’uomo che teneva i contatti fra la leadership centrale dell’organizzazione e il gruppo affiliato Al Shabaab in Somalia. Un missile lanciato da un Drone americano lo ha freddato nel villaggio di Janikhel al confine fra Pakistan e Afghanistan, Predator Strike Kills Somali Jihadist Leader in Pakistan, Foreign Policy, 11 Dicembre 2009. Anche l’altro importante dirigente dell’organizzazione coinvolto nel “grande plot”, Rachid Rauf, sarebbe stato eliminato dai Droni. Rauf in passato era stato accusato di aver organizzato un piano, l’Operazione “Overt”, per far esplodere in volo degli aerei sui cieli inglesi, usando liquidi esplosivi versati nei contenitori per i drink dei passeggeri.

6. L’Operazione “Pathway”, che ha portato all’arresto di Naseer e dei suoi complici, è stata ordinata prematuramente dalle autorità inglesi dopo che un alto ufficiale dell’antiterrorismo si era fatto fotografare mentre entrava a Downing Street portando sottobraccio documenti scottanti sulle indagini, Terror Plot: How Bob Quick’s Blunder forced M15’s hand, Telegraph, 9 aprile 2009. Dopo gli arresti, tutti i sospettati sono stati rilasciati dalla corte, che ha decretato di non avere prove sufficienti per incriminarli. Naseer si è appellato alla Commissione Speciale sulla Immigrazione per evitare di essere riportato in Pakistan, vincendo la causa, ‘Al Qaeda ringleader’ wins appeal against deportation, BBC, 18 maggio 2010. Il governo americano ha chiesto la sua estradizione, ottenendola e arrestandolo nuovamente nel luglio scorso, Al Qaida suspect living in Britain arrested after US extradition request, Guardian 7 luglio 2010. I giudici americani sono convinti che il reclutatore di Naseer in Pakistan sia stato Rachid Rauf.

7. Per l’operazione condotta dalle autorità norvegesi, Terror arrests linked to global plot, msnbc.com, 7 agosto 2010. Il coinvolgimento di un detenuto nelle carceri tedesche negli arresti effettuati a luglio in Norvegia ha provocato una forte discussione in Germania. Le autorità tedesche sono preoccupate dal numero sempre più alto di giovani musulmani che lasciano il Paese per raggiungere le regioni di confine tra Pakistan e Afghanistan con l’obiettivo di addestrarsi nei campi di Al Qaeda o dei Talebani. Uno di loro, Eric Breininger, sarebbe stato ucciso in battaglia dalle truppe pakistane nella remota regione del Waziristan, German Jihadist Killed in Pakistan, Group Claims, Spiegel Online International, 5 marzo 2010. 

8. La taglia sulla testa di Shukrijumah: Seeking Information: Adnan G. El Shukrijumah Secondo la madre del giovane, che vive a Miramar, in Florida, suo figlio è innocente, un “amorevole e caro ragazzo” che non accettava la politica estera americana verso l’Islam, ma questo non ne fa un terrorista. “Non potrebbe uccidere nessuno, è una persona squisita e gentile”, Rantburh 8 agosto 2010

9. Transcript: Ashcroft, Mueller news conference, CNN, 27 maggio 2004

10. il Blog “Dr Aafia Siddiqui – The Prisoner 650” offre un aggiornamento sul processo alla scienziata pakistano-americana. 650 è il numero che le sarebbe stato assegnato  nel carcere militare americano di Bagram in Afghanistan, dov’è stata rinchiusa insieme ai suoi tre figli, come ha scritto nel suo diario (The Enemy Combatant) un altro detenuto della base, Moazzam Begg. Al destino della Siddiqui si è interessato Lord Nazir Ahmed, uno dei rappresentanti della Camera dei Lord inglese, dichiarando di aver ricevuto delle prove sul fatto che la donna sarebbe stata ripetutamene torturata dagli americani, fino a trasformarla, come scrive Begg, in un fantasma che si aggirava disperato nella base (“I called her the ‘Grey Lady’”). Gli avvocati della difesa e alcune organizzazioni dei diritti umani sostengono che una donna della intelligenza della Siddiqui, una studiosa di genetica, non avrebbe mai sparato a degli agenti americani senza sapere a quali conseguenze sarebbe andata in contro. La donna è stata detenuta illegalmente a Bagram insieme ai suoi bambini.

11. Adam Gadahn March 7, 2010. Video with Transcript, Public Intelligence 17 marzo 2010. Nel marzo del 2010, i giornali riportano la notizia che le autorità pakistane hanno arrestato Azzam l’americano, un’informazione che si rivelerà infondata. Sembra quasi paradossale ma l’uomo arrestato al posto del portavoce di Al Qaeda, l’omonimo Abu Yahya Mujahdeen Al-Adam, è un altro americano nativo della Pennsylvania, anche lui finito in Pakistan per raggiungere i campi di addestramento dei Talebani.

12. Osama Bin Laden, Message to Muslim Youth, Markaz al Dawa, 13 dicembre 2001

13. Charlie Szrom, How Al Qaeda Prepares Attacks against The West: What the July 7-8 Rollup Revealed, American Enterprise Institute – Critical Threats, 12 luglio 2010

14. Norman Podhoretz, La quarta Guerra mondiale. Come è incominciata, che cosa significa e perché dobbiamo vincerla, Lindau 2004

15. “We will disrupt, dismantle, and ultimately defeat al Qaeda. And we will give our troops the resources and equipment to get the job done and keep our country safe”, Remarks by the President at Disabled Veterans of America Conference in Atlanta, Georgia, The White House Office of the Press Secretary, 2 agosto 2010.

16. Il nome “Infinite Justice” sarebbe stato cambiato pochi giorni dopo l’attacco all’America, diventando “Enduring Freedom”. L’Amministrazione fece questa scelta dopo essere stata subissata di critiche per i toni da “crociata” usati a ridosso l’11/9.

17. La “Netwar” spiegata da John Arquilla. Sulla Black Unit e le forze speciali americane si veda, più prosaicamente, qualche episodio di “The Unit”, la fiction scritta e diretta dal regista David Mamet.