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La strada in salita del premierato e quel dialogo necessario alle riforme

Dossier a cura della Fondazione Magna Carta

La strada in salita del premierato e quel dialogo necessario alle riforme

Nel complesso e ancora incompiuto percorso delle riforme in Italia, il Governo Meloni ha scelto di presentare un disegno di legge di riforma costituzionale che tende a spostare l’equilibrio dei poteri verso il cosiddetto premierato elettivo, “la madre di tutte le riforme”, l’ha definita il presidente del Consiglio.

IL PROGETTO DI RIFORMA COSTITUZIONALE

Nelle intenzioni del Governo, l’idea è di fornire al nostro Paese un governo più forte, in grado di durare una legislatura (la durata media dei governi dalla nascita della Repubblica nel 1948 ad oggi è di un anno e mezzo), con un premier eletto che potrebbe essere sfiduciato solo una volta e sostituito con un parlamentare della stessa coalizione politica – la cosiddetta “norma anti-ribaltone”. Nel caso di una nuova sfiducia derivata dalla mancanza di una maggioranza delle Camere, il Presidente della Repubblica scioglierebbe il Parlamento portando il Paese a nuove elezioni. Insomma, caduto il secondo premier, si tornerebbe al voto.

La riforma eliminerebbe la figura dei Senatori a vita, se non per gli ex presidenti della Repubblica, introducendo una unica scheda per votare il premier e i membri del parlamento. La riforma della legge elettorale introdotta nel testo della riforma costituzionale andrebbe verso un sistema maggioritario, con premio di maggioranza al 55% dato su base nazionale alla coalizione che vince le elezioni. Nell’architettura istituzionale prevista dal Governo, la ‘concentrazione della sovranità’ nelle mani del premier si accompagnerebbe al ddl Calderoli sulla autonomia differenziata approvato il 16 marzo scorso in Cdm.

IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Se la riforma non otterrà la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna delle due Camere, ci sarà il referendum confermativo sul premierato elettivo nel 2025. Un sondaggio di Alessandra Ghisleri pubblicato su La Stampa mostra che al momento l’elezione diretta del premier divide l’elettorato: il 39,2% del campione dice di essere favorevole alla riforma, il 38,6% contrario. Il 43,4% del campione invece dà un giudizio positivo sulla possibilità che il Capo dello Stato assegni un secondo incarico solo allo stesso premier eletto dal popolo oppure a un parlamentare eletto dalla maggioranza che attui il programma di governo votato dagli elettori. Numeri non del tutto negativi ma che indicano come il referendum potrebbe rivelarsi una strada in salita per il Governo Meloni. Va detto in ogni caso che, a distanza di due anni dal voto referendario, i sondaggi possono avere al momento una importanza relativa.

IL DIALOGO POSSIBILE

Posto che non ci uniremo al coro di chi accoglie ogni proposta di riforma costituzionale come l’anticamera della dittatura, va detto che la strada intrapresa dall’esecutivo non può che legarsi al dialogo possibile in parlamento e nella società civile. Secondo il ministro delle riforme Elisabetta Casellati il testo della riforma non è blindato, ma “le modifiche devono essere coerenti e l’approccio delle opposizioni non pregiudiziale”. Un’apertura al dialogo che è stata condivisa anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.

Dossier

Con questo dossier in aggiornamento, la Fondazione Magna Carta intende offrire una fotografia sulla discussione in atto rispetto al tema della leadership in politica, sui punti di forza e quelli critici della riforma Meloni, sulle proposte, sulle preoccupazioni e le voci di dissenso che la circondano.

Una delle critiche frequenti alla proposta è che in realtà la riforma non preveda di dare al premier poteri adeguati, qualcosa che invece si sarebbe potuto fare introducendo una qualche forma di cancellierato (Panebianco), rafforzando le prerogative dell’esecutivo senza la necessità dell’elezione diretta ma dando al presidente del consiglio la possibilità di nominare i ministri e, soprattutto, di poter proporre (e ottenere) lo scioglimento del Parlamento così come accade in Gran Bretagna, Germania e Spagna (Pera, Quagliariello, Panebianco, Polito). Alcuni ritengono che i cittadini potrebbero essere arbitri sulla scelta dei governi, anche senza l’elezione diretta, bensì adottando un modello neo-parlamentare (Calderisi). Un’altra strada che si sarebbe potuto percorrere è quella del semipresidenzialismo sul modello della V Repubblica francese rafforzando i poteri del Parlamento (Quagliariello).

Altri punti che non convincono, ma a quanto pare negoziabili per chi condivide lo strumento della elezione diretta, sono il mancato superamento del bicameralismo, la mancanza del ballottaggio, l’assenza del limite dei mandati, l’impossibilità per il premier di nominare e revocare i ministri, oltre al giudizio negativo espresso sulla norma anti-ribaltone (Boschi). La possibilità prevista dal testo di riforma di avere un ‘secondo premier’ incaricato dal Capo dello Stato appare ad alcuni un ulteriore paradosso, per cui, a uscirne rafforzata sarebbe proprio la figura del Capo dello Stato il cui ruolo sarebbe esaltato  più che ridimensionato (Mazzarolli), mentre secondo altri i cambi di maggioranza sarebbero inevitabili, non si stabilizzerebbe il governo e il ruolo del Colle verrebbe drasticamente ridotto (Luciani).

C’è chi giudica lo spirito della riforma positivo perché punta a dare stabilità di governo e mettere in sintonia la volontà del corpo elettorale con le istituzioni rappresentative, il Parlamento e il governo (Frosini, Nicotra), sottolineando la necessità di una riforma nel nostro Paese, pur nella consapevolezza che si tratta di una sfida tutt’altro che semplice per la politica (Violini). Occorre però evitare che quella presentata divenga “la riforma della destra contro la sinistra”. Il che significa cercare un dialogo costruttivo, dentro e fuori il parlamento, con tutti gli interlocutori possibili (Campi).

C’è invece chi attacca la proposta definendola indigeribile, perché trasformerebbe le elezioni in un referendum sul capo del governo impoverendo il dibattito democratico (Olivetti), o peggio, spingendo il paese verso una deriva bonapartista, una sorta di costituzionalismo autoritario, plebiscitario (Urbinati). Il progetto di riforma, secondo alcuni osservatori, sarebbe un modo per rispondere alla crisi della rappresentanza, per altri un modo di affossare la partecipazione politica degli italiani (Formica).

Per quanto riguarda infine la questione della riforma della legge elettorale, essa, per fare da argine alla polarizzazione del sistema politico, dovrebbe prevedere il “doppio turno di collegio, con ballottaggio tra i primi due candidati, se nessuno supera il 50% al primo turno”. Un sistema che spingerebbe i leader che aspirano alla nomina a premier (nomina che spetterebbe al leader al quale sia collegato il maggior numero di eletti) “a presentare candidati che non hanno posizioni estreme, capaci di ottenere i voti degli ‘elettori di mezzo’ (voti che valgono il doppio), e di vincere pertanto il collegio nel ballottaggio”. Sarebbe l’unica strada per “cercare di costruire finalmente un bipolarismo più serio e maturo, basato su un partito liberal-conservatore di qua, e un partito riformista di là” (Calderisi).

Letture

Stefano Ceccanti, No, la formula è irragionevole: i poteri non si prendono da un’elezione diretta, Il Riformista, 21 dicembre 2023

Roberto Gressi, Premierato, i dubbi di Letta inaugurano il «tetris», Corriere della Sera, 2 dicembre 2023

Luca Roberto, Ecco le modifiche al premierato che guardano a sinistra. Schlein che fa?, Il Foglio, 2 dicembre 2023

Giuseppe Alberto Falci, Il premierato designato a stingersi nel cancellierato, Il Quotidiano del Sud, 2 dicembre 2023

Gia. Pul., L’appello degli intellettuali. «Se riforma deve essere che lo sia fino in fondo, Il Dubbio, 2 dicembre 2023

Gaetano Quagliariello, Il premierato non migliora le performance della nostra democrazia, Il Centro, 1 dicembre 2023

Tommaso Labate, La rete (bipartisan) che lavora sottotraccia a una riforma condivisa, Corriere della Sera, 1 dicembre 2023

Antonio Mambrino, Quel maggioritario a doppio turno che serve a Meloni per dare la svolta istituzionale, L’Occidentale, 21 novembre 2023. 

Giovanni Orsina, Perché il premierato di Meloni può essere un antidoto al populismo, La Stampa, 12 novembre 2023.

Angelo Panebianco, Riforme e stabilità: i poteri (reali) dei premier, Corriere della Sera, 5 novembre 2023

Giuseppe Calderisi, Una elezione inutilmente diretta, Civiltà Socialista (apparso in anteprima su l’Occidentale il primo novembre).

Gaetano Quagliariello, L’elezione diretta del Premier? Scelta una via impervia, Gazzetta del Mezzogiorno, 1 novembre 2023

Leggi anche le interviste rilasciate dal presidente Quagliariello al Quotidiano Nazionale e a Panorama.

Antonio Polito, Premierato, i poteri «ingessati» e il premier bis: gli strani squilibri, Corriere della Sera, 4 novembre 2023

Maria Elena Boschi, “No alla norma anti-ribaltone se cambiano voteremo la riforma”, La Stampa, 6 novembre 2023.

Marcello Pera, “Con la riforma del premierato si rischia di favorire i ribaltoni anziché evitarli. Il referendum? Una lotteria”, La Repubblica, 7 novembre 2023. 

Ludovico Mazzarolli, “I poteri del capo dello Stato col premierato si rafforzano”, Il Giornale, 6 novembre 2023.

Tommaso Frosini (intervista), “Col premierato il popolo finalmente ritorna sovrano”, La Verità, 6 novembre 2023

Massimo Luciani, “La norma anti-ribaltoni? Una trovata fallimentare”, La Stampa, 1 novembre.

Nadia Urbinati, La democrazia a testa in giù, l’idea della riforma Meloni è il bonapartismo, 6 novembre 2023

Ida Angela Nicotra, “Il premierato è apprezzabile. Può superare anche il referendum”, La Stampa 3 novembre

Lorenza Violini, Partiti e legge elettorale, i punti deboli di una riforma che ancora non c’è, Il Sussidiario, 1 novembre 2023

Marco Olivetti, “Minestra riscaldata…come andare nella cantina dei nonni e prendere vecchi strumenti. Vi spiego perché”, Notizie, 2 novembre 2023.

Michele Ainis, Un premierato indigeribile. Perché la proposta Casellati non garantisce un governo di legislatura, La Repubblica, 7 settembre 2023.