Secondo un recentissimo sondaggio di Gallup, i millennials americani preferiscono di gran lunga il socialismo al capitalismo. Questo dato è riflesso dalla popolarità,tra i giovanissimi, di figure politiche che si identificano apertamente come socialisti. Bernie Sanders, ad esempio, è visto positivamente dal 57% dei millennials (dato Quinnipac) e lo stesso si potrebbe tranquillamente dire di Alexandra Ocasio Cortex, nuovo astro nascente del Partito Democratico. Una simile tendenza si riscontra anche in Italia con il Movimento 5 Stelle, e cioè un movimento le cui proposte sono socialiste, assistenzialiste e redistributive. Si pensi, ad esempio, al reddito di cittadinanza, il quale sottrae denaro alla collettività sotto forma di una maggiore tassazione indiretta per beneficiare ad una minoranza. Un altro esempio potrebbe essere il taglio per le pensioni giudicate eccessivamente ‘alte’ per aumentare invece le minime. Proprio in virtù di questo genere di promesse, il M5S ha avuto un consenso sorprendente soprattutto tra i giovanissimi tra i 18 ed i 35 anni: il 35% (dato Ipsos riportato dal Sole 24 Ore).
Eppure la preferenza dei miei coetanei per il socialismo nasce più dall’ignoranza piuttosto che da una conoscenza effettiva di questo fenomeno, per due ragioni.
Primo, per quanto i millennials americani e italiani possano fantasticare riguardo ai temi cari al socialismo, come la nazionalizzazione delle industrie e/o la redistribuzione della ricchezza, non hanno mai vissuto sulla propria pelle che cosa comporti avere una politica economica socialista. La mia esperienza in Cina mi ha permesso di vedere tutto ciò. In Cina le grandi industrie, chiamate SOEs (State Owned Enterprises), sono tutte di proprietà statale e sono gestite secondo logiche di partito, e non secondo il libero mercato. Questo comporta che in queste compagnie si acceda e si venga promossi esclusivamente per fedeltà al Partito Comunista Cinese e non per talento, intraprendenza, capacità imprenditoriale o manageriale. Lo stesso dicasi nel caso di tribunali e network televisivi. Inoltre, in Cina l’economia è pianificata: ogni 5 anni viene stilato un piano quinquennale che stabilisce che cosa si debba produrre e a che settore industriale si debba dare la priorità. Dubito fortemente che questo tipo di socialismo, ostile al merito e alle scelte individuali, ma favorevole ad una cieca obbedienza al Partito, sia visto di buon occhio dai miei coetanei quando e se ne siano venuti a conoscenza.
Secondo, quando i millennials vengono interrogati su che cosa sia il socialismo, proprio a causa della loro ignoranza su cosa sia veramente questo fenomeno, danno la seguente risposta. Essi sostengono che socialismo sia uguale alle società dei paesi del nord Europa quali Svezia, Finlandia e Norvegia, come riporta Jonathan Golderbeg nel seguente commentario. Il problema, come giustamente nota Golderbeg, è che questi paesi non sono socialisti — le loro economie non sono pianificate come quella cinese ma al contrario sono organizzate secondo logiche capitalistiche. Inoltre, anche se i millennials credono che le politiche di welfare e favorevoli alla green economy adottate dai paesi nordici siano riconducibili al socialismo, questo non corrisponde a verità. Piuttosto è vero il contrario: tra la Cina e la Finlandia, quale dei due paesi è meno inquinato e più rispettoso all’ambiente? La Finlandia, si dirà. E il motivo di questa risposta risiede nel fatto che è il mercato che regola l’economia finlandese e non una committee in un qualche palazzo governativo che obbliga gli imprenditori a ignorare le politiche ambientali per rispettare il piano quinquennale imposto dal governo, come accade in Cina.
In conclusione: i miei coetanei farebbero meglio a non dichiararsi socialisti prima di aver indagato a fondo di che cosa si tratti. Sono convinto che, una volta fatto ciò, ben pochi si dichiareranno orgogliosamente socialisti. Infatti, la storia dimostra che dovunque sia stato applicato – vedasi Cuba, Venezuela, ex USSR e oggigiorno Cina — il socialismo ha portato almeno una di queste tre cose: miseria, infelicità e privazione della libertà. Forse è anche per questo che, come mostra il sondaggio Gallup citato in precedenza, con l’avanzare dell’età, e l’esperienza delle cose del mondo che questa comporta, coloro che si dichiarano socialisti diminuiscono notevolmente.