Riportiamo l’intervento di Alfredo Mantovano in occasione del primo seminario dell’Associazione Progetto Culturale, in collaborazione con la Fondazione Magna Carta, dal titolo “Autodeterminazione e salute pubblica – La Biopolitica dopo il Covid”
di Alfredo Mantovano
1. “Ex malo bonum” o, se vi fa più piacere, “non tutti i mali vengono per nuocere”. Potrebbe essere il titolo di queste ns riflessioni. La pandemia è stata, ed è, un male terribile. Proprio per questo sentiamo il dovere di non rendere inutili i costi, umani e di altro tipo, che essa ha fatto e sta facendo pagare. Vale per ogni settore della nostra vita quotidiana: sarebbe interessante riflettere – qualcuno lo ha fatto – su quanto la lezione della pandemia, se la si volesse cogliere, potrebbe modificare la funzionalità delle istituzioni, potrebbe spingere verso una reale semplificazione delle procedura amministrative, o verso il necessario riequilibrio dei rapporti fra governo, parlamento e giurisdizione. Ma parlare di questo farebbe uscire fuori tema, e nel tema vorrei restare, partendo dalle considerazioni di Assuntina. Le quali sottolineano un paradosso: nel momento storico di più accentuata esaltazione della categoria dell’autodeterminazione, il virus costringe a guardarci intorno; e a constatare che non esiste soltanto ciascuno di noi preso singolarmente, frequente portatore di desideri dei quali reclama il riconoscimento come diritti dall’ordinamento, e dei quali reclama la realizzazione concreta dalla scienza.Esistono delle comunità, familiare, di lavoro, territoriale, nazionale, sovranazionale, che impongono di prendere prioritariamente in considerazione la sopravvivenza nostra e di chi ci sta a fianco. Col Covid le necessità della vita hanno avuto la prevalenza – e potrebbero tornare a riaverla – sul resto, perfino su diritti veri, inalienabili, come la libertà di circolazione, la libertà di associarsi, la libertà religiosa, la libertà di impresa.Nel momento in cui questo stato di eccezione – espressione preferibile a situazione di emergenza – si attenua, certamente riprende la graduale fruizione di diritti fondamentali.
2. La domanda da porsi è però: che facciamo, riprendiamo a giocare con quelli che i giuristi trendy definiscono “nuovi diritti”? Quella “classe di diritti” che, secondo le parole del neo-eletto presidente della Corte costituzionale, pronunciate al momento del suo insediamento, “dobbiamo far rispettare” perché “sono richiesti dalla coscienza sociale”? Il pres. Morelli non ha lasciato spazio all’immaginazione, quando, nella stessa circostanza, ha aggiunto che “la Corte (cost.) deve saper leggere la coscienza sociale, e se vede emergere un diritto deve inserirlo subito tra quelli inviolabili da tutelare. A me è capitato con la madre intenzionale, o ancora con il cambio di sesso durante il matrimonio”.Per una singolare coincidenza, Covid-19 ha iniziato a diffondersi da noi poche settimane dopo che la Corte costituzionale aveva fornito un ulteriore saggio della traduzione in diritto di un impulso all’autodeterminazione, con la sentenza n. 242/2019, quella sul c.d. caso Cappato: e di conseguenza ha stabilito la non punibilità per il medico che aiuta al suicidio, in presenza di determinate condizioni. L’onda è lunga perché una recente pronuncia della Corte di assise di Massa ha assolto lo stesso on Cappato in un giudizio similare, andando oltre le condizioni pur sancite dalla Consulta. Queste decisioni, del Giudice delle leggi e di Giudici ordinari, non sono estemporanee: l’autodeterminazione è il fondamento della legge n. 219/2017 sulle dat-disposizioni anticipate di trattamento, ed è stata declinata con riferimento al figlio dalla sentenza n. 162/2014, con cui la Corte cost. ha esteso la fecondazione artificiale di tipo eterologa.La domanda cui siamo chiamati a dare una risposta è se il “primum vivere” che ha connotato la sanità nel pieno della pandemia, al punto da sospendere la gran parte dei trattamenti sanitari, per dare spazio esclusivo a salvare chi era affetto dal virus, oggi debba tornare ad affievolirsi di fronte alla pretesa di caricare il servizio pubblico della soddisfazione di desideri, come quello di avere un figlio anche con seme di altri. La seconda domanda cui rispondere è se il “primum vivere”, che ha portato alla compressione di diritti veri, debba lasciare spazio in prevalenza alla cura dei c.d. “nuovi diritti”.
3. Le risposte dipendono soprattutto da due categorie di soggetti: i medici e i giuristi. I primi non hanno mostrato particolare coraggio nei loro organismi rappresentativi fino ai giorni immediatamente precedenti l’esplosione della pandemia: il 6 febbraio 2020 il Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) ha approvato gli “indirizzi applicativi dell’articolo 17” del Codice deontologico medico a seguito della sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale sul suicidio assistito. Senza che vi fosse alcuna stretta esigenza di intervenire, quel testo ha stabilito “la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”, qualora ricorrano le condizioni previste dalla Consulta per la non punibilità nel giudizio penale del medico che abbia aiutato al suicidio. Non vi era l’esigenza di intervenire perché la sentenza n. 242 non stabiliva per il medico l’obbligo di assecondare l’intenzione suicidiaria, e anzi ricordava che costui continua ad avere come faro esclusivo la propria “coscienza”. E’ uno dei tanti sintomi di una medicina difensiva spinta all’estremo.Un recupero di coraggio dalla classe medica non guasta. Oggi medici e infermieri hanno riacquisito credibilità: fra i pochi rimasti in trincea nel momento in cui la guerra era più intensa, non a caso sono stati esaltati come eroi. Mi auguro che questo credito sia investito per affermare il principio che il medico non fa di mestiere colui che soddisfa i desideri, e se si rifiuta ne paga le conseguenze.
4. I giuristi hanno constatato pure loro che quando la paura si affaccia nella nostra vita, e quindi anche nel mondo del diritto, il diritto sembra eclissarsi. E questo perché la paura è connotata da quella irrazionalità che è antitetica alla razionalità che dovrebbe essere propria del diritto. Ma è questo il momento in cui i giuristi – l’avvocato, il giudice, il docente – non devono scomparire, al contrario hanno il dovere di riprendere a ragionare, e a parlare. Anche, direi soprattutto, nei confronti dell’ordinamento giuridico Covid-19 ha insegnato molto: ha insegnato a rimettere al primo posto la persona e il suo fondamento naturale. Ha mostrato che esiste una gerarchia, e che il criterio da seguire non è, come suggerisce il neo presidente della Corte cost., dare una lettura ideologica alla “coscienza sociale”, e incrementare l’area dei diritti inviolabili attingendo fra desideri senza freni. Covid-19 richiama al “primum vivere”, mentre la Consulta vorrebbe cassare il “deinde” dal “philosophari”. In fondo la scelta non è difficile. Anche qui è sufficiente darsi un po’ di coraggio.