Vladimir Putin ha proclamato la crescita dei movimenti nazional-populisti in Europa e negli Stati Uniti, vantandosi nel descrivere il liberalismo come una forza ideologica oramai consumata.
Parlando al Cremlino la notte prima del summit del G20 di Osaka in Giappone, il Presidente russo ha dichiarato che “l’ideale liberale” ha “superato il proprio obiettivo iniziale” nel momento in cui la popolazione si è espressa contro l’immigrazione, i confini aperti ed il multiculturalismo.
Il suo congedo del liberalismo – ideologia dominante nell’Occidente sin dalla fine della seconda guerra mondiale – fa rima con le politiche anti-establishment di numerosi leader da Donald Trump a Viktor Orban, come dallo stesso Matteo Salvini in Italia e dal movimento di ribellione della Brexit in Inghilterra.
“ [I liberali] non possono dettare niente a nessuno come hanno cercato di fare nel corso degli ultimi decenni”, ha poi affermato Putin.
Vladimir Putin ha poi etichettato la decisione di Angela Merkel di lasciar entrare un milione di rifugiati in Germania, prevalentemente provenienti dalla terra siriana distrutta dalla guerra, come un “errore cardinale”. Ma ha lodato Trump per il suo tentativo di fermare il flusso di clandestini e droghe provenienti Messico.“Questo ideale liberale presuppone che non ci sia bisogno di fare nulla. I migranti possono uccidere, saccheggiare e stuprare impunemente perché i loro diritti devono essere tutelati”. Ha aggiunto: “Ogni crimine deve avere una punizione. L’ideale liberale é divenuto obsoleto. É entrato in conflitto con gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione.”
Nel ruolo di governante di fatto della Russia da quasi due decenni, Putin, 66 anni, è stato più volte accusato di aver sostenuto movimenti populisti in altri paesi tramite aiuti finanziari e i social media, in particolare nel corso delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, nel referendum sulla Brexit e nelle recenti elezioni del Parlamento Europeo.
Vladimir Putin ha apertamente negato tali accuse, trascurando le conclusioni del procuratore speciale Robert Mueller nelle quali la Russia venne accusata di aver sistematicamente interferito nelle elezioni presidenziali americane del 2016, definendole “fantomatiche interferenze”.
Per quanto riguarda la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina e le tensioni geopolitiche tra USA e Iran nel Golfo, Putin affermato che la situazione sta diventando “esplosiva”. Il problema, ha aggiunto, è nato dalla volontà unilateralista degli Stati Uniti e dalla mancanza di regole che potessero sorreggere l’ordine mondiale.
Ha poi espresso preoccupazione per una nuova corsa agli armamenti nucleari tra USA e Russia. “La guerra fredda é stata una brutta cosa… ma almeno vi erano delle regole che tutti i soggetti che prendevano parte alle comunicazioni internazionali più o meno sottoscrivevano o cercavano di seguire”.
Putin ha poi ammesso che vi sono stati tentativi e segnali di scongelamento delle relazioni anglo-russe prima dell’incontro di Osaka con Theresa May, nel suo ultimo summit da primo ministro inglese. “Penso che la Russia e l’Inghilterra siano entrambi intenzionati nel ripristinare a pieno le relazioni reciproche”.
Le relazioni tra Londra e Mosca sono rimaste congelate dal tentato assassinio della spia russa Sergei Skripal a Salisbury, Regno Unito.
Il governo inglese incolpa Mosca per l’attacco, ma Putin ha affermato che non ci sono prove a supporto di questa accusa. Il signor Skripal fu condannato dalla corte russa prima di essere rilasciato nell’ambito di uno scambio di spie con l’Inghilterra, ha sottolineato lo stesso Putin.
Il presidente russo ha poi chiarito la sua tolleranza zero verso le spie che tradiscono il proprio Paese. “Il tradimento è il crimine più grave possibile e coloro i quali si macchiano di tale reato devono essere puniti in maniera esemplare. Non sto dicendo che ciò che é avvenuto a Salisbury sia il protocollo da seguire… ma i traditori vanno puniti.”
Negli anni recenti Putin è stato incoraggiato, guidando l’annessione della Crimea, dalle manifestazioni rivoltose pro-Russia in Ucraina orientale e daigli interventi militari in Siria.
Vladimir Putin ha dichiarato che l’intervento in Siria ha fornito alle forze armate russe un’esperienza sul campo di inestimabile valore. Non ha menzionato che questi 7 anni di guerra hanno provocato più di 5 milioni di rifugiati e 500.000 morti.
Ha poi parlato di quanto i leader dell’Occidente liberale non abbiano saputo rassicurare i propri cittadini, abbiano invece perseguito un cieco multiculturalismo, abbracciando, tra le altre cose, la diversità sessuale.
“Non sto cercando di insultare nessuno, perché siamo stati condannati per la nostra presunta omofobia, ma non abbiamo nessun problema con le persone LGBT”.
Poco prima di mezzanotte, Vladimir Putin si è rianimato una volta menzionata la parola “rischio”. Termine che racchiude l’uomo e i suoi 20 anni al potere. Negli ultimi tempi, la Russia si è imbarcata in un crescente numero di scommesse per quanto riguarda la propria politica estera, a partire dall’intervento militare in Siria, l’annessione della Crimea ed il tentativo di intromettersi nelle elezioni presidenziali americane del 2016. Quello del leader russo può essere definito come una fame di rischio che cresce anno dopo anno?
“Non è né aumentato né diminuito. Il rischio deve sempre essere giustificato” ha replicato. “Ma non è sempre cosi, come nel caso della famosa espressione russa: ‘Colui che non si assume rischi, mai berrà champagne’”.
La sua risposta è in classico stile putiniano: elusiva e maliziosa. Ma su una questione il leader russo sembra essere certo di aver fatto la scelta giusta: Siria. “Credo che sia stata una scelta che ha portato risultati buoni e positivi.. Abbiamo ottenuto anche di più di ciò che mi aspettavo.”
Tralasciando l’uccisione di “molte migliaia” di militanti islamici e il consolidamento del regime di Bashar al-Assad, il presidente russo cita la rinascita della Russia come una potenza dalla forte influenza nel Medio Oriente, la sola capace di interagire con tutti gli attori in gioco come Israele, l’Arabia Saudita e l’Iran.
“Oltretutto, vorrei parlare apertamente della mobilitazione delle Forze Armate Russe”, ha aggiunto. “Le nostre forze armate hanno maturato un’esperienza sul campo che non avrebbero ottenuto durante alcuna esercitazione militare in tempo di pace”.
Questo dato di fatto, – che qualcuno potrebbe definire cinico – riassume una guerra civile che perdura da 8 anni, che ha causato la morte di mezzo milione di persone e creato 5.6m di rifugiati e milioni di altri rifugiati costretti ad una dislocazione interna, evidenzia l’autostima di Putin.
Ci troviamo di fronte ad un uomo che crede che la Russia sia di nuovo al centro della scena mondiale e che la storia dalla sua parte.
Dall’annessione della Crimea nel 2014, Putin ha combattuto una forte opposizione internazionale che ha tentato più volte di isolarlo. Ma alla vigilia del summit del G20 di Osaka, Putin sembra aver ritrovato un ruolo centrale nelle tensioni geopolitiche mondiali, soprattutto in un tempo dove il ruolo degli Stati Uniti nel mondo non è mai stato così incerto.
Invertire la bilancia politica
Durante un’intervista di 90 minuti nell’ufficio del Gabinetto del Cremlino, circondati da statue risalenti all’epoca della Russia Imperiale, raffiguranti quattro dei più importanti leader russi, Putin si è lasciato andare ad un colloquio molto intenso che ha toccato ogni angolo della politica contemporanea. Dal degrado delle regole sull’ordine internazionale, la crescita della Cina e la fine dell’ideologia liberale fino a prospettare relazioni migliori tra la sua Russia e l’Inghilterra.
A poche ore dal G20, Putin sottolinea i molteplici rischi alla stabilità globale. Critica l’unilateralismo americano partendo dalla guerra dei dazi contro la Cina e le minacce di un conflitto nel Golfo. “Per dirla francamente, la situazione è decisamente diventata drammatica ed esplosiva”, ha detto. Il leader russo vede uno spostamento nella bilancia del potere politico, dal liberalismo Occidentale al nazional-populismo, quest’ultimo sempre più alimentato da un forte risentimento pubblico nei confronti dell’immigrazione, del multiculturalismo e dei valori secolari a danno della religione.
“Non ci saremo per caso dimenticati di vivere in un mondo basato su valori biblici?” chiede Putin, allontanando la denuncia marxiana che definiva la religione come l’oppio delle masse. Allo stesso modo, nella visione del presidente russo, l’ideologia liberale ha “oltrepassato il suo scopo”.
La frammentazione è ciò che caratterizza il mondo nel 2019. In risposta, Putin si innalza a ruolo di leader di una globalizzazione e unificazione al fianco del suo leale alleato cinese Xi Jinping. Nonostante questo ruolo sembri difficile da raggiungere per i due leader, gli indizi di allontanamento dalla scena mondiale da parte dell’America di Donald Trump e del suo mantra: “America First”, sembrano dare qualche chance in più.
Le tensioni commerciali tra Trump e la Cina, accompagnati dalla politica delle sanzioni contro la Russa (capeggiata dagli USA), hanno reso Mosca e Bijing molto più vicine. Una volta vicini diffidenti l’uno dell’altro, ora le due potenze Eurasiatiche sembrano aver formato una strategica alleanza basata sugli investimenti energetici, commercio e cooperazione difensiva.
Putin ha incontrato 28 volte Xi Jinping dalla sua elezione nel 2012. La Russia – che possiede ancora pochi amici in Occidente – sta per caso mettendo troppe uova nel paniere della Cina?
“Abbiamo abbastanza uova, ma non ci sono così tanti panieri da poter riempire”, ha risposto. “Noi calcoliamo sempre i potenziali rischi… la Russia e la Cina non stanno direzionando le loro intese contro nessuno.”
Più avanti, il leader russo ringrazia la Cina per la sua “affidabilità e flessibilità, dimostrata sia verso i suoi alleati che verso i suoi oppositori” – un elogio che non estende agli Stati Uniti.
C’é chi crede che un conflitto sia inevitabile tra USA e Cina. Fanno riferimento alla storia con il parallelismo tra una dominante Sparta ed una Atene in ascesa, ovvero la famosa trappola di Tucidide.
Il presidente russo è circospetto a riguardo. “Mi riesce difficile predire se gli Stati Uniti avranno sufficiente pazienza per non assumere decisioni dettate dall’impulsività del momento e per rispettare i propri partners nonostante i motivi di disaccordo.”
Putin si riferisce con parole dure nei confronti degli Stati Uniti, ma si pronuncia sempre in modo attento e cortese nei confronti di Donald Trump, chiamandolo più volte “Donald”, nel corso dell’intervista. “Trump non è un politico di carriera… non mi piacciono alcuni dei suoi metodi quando si devono risolvere i problemi. Ma sapete che cosa penso? Penso che sia una persona di talento. Lui sa molto bene che cosa i suoi elettori si aspettano da lui”.
Putin respinge stancamente le accuse di interferenza orchestrata nella campagna elettorale delle elezioni presidenziali del 2016. Insiste che Trump ha vinto con le sue stesse forze facendo leva su una potente critica dell’anti-establishment e cavalcando l’onda dell’anti-globalizzazione.
“La Russia è stata accusata, e, per quanto possa sembrare strano, lo è ancora tutt’oggi… di presunta interferenza nelle elezioni del 2016. Cosa è successo in realtà? Trump ha visto un cambiamento nella società americana da come i suoi oppositori si sono approcciati a lui”, ha detto.
Trump ha tenuto un atteggiamento di reciproco rispetto nel non criticare direttamente Putin. I due leader hanno previsto un incontro ad Osaka. La domanda è se riusciranno a trovare un accordo, soprattutto in materia di controllo delle armi, dove i trattati risalenti alla guerra fredda – che avevano sostenuto la stabilità nucleare -, si stanno sfaldando.
Gli Stati Uniti, che accusano la Russia di aver infranto l’Intermediate Nuclear Forces Treaty, hanno notificato il proprio ritiro dall’accordo il prossimo 2 agosto nel caso in cui i russi non lo rispettino. Dall’altro lato, la Russia respinge ogni accusa affermando di non aver mai infranto il trattato e accusa a sua volta gli USA di infrangere accordi bilaterali con lo schieramento di artiglieria missilistica in Europa. Allo stesso tempo, un secondo trattato (New Start) limita il numero di testate è vicino alla data di scadenza (fissata per il 2021).
Putin dichiara al Financial Times che Trump ha lasciato intendere in una conversazione che gli Stati Uniti fossero interessati ad estendere la validità del trattato trattato New Start, ma nessuna iniziativa concreta é stata assunta. “Se questo trattato cessasse di esistere, non ci sarà più nessuno strumento per limitare la corsa agli armamenti nucleari. E questo è molto grave.”
Respingere le critiche
Tra le tante scommesse che Putin è accusato di aver fatto, il tentato assassinio del vecchio agente russo Sergei Skripal a Salisbury, UK, si posiziona tra le prime. Anche a 15 mesi dal fatto, Putin reagisce con irritazione sottolineando che è il momento di andare avanti.
“Sentite, tutto questo parlare di spie e contro spie non é degno di serie relazioni tra Stati. Questa storia della spia, come la chiamate, non vale nemmeno cinque rubli russi”.
Mentre l’attacco con largente nervino non ha centrato l’obiettivo di uccidere né Skripal, né la figlia, un membro estraneo agli avvenimenti é morto dopo essere entrato in contatto con una bottiglia di profumo contenente l’agente nervino novichok. Le autorità inglesi hanno riconosciuto che quel veleno fosse di fabbricazione russa.
“La lista di accuse nei confronti di uno e dell’altro potrebbe continuare all’infinito… Dobbiamo soltanto lasciar perdere e fare in modo che ne se occupino gli addetti alla sicurezza”, ha poi affermato Putin.
Lo stesso disdegno parte della critica internazionale viene riservato al sostegno da parte di Putin al leader Maduro in Venezuela, il quale è accusato di aver instaurato una vera a propria dittatura. Putin nega di essere coinvolto direttamente con la presa di potere di Maduro, sostenendo che si tratta di un’ulteriore cospirazione russofobica propagata dall’Occidente. L’unica presenza russa in Venezuela è quella di appaltatori militari a servizio dei mezzi di difesa, poi aggiunge, che ne potrebbero essere mandati in numero ulteriore.
Putin immediatamente fa esempio del rovesciamento del leader libico Gheddafi da parte delle forze dell’Occidente e la conseguente guerra civile: “Allora perché dovremmo fare lo stesso in Venezuela? Vogliamo per caso convertirci in diplomazia bellica? A cosa ci servirebbe? E necessario umiliare i paesi latino americani imponendo le proprie forme di governo o i propri leader dall’esterno?”.
Il leader russo insiste che questa situazione dev’essere risolta dai venezuelani stessi. Per quanto riguarda Guaidò, il leader dell’opposizione venezuelana riconosciuto da numerosi paesi occidentali come il presidente legittimato, Putin ha detto: “Può anche essere meraviglioso e i suoi piani sono buoni. Ma è sufficiente per irrompere in una piazza e proclamarsi presidente?”.
Debolezze domestiche
Una recente insurrezione popolare russa – incoraggiata dall’Occidente – è protagonista degli incubi del presidente Putin.
Avendo assistito in prima linea al collasso del comunismo nell’Europa dell’Est e alla caduta dell’Unione Sovietica, Putin ha per lungo tempo coltivato sospetti nei confronti delle cospirazioni occidentali volte a danneggiare il suo regime. Le rivoluzioni colorate in Georgia e Ucraina, insieme agli interventi militari statunitensi in Iraq e Libia, lo hanno ulteriormente convinto di tali intenzioni maligne.
Per adesso, Putin appare politicamente formidabile. Ma la sua più grande debolezza rimane l’economia, con una pervicace crescita zero e redditi che non fanno che diminuire da anni.
“Il compito più importante da realizzare è cambiare la struttura dell’economia e promuovere una sufficiente crescita di produttività lavorativa attraverso le nuove tecnologie”.
Questo obiettivo è sfuggito per moltissimi anni a un’economia come quella russa, eccessivamente dipendente da gas e petrolio. I cittadini russi si sentono schiacciati sotto l’aumento delle tasse e un aumento dell’età media della pensione, oggetto di grande disapprovazione interna tanto da far scendere l’indice di fiducia di Putin ai minimi storici negli ultimi 13 anni. Invece di aumentare la spesa pubblica, Putin sembra voler costruire un forziere di guerra.
Le riserve internazionali rimangono approssimate intorno ai $500bn, secondo la Banca Centrale russa. “Abbiamo bisogno di creare una rete di protezione che ci permetta di sentirci sicuri… Non pensate che questo denaro stia semplicemente fermo, appoggiato su una mensola. Crea invece una certa garanzia per la stabilità economica della Russia nel medio periodo”.
SI tratta di una costosa politica di assicurazione, che si posiziona nel mezzo di minacce di ulteriori sanzioni da parte degli Stati Uniti contro la Russia, che dal 2014 si trova sempre di più esclusa dai mercati dei titoli occidentali.
Nell’ultima settimana il Comitato per gli Affari Esteri della House of Representatives ha approvato un disegno di legge volto a punire con sanzioni severe chiunque sia coinvolto nella costruzione del gasdotto Nord Stream 2 tra la Germania e la Russia – una mossa che rappresenterebbe un duro colpo contro l’esportazione di energia.
Lezioni storiche
Credendo di essere sempre circondato da potenziali nemici, Putin ha regolarmente prediletto, durante la sua presidenza, metodi piuttosto aggressivi e forti, anziché moderati, e volti a ottenere compromessi in fase di negoziazione. Il suo più grande traguardo, lo ammette, è stato il ripristino del potere della Russia dopo il caotico collasso dell’Unione Sovietica: un evento che descrive come “una delle più grandi tragedie del 20esimo secolo”.
Putin non esprime alcun nostalgia nei confronti del passato comunista della Russia, quando, egli afferma: “la vita era difficile”. La tragedia, ammette, fu la dispersione dei popoli di etnia russa nei nuovi Stati indipendenti succeduti all’USSR.
“25 milioni di persone di origine russa si ritrovarono a dover vivere fuori dalla Repubblica Federale Russa. Ascoltate, non é una tragedia? Fu un’immensa tragedia! E le relazioni familiari? Il lavoro? I viaggi? Non fu altro che un vero disastro”.
Durante i suoi due decenni di presidenza, Putin ha speso sangue e denaro ai fini di rettificare ciò che concepisce come un torto storico ai danni della Russia. Il suo leader più stimato, egli aggiunge, è Pietro I di Russia anche detto “il Grande”. Una bronzea statua del visionario zar è presente sulla scrivania del presidente Putin nel suo ufficio al Cremlino.
Pietro I di Russia creò l’impero russo nel 18esimo secolo con una serie di guerre estere che gli permisero di conquistare dalla Finlandia agli Stati baltici del Nord, fino al Mar Morto al Sud.
Questa è la sfera d’influenza che Putin sente la necessità di proteggere a tutti i costi; ciò spiega la sua ostinata opposizione affinché si limiti l’espansione verso i confini russi dell’Est da parte della NATO.
Su Pietro I di Russia, Putin si è espresso nel seguente modo: “Egli vivrà fino a quando la sua causa sarà viva”. Putin non può ancora sostenere di aver compiuto conquiste del valore di quelle del suo eroe. Né ha mai mostrato segni di aver sviluppato una strategia in merito alla sua successione. La costituzione lo obbliga a lasciare la presidenza nel 2024.
Il 66enne presidente russo parla di aver contemplato la sua successione “fin dagli anni 2000”, ma se ciò dovesse essere vero, si tratta del segreto di stato meglio custodito della sua presidenza e una questione di particolare sensibilità per Putin stesso.
Quando l’orologio ha scoccato l’una di notte, Putin non può resistere dal suo colpo finale, questa volta diretto agli sforzi odierni del Partito Conservatore britannico nel trovare un degno successore al premier in carica Theresa May. Uno dei due contendenti, Boris Johnson oppure Jeremy Blunt, diventerà automaticamente Primo Ministro senza elezioni dirette.
“É diverso da ciò che avete in Inghilterra. Noi siamo un paese democratico”, Putin conclude. “La scelta è sempre fatta dal popolo russo”.
Infatti, Putin ereditò la presidenza russa il 31 dicembre 1999 a seguito delle dimissioni di Boris Yeltsin che lo indicò prematuramente come suo successore prima della fine del suo mandato. Quando ciò gli viene ricordato, Putin alza le spalle: “E quindi?”.
Articolo a cura di Lionel Barber e Henry Foy, pubblicato su Financial Times
(Traduzione di Giulio Formicola e Valentina Rovinalti)