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Primo appuntamento di “PNRR e riforme”, la rubrica dedicata alle riforme connesse al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. CLICCA QUI per leggere tutti gli articoli.

È in attesa della votazione definitiva del Consiglio dei Ministri il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) del Governo Draghi (scaricabile qui), approvato da ambo i rami del Parlamento con larghissima maggioranza (al Senato con 224 voti favorevoli, 16 contrari e 21 astenuti; alla Camera con 442 voti a favore, 19 contrari e 51 astenuti).

L’invio del PNRR a Bruxelles da parte del Governo Draghi è atteso per il corso della settimana, entro la scadenza prevista nel Regolamento UE sul Recovery Plan – peraltro non perentoria – del 30 aprile.

Il Piano, che a Palazzo Chigi definiscono “un intervento epocale”, si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, finanziati attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, lo strumento chiave del NGEU, e ulteriori 30,6 miliardi a valere su un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri dello scorso 15 aprile, per un totale di investimenti previsti di 222,1 miliardi di euro. Il risultato previsto è un aumento del Pil nel 2026 del 3,6 % rispetto allo scenario base tendenziale e un aumento percentuale dell’occupazione, nell’ultimo triennio di riferimento temporale (2024-2026), di 3,6 punti in più.

Il Piano si articola in progetti di investimento, organizzati in sei “Missioni” individuate in linea con i sei Pilastri menzionati dal Regolamento UE sul Recovery Plan, e riforme.

Le riforme

Centro nevralgico del PNRR del Governo Draghi è costituito dall’agenda delle riforme previste per affrontare e riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica e per contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana.

Il Piano individua tre tipologie di interventi di riforma: riforme orizzontali, riforme abilitanti e riforme settoriali.

Le riforme orizzontali si caratterizzano per la loro natura traversale nei confronti di tutte le Missioni del Piano, in quanto destinate a incidere positivamente sulla generale efficienza e competitività del paese, determinando innovazioni di carattere strutturale nell’ordinamento. Le riforme orizzontali individuate nel Piano sono due: quella della Pubblica Amministrazione e quella della Giustizia.

Quanto alla prima, essa si orienta su quattro assi programmatici portanti: 1) snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione dei dipendenti pubblici, favorendo il ricambio generazionale e ponendo particolare attenzione alle professioni del futuro (ad es. digitale e big data); 2) semplificare norme e procedure, al fine di eliminare eccessivi vincoli burocratici e rendere più efficace ed efficiente l’azione amministrativa; 3) allineare conoscenze e capacità organizzative della PA alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna, introducendo maggiori elementi di mobilità verticale e orizzontale e prevedendo interventi di ottimizzazione della capacità formativa della PA; 4) investire nei processi di digitalizzazione, espressamente individuati quali gli strumenti trasversali necessari per la realizzazione del complesso di riforme annunciato.

Per la riforma della Giustizia, tra i fondamentali obiettivi programmatici del Governo si segnalano la riduzione della durata dei processi, l’efficientamento della capacità amministrativa del sistema giudiziario (con l’istituzione, ad esempio, dell’Ufficio del processo per alleggerire il carico degli uffici giudiziari), l’aumento del ricorso a strumenti di risoluzione delle vertenze alternativi al processo, la semplificazione delle forme e dei tempi del processo esecutivo, la maggiore selettività nell’esercizio dell’azione penale e la maggior diffusione del processo telematico.

Elemento di spicco è il cronoprogramma delle riforme indicato nel Piano, caratterizzato da notevole celerità: l’adozione delle leggi delega per la riforma del processo civile, penale e della giustizia tributaria è prevista, infatti, già per la fine dell’anno 2021, mentre l’orizzonte temporale previsto per l’adozione della normativa di attuazione viene individuato nella fine del 2023.

Accanto alle riforme orizzontali, il Piano prevede le c.d. riforme abilitanti: si tratta di interventi di carattere strumentale posti a presidio della corretta attuazione del Piano.

Ruolo fondamentale, in tal senso, viene attribuito alla semplificazione normativa, che assume rilievo, nel testo del Recovery, come obiettivo a cui è necessario dedicare attenzione continua e impegno sistematico e strutturale, al di là, dunque, dei tempi e dei contenuti del Piano stesso. Tra gli interventi di semplificazione più urgenti trovano spazio quelli in materia di contratti pubblici, in materia ambientale, edilizia e urbanistica e in materia di investimenti e interventi nel Mezzogiorno.

Secondo pilastro delle riforme c.d. abilitanti è la promozione della concorrenza: in linea con i desiderata di Bruxelles, il Piano prevede una profonda riforma della concorrenza, intesa come leva di sviluppo economico per il suo ruolo nel perseguire il benessere collettivo. Primo e fondamentale obiettivo del Governo è l’effettiva adozione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, prevista nel nostro ordinamento dal 2009 ma in concreto adottata solo nel 2017.

Sono inoltre previste alcune riforme settoriali, relative alle singole Missioni del Piano, che mirano a introdurre regimi regolatori e procedurali più efficienti nei rispettivi ambiti (a titolo esemplificativo, si segnalano le procedure per l’approvazione di progetti su fonti rinnovabili, la normativa di sicurezza per l’utilizzo dell’idrogeno).

Infine, il Piano menziona alcune riforme di accompagnamento che, seppur non ricomprese nel perimetro d’azione del Recovery in senso stretto, sono destinate ad accompagnarne l’attuazione, concorrendo a realizzarne gli obiettivi primari (ad esempio la riforma fiscale – con la possibile revisione dell’Irpef – e le riforme previste nel Family Act, tra cui l’introduzione dell’Assegno Unico).

Le missioni

Il piano di investimenti del Recovery presentato dal Governo Draghi si articola in 6 categorie di spesa individuate sulla base dei sei Pilastri del NGEU e denominate Missioni, che a loro volta si dividono in 16 Componenti. Le sei Missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.

Sintesi grafica della ripartizione degli investimenti sulla base delle sei categorie di spesa denominate “Missioni”.

Le novità del Piano Draghi

Cosa è cambiato, dunque, rispetto al Recovery Plan ereditato dal Governo Conte bis?

Da un punto di vista della suddivisione della spesa, il Piano del Governo Conte bis prevedeva, su un totale di circa 211 miliardi (di cui 14 non confermati dall’Ue),  il 21,6 % per la Digitalizzazione, il 32 % per la Rivoluzione verde, Il 15,2 % per le Infrastrutture per la mobilità sostenibile, il 12,7 %per l’Istruzione e la ricerca, il 10 % per l’Inclusione sociale e l’8,5 % per la Salute.

Nel PNRR di Mario Draghi, su un totale di 191,5 miliardi dal Recovery, il 22 % va alla Digitalizzazione, il 30 % alla Rivoluzione verde, il 13 % alle Infrastrutture per la mobilità sostenibile, il 17 per cento a Istruzione e ricerca, il 10 % per l’Inclusione sociale e l’8 % alla Salute. Un incremento significativo riguardano le risorse per istruzione e ricerca, portate dal 12,7 % del precedente testo all’attuale 17 %.

A fare la differenza, tuttavia, più che i singoli interventi nella distribuzione delle risorse, è la portata trasformativa connessa alle riforme. Il cambio di prospettiva è evidente: il nuovo testo segna un netto distacco dal precedente nel porre in prima linea le riforme, alle quali viene affidato non solo il compito di facilitare un’allocazione efficiente delle voci di spesa previste nel piano di investimenti, ma, altresì, quello di ridare slancio all’economia incoraggiando gli investimenti privati.

A differenza della versione precedente, nel testo attuale è il piano degli investimenti a porsi come corollario degli interventi di riforma (e non viceversa): il vero valore innovativo del Piano Draghi risiede nel ruolo strumentale che le riforme assumono per realizzare i preposti obiettivi di colmare quanto più possibile il GAP che da vent’anni affligge la produttività italiana rispetto al resto d’Europa e di sbloccare, grazie al superamento di alcuni rilevanti e strutturali difetti di sistema, il vero potenziale di crescita dell’Italia.

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