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C’era una volta un’America totalitaria. C’era una volta un governo a Washington che poteva imporre ai suoi cittadini di lavorare per aziende nazionalizzate e poteva sbattere in galera i “disertori” che osavano abbandonare il loro posto di lavoro. C’era una volta un’America in cui era il governo a fissare i prezzi e a mandare in malora la piccola impresa. C’era una volta New York, una città spenta, in cui la gente faceva la fila per il pane. C’era una volta una stazione ferroviaria in cui la gente aspettava il treno anche per giorni. Non a causa di semplici ritardi, ma perché un esercito allo sbando aveva distrutto un ponte, non sapendo neppure più usare le sue armi più potenti. C’era una volta un piccolo nucleo di resistenti, orgogliosamente americani, riuniti in un rifugio sicuro sulle Montagne Rocciose. Non per combattere, ma per ricreare le basi economiche, legali e morali del Paese.

Questa America, molto più simile all’Urss che non agli Usa, non è mai esistita. Se non nella mente di una scrittrice che dall’Urss era fuggita nel 1924. Questa scrittrice, nata a San Pietroburgo nel 1905, si chiamava Alissa Rosenbaum. In quanto ebrea era nel mirino nazionalisti. In quanto figlia di borghesi iniziò ad essere perseguitata dai comunisti, quando questi presero il potere nel 1917. Finché, una volta laureata, decise di scappare negli Usa, di cui ammirava il cinema e la libertà, cambiando il suo nome in Ayn Rand, per non farsi riconoscere in patria ed evitare rappresaglie ai parenti. Ma una volta arrivata oltre Oceano rimase scioccata dalla diffusione degli stessi ideali socialisti che avevano eliminato ogni libertà nel “suo” Paese d’origine. E così diede vita a un filone letterario per spiegare agli americani cosa volesse dire perdere la propria indipendenza individuale per sottomettersi allo Stato. Lo inaugurò con “Noi vivi”, romanzo del 1936, quasi autobiografico, uno dei più lucidi ritratti della vita sotto il regime bolscevico. Poi, dopo il successo immediato ottenuto con la sua prima opera letteraria, si diede subito alla fantascienza distopica (utopia negativa), con una novella, Anthem (“Antifona”, Liberilibri, Macerata 2003) in cui, in poche pagine, spiegava la sua teoria sul regresso totalitario. Il totalitarismo non può produrre progresso, ma, controllando in modo centralizzato le menti dei suoi sudditi, spinge, inevitabilmente ad un ritorno a uno stadio di sviluppo primitivo, sotto tutti i punti di vista, tecnologico, sociale, politico, filosofico. Nel 1942, con la pubblicazione del suo primo romanzo best-seller, “La fonte meravigliosa”, storia di un architetto che non vuole scendere a compromessi con nessuno, Ayn Rand scelse il suo genere di riferimento: il romanzo filosofico. I suoi personaggi, i loro dialoghi e le loro azioni sono tutti funzionali alla spiegazione (fin troppo didascalica, secondo i critici) di una nuova filosofia individualista radicale che Ayn Rand sta partorendo. Visto il grande successo de “La fonte meravigliosa”, da cui venne tratto anche un film hollywoodiano diretto da King Vidor, con Gary Cooper e Patricia Neal, la Rand decise di esprimersi ancora più esplicitamente con l’opera della sua vita. Dopo dodici anni di lavoro, nel 1957 esce nelle librerie americane “La rivolta di Atlante”, romanzo che ipotizza il lento declino degli Stati Uniti verso un regime totalitario. Non in seguito ad un golpe, non per conquista militare straniera, ma per un’egemonia culturale collettivista, che finisce per condizionare sia gli imprenditori che i politici. Sono gli intellettuali i veri motori del Paese e la Rand, con i suoi romanzi e con un suo primo circolo cerca di opporre una sua resistenza culturale a un’egemonia progressista ormai dilagante. Nel romanzo “La rivolta di Atlante”, i cui scenari sono rievocati all’inizio di questo articolo, questo piccolo nucleo di pensatori, scienziati e imprenditori resistenti è rappresentato da John Galt (inventore di una nuova fonte di energia) e da un gruppo sempre più nutrito di grandi menti del Paese decise a non collaborare con il nuovo regime. La loro non è una resistenza armata, ma un ritiro in un rifugio sicuro, dove vivere e fondare una nazione a sé. E’ uno “sciopero delle menti” che accelera il collasso di un Paese ormai assoggettato a un regime totalitario.

La Rand ha lasciato il segno anche in Italia. Forse pochi sanno che il primo film tratto dai suoi romanzi è italiano: la trasposizione cinematografica di “Noi vivi” è “Addio Kira”, del 1942, di Goffredo Alessandrini con Alida Valli e Rossano Brazzi. Allora serviva come propaganda anti-sovietica (si era nel pieno della campagna di Russia), non certo per diffondere una filosofia individualista invisa al fascismo. In quanto film anti-comunista fu poi maledetta dalla cultura di sinistra italiana. Giovannino Guareschi, in un suo pezzo di costume del 1948, descrive la scenetta (abbastanza diffusa allora) dei militanti comunisti che entravano nei cinema in cui veniva proiettato per tirare i pomodori sullo schermo.

Se l’opera della Rand, pur avendo appena sfiorato il nostro Paese, già suscitava passioni così forti, in America l’effetto fu infinitamente maggiore. “La rivolta di Atlante” ispirò una generazione di giovani libertari e conservatori negli anni ’60. Si può ben affermare che il moderno libertarismo e gran parte del movimento conservatore contemporaneo siano stati ispirati all’opera di fanta-economia randiana. Ma Ayn Rand, che sperava di far nascere un movimento culturale di massa dalle sue idee, ha fallito la missione. La sua filosofia, l’Oggettivismo (nome ideato dalla Rand per contrapporlo a Idealismo ed Esistenzialismo) è rimasta una curiosità per pochi studiosi e appassionati. L’Oggettivismo, la cui diffusione era il vero e unico scopo dei romanzi della Rand, è una filosofia completa. La sua metafisica è la realtà: l’esistenza esiste, anche al di fuori dei nostri sensi. Quel che noi percepiamo come realtà non è un prodotto della nostra mente, ma c’è, indipendentemente dalla nostra capacità di percepirla. L’epistemologia è fondata sulla ragione: la mente è il mezzo con cui l’uomo impara a conoscere, catalogare e concettualizzare la realtà. La ragione esclude la fede e domina l’istinto: l’Oggettivismo è una filosofia perfettamente atea, senza compromessi. L’uomo nel suo percorso di apprendimento ed esplorazione della realtà è sostanzialmente solo. Solo l’individuo pensa e prende decisioni. Solo all’individuo e non alla collettività, vanno garantiti diritti che proteggono la sua vita e le sue proprietà da aggressori esterni. L’individuo ha il diritto (e il dovere morale) di perseguire i suoi interessi, ai fini della sua stessa sopravvivenza. L’etica oggettivista, non solo non condanna, ma elogia l’egoismo. La politica oggettivista è esplicitamente favorevole al libero mercato e alla riduzione ai minimi termini dello Stato. Il capitalismo è l’unico sistema in cui gli individui non si rapportano fra loro come padroni e schiavi, ma come mercanti intenti a scambiare.

Questa filosofia, in America, è rimasta di nicchia. Solo oggi, sull’onda della protesta del Tea Party sembra rinascere. I riferimenti alla “Rivolta di Atlante” si moltiplicano nei manifesti e negli slogan dei tea partiers. Una filosofia che è nata per opporsi a un’egemonia culturale collettivista, torna ad essere forte, apprezzata e diffusa, in un’epoca di protesta contro l’amministrazione Obama, la più collettivista e statalista fra le amministrazioni della storia recente americana.

 

Vedi anche: “La rivolta contro il Big Government: Ayn Rand e il Tea Party – Intervista a David Kelley”