Riportiamo di seguito un estratto dell’editoriale di Gaetano Quagliariello pubblicato il 3 ottobre su La Gazzetta del Mezzogiorno
Giorgia Meloni si troverà presto a prendere decisioni politiche importanti, mentre il presidente del Consiglio evoca, per esorcizzarla, l’ipotesi del “governo tecnico”, nonostante questa appaia improbabile.
Certo, “quando la crisi economica globale scala i suoi picchi, in un Paese che ha i fondamentali dell’Italia la possibilità che la situazione sfugga di mano è sempre dietro l’angolo. E ciò indipendentemente dalla composizione del governo in carica,” scrive il presidente della Fondazione Magna Carta, Gaetano Quagliariello, nel suo editoriale apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Ma se l’incertezza resta una costante della vita politica del nostro Paese, tanto più nella difficile congiuntura geopolitica ed economica internazionale, la formazione di qualsiasi governo, anche tecnico, dipende dal sostegno del Parlamento. Ed è “veramente difficile pensare che, dopo quanto accaduto nella scorsa legislatura, forze dell’attuale maggioranza possano permettersi di «aprire» a contributi dell’opposizione. Ancor meno pensabile che Pd o M5 Stelle possano decidere di confondere i loro voti parlamentari con quelli di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia nel sostegno a un nuovo esecutivo. Per questo, è presumibile che, se l’attuale maggioranza dovesse andare in crisi, seppure a causa della sopravvenienza di una emergenza nazionale, l’unica strada praticabile sarebbe il ritorno alle urne: prospettiva che ad oggi non conviene a nessuno,” sottolinea Quagliariello. Considerando il panorama politico del recente passato, dunque, è improbabile che l’attuale maggioranza accolga qualche aiuto proveniente dall’opposizione. Tuttavia, Giorgia Meloni non dorme sonni tranquilli. Il suo principale alleato, Matteo Salvini, l’ha scavalcata a destra, sia nella retorica che nelle alleanze in Europa, riaprendo la sfida dentro quest’area politica. Né Meloni sembra orientata a dirigersi verso il centro, che vive le divisioni e i disaccordi che conosciamo. La premier teme le accuse di incoerenza, ma, appunto, il tempo delle scelte si avvicina. L’ambiguità tra le visite a Lampedusa con von der Leyen e l’asse rinsaldato con la Polonia che strappa sull’Ucraina o le visite in Ungheria dove Orban saluta la vittoria del rossobruno slovacco Fico, non può durare a lungo come strategia politica. E in Europa c’è un’area liberale, popolare, moderata, che aspetta dei segnali precisi sulle politiche economiche e questioni come l’immigrazione. Insomma, Meloni non può restare in mezzo al guado per sempre. “Giorgia Meloni si è formata al tempo della Prima Repubblica. Sa perciò assai bene quali rischi si corrono restando a metà del guado. Attendere i risultati delle elezioni europee per scegliere, potrebbe risultare tardivo. E il prezzo sarebbe pagato più dal Paese che lei rappresenta che dal suo partito. Ma è giunto il momento di dimostrare che – come per ogni statista che si rispetti – anche per lei il Paese conta più del partito”, conclude Quagliariello.
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