Domenica scorsa il Guardian ha pubblicato un editoriale in merito al rapporto tra ideologia gender e libertà di espressione. Al centro dell’attenzione del quotidiano britannico è il fenomeno – sin troppo diffuso – che ha visto molte donne nel Regno Unito subire conseguenze negative di vario genere (licenziamento, censura, molestie e persino aggressioni) per avere espresso opinioni critiche sull’ideologia gender che rappresentano, peraltro, la posizione di gran parte del mondo femminista.
Riproponiamo qui la traduzione italiana.
“Qualunque sia la tua opinione su sesso e genere, la libertà di parola è fondamentale”
“La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale e una pietra miliare della democrazia, che non può prosperare se i cittadini non possono esprimere le proprie opinioni e idee senza timore di ritorsioni, censure o sanzioni. Chiunque si definisca un democratico dovrebbe, dunque, preoccuparsi dell’aumento dei casi di donne che, avendo espresso alcune convinzioni femministe che vengono definite come “gender-critical”, sono andate in contro, di conseguenza, a significative sanzioni professionali.
Le opinioni “gender-critical” si riferiscono alla visione secondo cui il sesso di un individuo, che sia maschio o femmina, è biologico e immutabile e non può essere confuso con l’identità di genere di qualcuno, in disparte il fatto che si identifichi come uomo o donna. La convinzione che l’oppressione patriarcale delle donne trovi parziale fondamento sul sesso biologico, non solo sull’espressione sociale del genere, e che le donne abbiano, quindi, il diritto di avere determinati spazi divisi per sesso e di organizzarsi sulla base del sesso biologico se lo desiderano, rappresenta un filone di lunga data del pensiero femminista. Altre femministe non sono d’accordo, credendo che l’identità di genere superi del tutto il sesso biologico.
Entrambe sono prospettive legittime che meritano di essere ascoltate in una società democratica. Entrambe possono essere espresse senza che si trasformino in abusi, molestie e discriminazioni nei confronti delle persone o delle donne trans. Costruire un dialogo attorno a tali diverse prospettive è prerogativa fondamentale per la risoluzione di importanti questioni su come strutturare la società. Tra questi: se è giusto che la legge consenta di fornire spazi e servizi per lo stesso sesso; se i dati ufficiali del governo, come il censimento, dovrebbero registrare sia sesso biologico che l’identità di genere degli individui; se le donne hanno il diritto di richiedere che gli esami medici più intimi o le perquisizioni siano effettuati da una persona di sesso femminile; quali sono le tutele necessarie in relazione al trattamento medico dei bambini con disforia di genere; e se sia legittimo escludere coloro che hanno attraversato la pubertà in quanto maschi dalle competizioni sportive femminili.
Dobbiamo proteggere la dignità e i diritti delle donne trans rispettando la dignità e i diritti di chi nasce donna.
Come società, dobbiamo risolvere la questione di come proteggere la privacy, la dignità e i diritti delle donne trans, rispettando al contempo la privacy, la dignità e i diritti di chi nasce donna.
Ciò nonostante, ci sono stati chiari e significativi tentativi di interferire con la libertà delle donne di esprimere le proprie opinioni poiché “gender-critical”. Maya Forstater ha perso il lavoro a causa delle proteste dei suoi colleghi che si erano lamentati delle opinioni “gender-critical” espresse da sui social media. Le accademiche Rosa Freedman e Jo Phoenix sono state disinvitate dal parlare agli eventi dell’Università dell’Essex a causa delle loro convinzioni di genere e hanno subito violente minacce da parte degli studenti, con ampie e serie conseguenze professionali.
Due settimane fa, la Royal Academy ha annunciato a mezzo milione di follower tramite un post sui social media che non avrebbe più esposto i lavori dell’artista Jess de Wahls a causa delle sue opinioni “transfobiche”, a causa di un post “gender-critical” pubblicato sul suo blog, datato 2019.
Questi sono solo alcuni esempi, ma sono molti di più i casi di donne molestate, punite, censurate – e persino aggredite fisicamente – per le loro opinioni “gender-critical”. Nel frattempo, l’amministratore delegato di Stonewall ha paragonato le convinzioni “gender-critical” all’antisemitismo. Si determina, così, un effetto dissuasivo che induce le donne al silenzio perché temono le conseguenze dell’esprimere le loro convinzioni femministe.
Nelle ultime settimane, c’è stato un cambiamento fortemente atteso nel discorso pubblico, teso a rafforzare il concetto che entrambe le prospettive – “gender-critical” e “sex-critical” – sono legittime opinioni che non possono fornire un giustificativo per molestare o abusare di altri o per incitare all’odio e che non possono essere messe a tacere. Nel caso di Forstater, il Tribunale del lavoro ha statuito che le sue convinzioni “gender-critical” sono “ampiamente condivise”, non “cercano di annientare i diritti delle persone trans” e sono tutelate dalla legge sull’uguaglianza. L’avvocato Akua Reindorf ha effettuato una revisione indipendente per l’Università dell’Essex e ha concluso che il trattamento riservato a Phoenix e Freedman era illegale e che le politiche dell’università hanno travisato la legge sull’uguaglianza a scapito delle donne. E la Royal Academy ha emesso delle scuse ufficiali nei confronti della Wahls, ammettendo di aver tradito il più importante tra i suoi valori fondamentali: la tutela della libertà di espressione.
Per secoli, le società patriarcali hanno cercato di limitare la libertà di espressione delle donne. Per secoli, le donne hanno combattuto i tentativi di limitare i loro diritti umani fondamentali. Non dovrebbe nemmeno essere necessario affermare che le femministe “gender-critical” hanno gli stessi diritti di libertà di parola di tutti gli altri cittadini. In una democrazia, la libertà di parola delle donne non si discute.”
CLICCA QUI per leggere la versione originale.