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Accolgo di buon grado il consiglio rivolto da Giancarlo Loquenzi, giornalista di Radio1, già direttore di Radio Radicale, a quanti in queste ore hanno pensato di cimentarsi nella scrittura di coccodrilli in ricordo di Massimo Bordin: “Pensate a come li avrebbe letti lui e datevi misura”.

Niente retorica, dunque, che per un gentile irriverente come Massimo sarebbe una specie di oltraggio postumo. Niente intimismi, giacché il dolore, se siamo qui a parlarne, lo diamo per scontato. Niente prosopopea, perché se la morte è per tutti – anche per chi crede – un mistero, ancor più imperscrutabile è il congedo da questo mondo di chi per una vita ha avuto un rapporto conflittuale con la trascendenza.

Fa uno strano effetto pensare che a portarsi via Bordin sia stato un brutto male ai polmoni: quella voce roca così familiarmente caratteristica e l’eterna sigaretta in bocca davano infatti l’impressione che il suo apparato respiratorio vivesse una condizione di caducità permanente e, per questo, inossidabile. Non era evidentemente così, e oggi ci troviamo a rendere l’estremo omaggio a un uomo acuto, intelligente, intellettualmente onesto, capace come pochi altri di leggere la realtà quotidiana e di raccontarla con un tratto tutto suo.

Non sappiamo come Massimo stesse vivendo lo sfregio governativo alla sua Radio Radicale, ma immaginiamo che lo stesse vivendo piuttosto male. E c’è da capirlo.

A tal proposito vorrei dire una cosa a quanti, sul fronte cattolico, menano scandalo per la difesa della storica emittente. C’è addirittura chi stila liste di proscrizione con i nomi di quanti, sempre sul fronte cattolico, hanno aderito alla causa. Ebbene, pannellianamente mi autodenuncio e spiego perché.

E’ arcinota la distanza che separa le mie posizioni in campo bioetico e antropologico da quelle del partito di via di Torre Argentina (che pure nei primi anni del mio impegno politico di gioventù è stato insostituibile palestra di libertà e fantasia). Ma se c’è un luogo dove le mie, le nostre idee trovano sistematicamente spazio e diritto di cittadinanza, quel luogo è Radio Radicale.

Non sono le posizioni a favore dell’eutanasia, dell’aborto, del gender, della maternità surrogata, ad aver bisogno di una tribuna per esprimersi: esse hanno infatti a disposizione la totalità o quasi del mainstream, sempre più asservito a quell’ideologia del post-umano che sta minando le fondamenta della nostra civiltà. E’ la nostra la voce silenziata, l’opinione censurata, l’idea oscurata. Con l’eccezione quasi esclusiva di Radio Radicale, che dà puntualmente conto di ciò che pensiamo e reca nel suo prezioso archivio traccia imperitura di tutto ciò che facciamo e produciamo. Il vero servizio pubblico!

Amici cattolici, per chi ha posizioni come le nostre, che sembrano dare scandalo nella società omologata di oggi, Radio Radicale è uno spazio di libertà irrinunciabile. Se quella voce dovesse spegnersi, i dominatori del pensiero unico avrebbero altri megafoni dai quali parlare. Noi no. E scusate se è poco.

Ciao Massimo.