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Italia, Francia e il rapporto con l’integrazione europea

24 aprile 2024 – Parigi

Italia, Francia e il rapporto con l’integrazione europea

Lunedì sera si è tenuta la presentazione del volume L’Europa e la Sovranità. Riflessioni italo-francesi (1897 – 2023) presso l’Amphithéâtre Chapsal di Parigi. Il dibattito, moderato dal giornalista Fabio Benedetti Valentini (Échos), ha visto la partecipazione di Gaetano Quagliariello (Presidente della Fondazione Magna Carta), Dominique Reynié (Direttore Generale della Fondation pour l’Innovation Politique) e Pierre Sellal (già Rappresentante permanente della Francia presso l’Unione Europea, già Segretario Generale del Ministero degli Affari esteri). La presentazione ha avuto, inoltre, un parterre d’eccezione, registrando la presenza del Professor Giuseppe Sacco, dell’Ambasciatore Alain Le Roy e del diplomatico Philippe Vergne.

Italia, Francia e il rapporto con l’integrazione europea

Durante il dibattito sono emersi alcuni temi di riflessione che sono stati sviluppati dai relatori. Il primo ha riguardato l’idea secondo la quale storicamente Italia e Francia abbiano assunto e mantenuto posizioni distinte in merito al processo di integrazione europea, con Roma sempre molto propensa verso l’approfondimento della cooperazione e Parigi, invece, sempre riottosa. La rappresentazione — molto legata al periodo in cui sulla scena europea era preponderante la figura del Generale de Gaulle — non trova riscontro fattuale, come dimostra il volume L’Europa e la Sovranità. Riflessioni italo-francesi (1897 – 2023). Limitando l’analisi a queste categorie, infatti, si rischia di perdere la complessità che sottende la partecipazione dei due Paesi al percorso eurounitario, e di come i rispettivi “approcci” debbano essere letti in concomitanza delle contingenze storico-politiche delle diverse fasi.

La frammentazione del potere

Il secondo elemento emerso dal dibattito riguarda la premessa ontologica dalla quale nasce l’Unione Europea. Inizialmente, le Comunità erano state create con l’intento di “ridurre” il potere degli Stati al fine di creare degli spazi di cooperazione che non fossero più nella loro esclusiva disponibilità politica. Le Comunità rappresentavano, dunque, un tentativo di “frammentare” il potere per evitare che si concentrasse in un’unica entità. La complessa architettura istituzionale dell’UE è proprio il prodotto di tale approccio. Oggi, invece, sarebbe necessario ragionare in termini completamente opposti, ovvero al fine di dare all’Unione i poteri necessari affinché sia capace di agire (soprattutto verso l’esterno). Questa si presenta come la questione al momento più complessa da risolvere.

Il primato della politica sull’economia

Da tale premessa è scaturito il terzo punto del dibattito. Il processo di integrazione europea, fin dai suoi esordi, si è incentrato su aspetti tecnico-economici, lasciando in secondo piano quelli eminentemente politici. Tale consapevolezza oggi appartiene anche all’antieuropeismo populista che, pur non essendo necessariamente contrario alla moneta unica, si nutre del sentimento di impotenza dell’Europa e ne fa derivare il suo atteggiamento ostile.

Coniugare valori e interessi  

L’ultimo elemento emerso è il rapporto tra l’Europa “dei valori” e l’Europa “degli interessi”. L’Unione ha investito molto sulla promozione e la tutela dei valori, ma molto poco sui propri interessi, intesi come interessi di tutto il popolo europeo quale entità politica autonoma rispetto ai governi. Tale contraddizione emerge chiaramente con riferimento alla vicenda della transizione ecologica, dove l’Unione si è fatta carico, proprio per dare attuazione ai suoi valori, di tutta una serie di obiettivi. Il problema è che tali obiettivi rischiano di non sortire l’effetto auspicato, poiché in contraddizione con altri valori e confliggenti in maniera “evidente” con gli interessi di una larga parte di popolazione. Il problema che si pone, dunque, è quello di trovare un equilibrio tra valori e interessi, a cui si aggiunge, al contempo, la necessità di individuare delle modalità affinché il popolo europeo possa esprimere i propri bisogni, che non automaticamente coincidono con la somma dei diversi interessi nazionali.