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Presentati i risultati dello studio “Per una Primavera demografica”

21 giugno 2024 – Roma

Presentati i risultati dello studio “Per una Primavera demografica” 

Natalità e lavoro: in Italia quasi un giovane su 3 ha paura di mettere al mondo un figlio in mancanza di una rete di supporto pubblica o privata

In Italia quasi un giovane su 3 mostra “una palpabile esitazione” davanti alla scelta di diventare genitore senza la garanzia di una rete di sicurezza collettiva in grado di ridurre le preoccupazioni legate alla dimensione familiare. Questa una delle principali evidenze emerse dalla ricerca “Per una Primavera demografica” da noi realizzata con l’obiettivo di indagare le cause profonde della denatalità e avanzare una serie di proposte per invertire il trend negativo delle nascite.

I risultati dello studio sono stati presentati ieri a Roma, alla presenza della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella; della Sottosegretaria alla economia e alle finanze, Lucia Albano; e del Commissario straordinario Sisma 2016, Guido Castelli.

“Per una Primavera demografica” è la tappa di un percorso che Fondazione Magna Carta intende proseguire nei prossimi anni istituendo l’Osservatorio sulla crisi demografica: uno strumento per condurre indagini sul campo coinvolgendo tutti i soggetti protagonisti di questa tematica.

Struttura e metodologia della ricerca

Alla ricerca ha partecipato un campione di 1072 persone, suddiviso tra giovani (tra i 17 e i 28 anni) e adulti over 29. A questi si aggiungono i rappresentanti di alcune categorie specifiche, in particolare 400 insegnanti, 60 operatori sanitari e 70 psicologi.

Una parte dello studio, dedicata al ruolo che i sistemi di welfare aziendale possono avere nel sostegno alla natalità, è stato realizzato con la collaborazione di JOINTLY, Engineering, WellMakers by BNP-Paribas e Prysmian Group, che rappresentano oltre 30mila dipendenti con quasi 900 sedi operative a livello nazionale. Inoltre, ci si è avvalsi della collaborazione di altre sei aziende[1] che operano nei settori della distribuzione alimentare, della cosmesi e dell’abbigliamento.

Se la prima parte della ricerca ha indagato le motivazioni per cui non si fanno più figli, la seconda ha approfondito le buone pratiche di welfare aziendale che le imprese mettono in campo per favorire la maternità, la paternità, la conciliazione e in generale il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori.

Perché i giovani non fanno figli

Tra le cause per cui non si fanno più figli, le risposte più frequenti date dai Giovani protagonisti dell’indagine (“non voglio un figlio adesso”, “c’è tempo”, “lo faremo quando sarà il momento”) esprimono una logica del rinvio che sposta la scelta genitoriale ad un’età più avanzata.

Le preoccupazioni economiche rappresentano uno dei fattori significativi per cui non si fanno figli, con gli adulti che danno una valutazione più alta (9 su 10) a questa motivazione rispetto ai giovani (6 su 10): non si mettono al mondo figli perché “costano”.

Anche le limitazioni legate alla carriera e al tempo personale determinate dalla nascita di un figlio rappresentano una forte motivazione per non avere figli, riscontrabile in entrambi i gruppi; questo dato sembra indicare un conflitto interiore tra il desiderio di affermazione personale e la scelta della genitorialità. Inoltre, all’interno del campione, le donne adulte valutano in misura maggiore rispetto ai giovani la paura della gravidanza, che ottiene una valutazione di 7,5 su 10, e gli eventuali problemi di salute ad essa correlati.

Tra i motivi per cui si sceglie di non diventare genitori, una valutazione piuttosto alta, pari a 8 su 10 per entrambe le fasce d’età, riguarda il fattore legato ai “convincimenti personali”, un dato significativo che evidenzia come l’attitudine verso la genitorialità sia cambiata in una parte della popolazione giovanile. Ciò che un tempo veniva letto attraverso le lenti della speranza e dell’ottimismo verso il futuro (la decisione di diventare genitori), oggi viene subordinato all’interrogativo sul “cosa viene dopo” avere un figlio.

“Con la ricerca Per una Primavera demografica la Fondazione Magna Carta ha voluto realizzare un’indagine quantitativa e qualitativa sulle cause profonde del calo delle nascite in Italia, evidenziando in particolar modo come alle ragioni economiche e lavorative che ostacolano la scelta di mettere al mondo dei figli si affiancano paure, resistenze e nuove fragilità. Per rispondere a questa sfida, si vuole offrire un nuovo modello di partenariato tra pubblico e privato in cui le istituzioni possano supportare le aziende impegnate in percorsi utili a favorire la natalità e la genitorialità. In virtù di ciò, la Fondazione ha elaborato una serie di proposte ispirate alle buone pratiche aziendali individuate nella ricerca – dagli asili nido diffusi al voucher baby-sitter, dai meccanismi di decontribuzione al credito d’imposta per le aziende che programmano investimenti nella conciliazione – già sottoposte all’attenzione del decisore politico. Ora guardiamo avanti: quest’anno Magna Carta ha deciso di istituire un Osservatorio sulla crisi demografica per continuare a indagarne le cause, valutare politiche pubbliche favorevoli alle imprese e sostenere giovani e famiglie. Ringrazio ancora una volta i nostri partner JOINTLY, WellMakers by BNP Paribas, Engineering e Prysmian, che hanno permesso di realizzare la ricerca Per una Primavera demografica”, Gaetano Quagliariello, Presidente Fondazione Magna Carta.

“È necessaria una politica a lungo termine con la collaborazione di istituzioni, territori e aziende per invertire i dati sul calo delle nascite. L’obiettivo è da un lato dare valore sociale alla maternità e alla paternità e dall’altro incoraggiare quel desiderio di futuro che comunque persiste nei giovani”, Annamaria Parente, Capo-progetto Per una Primavera Demografica e Coordinatrice dell’Area sanità e welfare – Scienza e Persona del Comitato Scientifico di Fondazione Magna Carta.

“Mettere al centro il tema della natalità è fondamentale, perché porta con sé tutte le altre grandi questioni: quella economica, quella sociale, anche quella ambientale”, ha commentato la Ministra Roccella. “Il nostro governo lo ha fatto, non solo dedicando per la prima volta alla demografia un ministero, ma investendo in interventi e risorse e anche nella promozione di un nuovo clima culturale. La denatalità ha infatti cause materiali ma anche immateriali, ed entrambi questi aspetti devono concorrere a un obiettivo: realizzare una società nella quale fare figli sia, e sia percepito, come una opportunità e non come un fattore di penalizzazione. In questa chiave il welfare aziendale e la collaborazione fra pubblico e privato hanno un ruolo essenziale, anche per promuovere una cultura d’impresa pronta per il futuro”.

Il contributo del welfare aziendale e gli strumenti più apprezzati

La seconda parte della ricerca mira a verificare, insieme alle aziende partner, il contributo che le imprese forniscono per incoraggiare specificamente la natalità nel nostro Paese nell’ambito più generale del welfare aziendale e in che modo, tutelando maggiormente la sicurezza economica e il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori, si possa incidere sulla loro scelta di mettere al mondo dei figli.

Dallo smart working ai programmi di assistenza all’infanzia, fino alle diverse forme di assistenza prenatale e postnatale, le iniziative di welfare oggi puntano a mitigare la pressione psicologica dei genitori che lavorano, consentendo loro di conciliare meglio tempo di vita e tempo di lavoro.

  • Lavoro ibrido. Due terzi delle aziende intervistate hanno giudicato l’efficacia dello smart working con un punteggio di 8,5 in una scala di valutazione da 1 a 10. Le opportunità di lavoro a distanza sono state estese per i neogenitori e i dipendenti con figli in età scolare, mentre un terzo delle aziende del campione ha fatto un ulteriore passo in avanti allargando le maglie del lavoro a distanza anche ai genitori con figli adulti.
  • Le politiche di conciliazione. La maggioranza delle aziende intervistate ha attuato programmi per la conciliazione, in particolare quelli legati all’organizzazione del tempo di lavoro, valutandoli con un punteggio medio di efficacia pari a 9 su 10. Un terzo del campione ha valutato 9 su 10 l’efficacia del part-time, mentre sempre un terzo del campione ha valutato con un punteggio di efficacia pari a 7,5 su 10 le misure sulla flessibilità degli orari di lavoro.
  • Le piattaforme di welfare aziendale. Il welfare aziendale riesce a incidere in maniera significativa sul benessere delle famiglie e nelle organizzazioni, tutelando l’occupazione femminile. Ascolto attivo, personalizzazione e digitalizzazione dei servizi sono tre aspetti chiave del cambiamento in atto.
  • Servizi e iniziative in favore della genitorialità. Tra le iniziative prese dalle aziende intervistate vi sono i campi estivi e i soggiorni invernali per i figli dei dipendenti, che hanno ottenuto una valutazione di efficacia pari a 7,5 su 10; corsi e servizi di consulenza su misura per rispondere ad esigenze specifiche dei genitori, che forniscono un valido supporto e una guida su vari aspetti della genitorialità; programmi dedicati all’orientamento scuola-lavoro, che aiutano le famiglie a orientarsi tra l’istruzione e le future aspirazioni di studio dei loro figli.

Negli ultimi sette anni, inoltre, un terzo delle aziende del campione ha organizzato anche corsi specifici per i neogenitori, workshop e programmi educativi a sostegno della genitorialità; l’efficacia di queste iniziative è stata valutata con un punteggio di 7,5 su 10, un dato che attesta l’impatto tangibile delle misure nella fase di transizione alla genitorialità e la sua consonanza con gli obiettivi organizzativi generali dell’impresa.

Da tre anni, una parte delle imprese del campione fornisce unilateralmente servizi di babysitting ai dipendenti, valutando l’efficacia di questa misura 7 su 10. Servizi del genere indicano che il management aziendale è impegnato a trovare soluzioni pratiche per aiutare i genitori nel districarsi fra responsabilità professionali e gli obblighi di cura dei figli.

  • I congedi. Negli ultimi 14 anni l’adozione di diverse forme di congedo si è allargata in maniera significativa. L’accoglienza positiva nei confronti delle politiche di congedo prolungato viene confermata dalla valutazione di efficacia espressa dalle aziende intervistate, pari a 8 su 10. Anche il congedo di paternità è una misura che guadagna rapidamente terreno in ambito aziendale, con una valutazione media di efficacia 8 su 10 che ne conferma ampiamente il successo.
  • Incentivi economici e gender pay gap. Un’altra tendenza che si è consolidata nel corso dell’ultimo decennio è quella di incoraggiare la nascita di un figlio attraverso solidi incentivi economici che spingano i dipendenti a creare una famiglia, ad esempio attraverso l’erogazione di contributi monetari anticipati sul trattamento di fine rapporto per facilitare l’acquisto di una casa o per accendere un mutuo. Negli ultimi 6 anni, ad esempio, sono stati garantiti rimborsi per gli asili nido, valutati con efficacia 7 su 10 da un terzo del campione.
  • Tutela della salute riproduttiva. Le aziende si sono impegnate nel promuovere la salute riproduttiva e la consapevolezza sulla fertilità, offrendo alle dipendenti screening periodici, pacchetti di check-up e servizi specializzati di medicina di genere, attivati principalmente facendo ricorso alla contrattazione di secondo livello e a meccanismi di finanziamento interni. Queste misure sono state valutate positivamente, ottenendo un punteggio di efficacia pari a 7 su 10. Tra le iniziative più apprezzate vi è il counseling relazionale, valutato con efficacia pari a 8 su 10.
  • Supporto all’istruzione e alla formazione. Dal punto di vista della istruzione, le aziende affermano di aver sostenuto i percorsi educativi dei figli dei dipendenti attraverso rimborsi per le tasse scolastiche, per l’acquisto dei libri scolastici, borse di studio, tutoraggio per i compiti a casa, e integrando le spese sopportate dalle famiglie nella prima infanzia. Le borse di studio vengono particolarmente apprezzate: 9 su 10 la valutazione media sulla efficacia della misura, 7,5 quella per la copertura delle spese relative alla prima infanzia e all’assistenza domiciliare.

L’analisi dei dati raccolti evidenzia una tendenza crescente tra le aziende a migliorare il benessere dei dipendenti, mentre il supporto alla natalità emerge come un aspetto significativo nelle politiche di welfare.

La collaborazione pubblico-privato

Ciò che sembra più urgente, perlomeno rispetto agli obiettivi di questa ricerca, è riuscire a combinare in modo produttivo le politiche pubbliche con programmi di welfare aziendale più estesi e innovativi, incentrati non solo su benefici di tipo economico ma su una idea più ampia di benessere della persona, e dunque su servizi diversificati e personalizzabili con ricadute importanti dal punto di vista sociale.

Proposte di policy della Fondazione: linee guida per una politica di sostegno alla natalità

La prima proposta avanzata al decisore politico dalla Fondazione Magna Carta insieme alle aziende partner è quella di valorizzare l’esperienza dei cosiddetti “asili nido diffusi” o “di prossimità”, un modello che mette in relazione aziende, infrastrutture scolastiche private e territorio, per garantire un servizio di assistenza ai dipendenti con figli da 0 a 3 anni. Le aziende, in collaborazione con i professionisti che lavorano nel settore del welfare aziendale, individuano e selezionano le strutture di assistenza all’infanzia in base alla loro convenienza e alla qualità dei servizi offerti, dando priorità a quelle con elevati standard pedagogici e di sicurezza e in grado di creare un ambiente accogliente per i bambini. Sulle strutture selezionate i dipendenti hanno un “diritto di precedenza” rispetto all’apertura delle iscrizioni, con un doppio effetto: ridurre e semplificare i tempi necessari ai genitori per inserire i figli nei nidi e mitigare quei fattori di stress che caratterizzano questo momento delicato della vita familiare. Inoltre, i dipendenti potrebbero godere di tariffe agevolate rispetto ai costi delle rette, finanziate in parte o completamente dalle aziende grazie alla normativa già esistente sul welfare aziendale.

La proposta dei nidi diffusi potrebbe essere ulteriormente potenziata integrandola con un “voucher baby-sitter” fornito dalle aziende alle famiglie dei dipendenti: un numero di ore prestabilito di baby-sitting, a disposizione dei neogenitori in base alle loro esigenze. L’integrazione del voucher con la innovazione tecnologica potrebbe consentire alle aziende di includere nei pacchetti servizi come il “baby-sitting last minute”, fornendo una soluzione preziosa, tempestiva e “di riserva” per i dipendenti alle prese con improvvise emergenze personali o professionali.

Una terza proposta sottoposta dalla Fondazione è stata quella di rafforzare iniziative pubblico/private per abbattere parzialmente o totalmente il costo dei centri estivi (fino a 90 giorni). Si potrebbero prevedere costi differenziati in base al reddito familiare, forme di sponsorizzazione diretta da parte delle aziende attraverso finanziamenti o eventi speciali (inserendo i centri nei programmi aziendali di CSR), o ancora borse di studio ad hoc per i bambini e gli adolescenti più svantaggiati cofinanziate dagli enti locali, oppure attraverso donazioni private e crowdfunding.

Per quanto concerne invece le politiche sul congedo parentale, l’obiettivo dovrebbe essere quello di stabilizzare questa misura, consolidandola rispetto ai provvedimenti presi nell’ultima manovra economica, compatibilmente con le esigenze di bilancio dello Stato, rendendo strutturali gli indennizzi all’80% e portandoli ad almeno 3 mesi (fino al sesto anno di vita del bambino). A fronte di questo, andrebbero previsti forti meccanismi di decontribuzione per le aziende che investono risorse finanziarie interne nel potenziamento delle misure in favore della natalità e della neo-genitorialità.

Anche il credito d’imposta andrebbe esteso quando le aziende dimostrano di saper programmare gli investimenti incrementali o aggiuntivi espressamente finalizzati al sostegno della conciliazione, della natalità e della genitorialità.

Sul versante dello smart working, è di fondamentale importanza non smarrire il valore di una cultura dell’orario di lavoro più agile e flessibile, basata sull’alternanza tra presenza e distanza.

L’appello al mondo delle istituzioni e della politica è di concepire azioni a lungo termine, di sistema, inventare soluzioni nuove, come politiche di bilancio europee nelle quali la demografia sia intesa come un investimento e non solo come un costo. Rafforzare le politiche pubbliche e la collaborazione pubblico/privato, come già sta avvenendo in quest’ultimo periodo, può supportare i giovani e le famiglie nell’affrontare con serenità la scelta genitoriale, senza più avvertire troppe paure.

[1] Le cosiddette ‘aziende non partner’ della ricerca Per una Primavera demografica.