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Sembra che un pensiero eretico e non conformista serpeggi da alcuni anni nella patria della cultura laica e illuminista europea riscuotendo anche un significativo seguito. La Francia infatti continua a partorire provocazioni sconvolgenti sullo stato della nostra civiltà. Il libro di Michel Onfray “Décadence” in uscita in questi giorni Oltralpe per le edizioni Flammarion è solo l’ultimo esempio di un nuovo genere letterario che interroga, senza fare sconti, sulle grandi questioni eluse dal mainstream politicamente corretto: la crisi della democrazia, l’immigrazione e l’islam, l’eclisse culturale e demografica dell’umanità europea.

Due anni fa era stato Michel Houellebecq con il suo romanzo “Soumission” a immaginare una Francia governata dai Fratelli musulmani, descrivendovi la docile sottomissione delle élites progressiste pronte ad adattarsi al nuovo regime giuridico ispirato ai precetti della legge coranica. Il romanzo uscì proprio in concomitanza con la strage alla sede della redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo generando reazioni contrastanti.

Anni prima lo stesso scalpore aveva fatto Éric Zemmour, ebreo di origini algerine e opinionista de Le Figaro pubblicando il suo “Le suicide français”, un atto d’accusa contro il Sassantotto e i suoi prodotti ideologici, i quali avrebbero castrato la Francia privando gli uomini francesi della loro virilità e condannando il paese all’islamizzazione. E la lista di autori potrebbe continuare. Pierre Manent e Alain Finkielkraut, Fabrice Hadjadj e Pascal Bruckner, pensatori differenti ma tutti contrassegnati dallo stesso destino: essere etichettati come “neo-reazionari” e banditi dai salotti della cultura politicamente corretta, quando non accusati di prestare il fianco al Front national.

Ma Onfray, classe 1959, saggista prolifico, è tutt’altro che il “becero codino” che qualcuno si aspetterebbe: attivista del Maggio francese, apologeta dell’ateismo e critico della globalizzazione da alcuni anni con le sue prese di posizione su utero in affitto, teorie gender e islam ha prodotto un cortocircuito nel paradigma della gauche. Primo firmatario in Francia di un appello per l’abolizione universale della maternità surrogata, nel suo precedente saggio “Pensare l’Islam” (non pubblicato in Francia, ma edito in Italia per i tipi Ponte alle Grazie) Onfray ha mosso una critica durissima all’islamismo, scatenando la polizia di pensiero transalpina che già prese di mira i libri di Oriana Fallaci.

Sembrano lontani i tempi quando l’autore francese, teorico di una filosofia edonista e libertaria, sembrava fare di tutta l’erba un fascio, scrivendo che tutte le religioni portano con sé il germe del fanatismo e della intolleranza. Una idea, quella di Onfray, condivisa con altri alfieri della propaganda anticristiana. Sappiamo come funziona la polemica antireligiosa in mezza Europa: il mondo laico sarebbe assediato da visioni arcaiche e antimoderne, ma gli strali degli ateisti, guarda caso, si concentrano sempre e solo sul cristianesimo, mentre un silenzio assordante e una autocensura dilagante rapiscono gli stessi pensatori quando ci si trova a parlare di Islam.

Nel suo ultimo lavoro, invece, che si annuncia già dal titolo assai pessimista sulle sorti della Francia e dell’Europa, Onfray descrive la civiltà occidentale come coinvolta in un declino irreversibile: tolta di mezzo la fede giudaico-cristiana e soppiantata da una amalgama di consumismo, diritti individuali, esplosione tecnologica, la nostra cultura attraversa un inverno demografico che prelude al suo definitivo congedo dalla storia.

E cosa sostituirà l’occidente ormai sterile? Onfray non sembra avere dubbi: il cristianesimo arranca cercando di inseguire la mentalità dei moderni, nessuno è disposto al sacrificio in nome di un iPhone, invece l’islam con la sua forza demografica non ha alcuna intenzione di lasciarsi assimilare. Su questo punto l’ateologo francese sembra ricalcare addirittura la visione di Samuel Huntington, teorico dello scontro fra le civiltà quale nota dominante della politica internazionale dopo il 1989.

Quello di Onfray, non c’è dubbio, è un prodotto che si fa spazio perché ha a disposizione un grande mercato, soprattutto dopo gli attacchi terroristici sul suolo francese. Tuttavia manifesta anche una istanza più profonda: ci libera dai leitmotiv della correttezza politica e ci permette una presa d’atto della crisi della cornucopia multiculturale e poliamorosa che credevamo sarebbe stato il mondo. Ma se la décadence esiste ed è innegabile, ci si chiede se essa non sia dovuta – come disse autorevolmente qualcuno –  all’apostasia dell’occidente da sé stesso, un odio di sé e della propria eredità dal quale lo stesso Onfray non sembra riuscire ancora ad emanciparsi.

 

da L’Occidentale.it