La tirannia dell’algoritmo
di Francesco Verderami
Nel mondo degli scacchi, l’ultima vittoria dell’uomo sulla macchina risale al 1996. Da allora è cambiato il corso della storia e oggi persino i computer sono stati surclassati, perché a dominare è l’algoritmo. Anni fa una società legata a Google creò Alphazero, un modello di intelligenza artificiale capace di disputare 44 milioni di partite in poche ore. Alphazero è autodidatta e ha stupito gli studiosi del gioco, offrendo soluzioni che hanno sconfessato ogni precedente teoria.
Alphazero ha un “fratello” nel mondo della comunicazione. Da alcuni anni opera sul mercato una società statunitense: si chiama Trishcourt, che ha collaborato alla campagna elettorale di Donald Trump, ha firmato la vittoria di Volodymyr Zelensky in Ucraina e ha provato a entrare anche in Italia. Tre anni fa suoi emissari incontrarono nel nostro Paese alcuni dirigenti del Movimento Cinquestelle e ne predissero la fase di declino. Trishcourt sfrutta un algoritmo che a detta dei suoi esperti renderà inservibili gli strumenti della vecchia politica. Se così fosse, chi potrà mai sfidarlo? In una società connessa come la nostra, l’opinione pubblica si “spoglia” sulla rete e si offre “nuda” agli algoritmi che la studiano e la indirizzano all’acquisto di un vestito, di un’auto, di un liquore. E in un prossimo futuro potrebbero indirizzarla verso un candidato, un partito, una coalizione.
In questo modo a vincere sarebbe chi possiede il miglior modello matematico, capace di farlo affermare a prescindere dal suo carisma, dalle sue capacità e dalle sue competenze. Formalmente la competizione non sarebbe alterata e il doping non potrebbe essere rilevato, perché non sarebbero gli sfidanti ma gli elettori a essere dopati dal codice numerico. Se tutto ciò accadesse, il pendolo della storia tornerebbe a spostarsi verso schemi totalizzanti. Ma mentre un tempo si usava la conoscenza per indottrinare, adesso si sfrutta l’ignoranza per conquistare. Perché i processi di adesione si baserebbero su pochi ed elementari concetti – non importa se falsi, veri o verosimili – proposti sulla rete in modo ossessivo sotto forma di una moderna e più sofisticata pubblicità occulta. Già oggi i social stanno provocando la fine della riflessione e del modello mediatico tradizionale che la stimolava.
Il logaritmo rischierebbe così di trasformarsi in una sorta di nuovo despota, capace di intercettare attraverso i social i gusti dei cittadini, di cui sa tutto: le loro tendenze, le loro ubbie, i loro desideri più reconditi. Questo processo fa sorgere una domanda: a fronte della crisi del sistema democratico occidentale, le istituzioni novecentesche sarebbero capaci di sopportare un simile passaggio rivoluzionario? Se è vero che il logaritmo ha (letteralmente) l’ambizione di scoprire l’anima e di controllarla, cosa ne sarebbe della libera dialettica e della competizione elettorale? Il tema è se ci sia un antidoto a questa deriva. Per ora il dibattito appassiona e divide solo gli studiosi di scienze della decisione. Ma come fa la politica a non interessarsi di un problema che mette a rischio la democrazia?
La riflessione del giornalista Francesco Verderami si inserisce nel dibattito preparatorio del seminario “A Cesare e a Dio” che si svolgerà a Bucine, in provincia di Arezzo, il 2 e il 3 dicembre. In particolare, risponde all’intervento del Presidente della Fondazione, Gaetano Quagliariello, che ha posto dei quesiti centrali per il tema della nuova edizione degli incontri.
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Leggi l'intervento del Presidente Quagliariello
Leggi il contributo al dibattito di Johannes De Jong (Sallux Foundation)
Leggi il contributo al dibattito di Tommaso Labate (Corriere della Sera)
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