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Ho utilizzato più volte il termine “c’è bisogno” e ho scritto della tumultuosa e impetuosa rivoluzione egiziana del 25 gennaio. Oggi, la rivoluzione del 25 gennaio ha fatto cadere Hosni Mubarak e i simboli del suo regime, ma rimangono sospesi ancora molti altri “c’è bisogno”.

C’è bisogno che gli attori della rivoluzione continuino a monitorare gli eventi, mantenendo alto lo slogan del momento con cui i giovani hanno riempito il cielo di piazza Tahrir: “civile… civile…”, sottintendendo “stato civile” e opponendosi allo slogan tipico degli islamisti “islamico… islamico”, ovvero “stato islamico”.

Bisogna che il mondo conosca la verità e l’imponenza della rivoluzione del 25 gennaio, che è stata decine di volte più grande di tutte le rivoluzioni che hanno rovesciato i regimi comunisti dell’ex Europa dell’Est. La rivoluzione egiziana del 25 gennaio infatti ha un’evoluzione che può essere paragonata a quella della rivoluzione francese e quello della rivoluzione bolscevica, ma le supera per il suo carattere totalmente pacifico nei confronti di un folle tiranno che ha ordinato al terzo esercito egiziano di occupare piazza Tahrir con armi pesanti e schiacciare tutto ciò e chiunque incontrasse sulla sua strada!

Bisogna che il mondo conosca la verità sulla tirannia e sulla dittatura di Hosni Mubarak, l’uomo dalla modesta istruzione, conoscenza e cultura che una coincidenza storica ha reso presidente dell’Egitto.

Bisogna che venga fatta luce sui casi di corruzione di quest’epoca (1981-2011), cosicché il popolo e il mondo intero sappiano che un regime assoluto conduce irreparabilmente alla corruzione assoluta.

C’è bisogno di redigere una nuova costituzione (“seria” nel vero senso del termine “nuova”) che rispecchi i desideri dei figli e delle figlie di questa rivoluzione, la più imponente tra le rivoluzioni.

Bisogna che la nuova costituzione dell’Egitto ponga rimedio a tutti i difetti e soprattutto alle lacune presenti nella costituzione del 1971, che conferiva al presidente ampi e illimitati poteri.

Bisogna abrogare la legge d’emergenza.

Bisogna smettere di processare i civili dinanzi ai tribunali militari.

Bisogna cambiare la “dottrina della polizia egiziana”, quella polizia che spadroneggiava sul popolo ed era asservita al regime, in favore di una nuova dottrina il cui perno sia il “servizio del popolo”, in modo assoluto, ponendo fine a tutte le forme di minaccia verbale e fisica nei confronti dei cittadini.

C’è bisogno di avviare una rivoluzione nel sistema educativo, cosicché divenga il motore trainante che conduca l’Egitto a raggiungere le mete agognate e sognate.

Bisogna rivedere l’intero corrotto sistema dei media, che ha raggiunto il suo massimo livello di decadenza sotto l’ultimo ministro Anas al-Fiqi, che ha definito i ragazzi della rivoluzione del 25 gennaio un “mucchio di gentaglia ribelle”.

Bisogna smascherare l’alleanza tra il potere e il patrimonio accumulato dal figlio minore dell’ex presidente, Gamal Mubarak, e gettare le basi affinché questa esperienza che rappresenta uno dei crimini maggiori del passato regime e che ha reso possibile un livello sproporzionato di corruzione non possa più ripetersi.

Bisogna potenziare e rafforzare le associazioni e le organizzazioni della società civile in modo che diventino strumenti di un controllo solido e istituzionalizzato. Bisogna accettare la partecipazione degli islamisti nella vita politica, in quanto rappresentano una parte della società egiziana la cui presenza non può essere ignorata, a condizione che tale partecipazione sia conforme alle norme costituzionali e legislative; non sarà tollerata alcuna deviazione dai fondamenti, dai pilastri e dai principi dello stato civile.

Bisogna che le élites intellettuali evidenzino il più grande successo della rivoluzione del 25 gennaio, ovvero la “rottura e la demolizione del muro della paura”, che ha tenuto lontani gli egiziani dalla partecipazione attiva nella pianificazione del futuro della loro nazione.

Bisogna infine che gli intellettuali e gli studiosi scompongano e analizzino l’atteggiamento negativo che ha prevalso fino al giorno in cui i giovani egiziani hanno frantumato il gigantesco muro della paura, il 25 gennaio, e illustrino il motivo per cui questa rivoluzione ha sbalordito il mondo, perché si è trattato di una rivoluzione che non è partita né dai bassifondi né dai gruppi religiosi, ma è nata dai figli e dalle figlie della classe media istruiti all’insegna della modernità.

Tratto da www.ahewar.org

Traduzione Bernard Selwan El Khoury