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Il 17 marzo 2011 è stato dichiarato giorno di festa nazionale per ricordare il Centocinquantennale dell’Unità d’Italia, ma negli ultimi giorni si è aperto un dibattito sull’opportunità di celebrare o meno questa ricorrenza, prevista solo per quest’anno. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha aperto le danze dicendo che ci sono sempre conseguenze economiche quando si tolgono dei giorni lavorativi; i leghisti hanno preso la palla al balzo per rinfocolare la polemica sul Nord produttivo contrapposto al Sud che si lamenta. Non è mancata la solita lezioncina retorica sulla inderogabile necessità di celebrazioni come questa. Crediamo che forse ci costerà qualche frazione di Pil in meno, e un po’ di retorica in più, ma questo 17 marzo è importante per riflettere sulla nostra identità. Pubblichiamo una raccolta di articoli ed interventi apparsi su l’Occidentale, il quotidiano on line della Fondazione Magna Carta, e sulla stampa italiana.

Evviva la festa del 17 marzo, con un po’ di pil in meno e tanta retorica in più, di Antonio Mambrino. Il 17 marzo 2011, festa nazionale dell’Unità d’Italia, sta diventando l’ennesimo capitolo di quello psicodramma nazionale che il Paese vive ormai da un paio di decenni. Tutte le feste nazionali sono per loro intima natura, retoriche, rituali e sostanzialmente inutili. Ed allora che facciamo: le aboliamo tutte?

Se il 17 marzo lo pagano le imprese è meglio festeggiare lavorando, di Daniele Cirioli. Vista la polemica che sta montando sulla festa del 17 marzo per la ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia occorre chiedersi se quel giorno sia meglio festeggiare (penalizzando le imprese) o lavorare (penalizzando le commemorazioni unitarie). Ci sarebbe una terza via, che ha un po’ il sapore del paradosso. Festeggiare lavorando…

Le ragioni del 17 marzo, di Beniamino Caravita di Toritto. La celebrazione dei 150 anni di unità italiana è avvenuta finora in sordina, relegata in ambienti culturali più volti al passato che al futuro, con uno scarso appeal sull’opinione pubblica. E tuttavia è giusto celebrare questo “tondo” e significativo anniversario dell’unità. Leggi il testo in pdf. (Tratto da Federalismi.it)  

Perché un liberale risorgimentista nutre perplessità sulla festa del 17 marzo, di Dino Cofrancesco. L’amico e collega Giovanni Belardelli, una delle migliori firme del ‘Corriere della Sera’, si lamenta, sulle colonne del quotidiano di Via Solferino, degli imprenditori italiani, in primis Emma Marcegaglia, che trascurano l’unità d’Italia e non intendono rinunciare per essa a una giornata di lavoro (il 17 marzo). Capisco la critica e l’amarezza ma non riesco a condividerle.

Una debole appartenenzadi Giovanni Belardelli. Nessuno pretende che il 17 marzo miracolosamente rafforzi, e in maniera definitiva, l’identità italiana con un inno cantato per una volta in più. Nessuno crede che i fuochi d’artificio a fine giornata possano davvero far esplodere un forte sentimento di appartenenza nazionale in anime secolarmente divise. Ma il punto è: esiste una nazione, si può parlare insomma di Stato, quando si pensa che i 150 anni dalla nascita del nostro paese non meritino neanche una festa? (Tratto da Corriere.it)