Riportiamo l’intervista rilasciata dal Presidente Quagliariello l’8 luglio 2024.
Quagliariello: «Macron si fa male e aiuta i suoi nemici a vincere»
di Edoardo Sirignano
La vittoria della sinistra unita: «Nessuno immaginava chi si poteva riunire sotto l’egida di Mélenchon. Salta l’egemonia del centro». A dirlo è Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta e grande esperto di storia della Francia.
Osservando il punto di partenza, chi l’ha spuntata oltre le Alpi?
«A mio parere, la sinistra unita. Nessuno immaginava che si poteva riunire sotto l’egida di Melenchon».
I progressisti francesi, però, a differenza di quelli italiani sono riusciti a ritrovarsi…
«In tal senso, sono stati aiutati dal presidente Macron, che agendo in un determinato modo, ha messo in dubbio l’egemonia del centro. Questo si basava su due presupposti. Il primo era l’esistenza di una destra non totalmente legittimata e ciò è stato confermato dal secondo turno. Il secondo presupposto, invece, era la divisione della sinistra. Macron le ha dato una mano a riunirsi. Con quella, che può essere definita la politica delle desistenze, le ha consentito di vincere il ballottaggio, anche a costo di darsi la zappa sui piedi. Il risultato, però, è che l’area moderata non è più egemone, ma subalterna».
Per Le Pen, intanto, si tratta di una debacle, come sostiene qualcuno?
«Se si guardano i numeri, non è stata una sconfitta, mentre lo è dal punto di vista politico. Le Pen, infatti, punta a raggiungere il 51% alle presidenziali del 2027. Questo è il suo grande obiettivo, dettato dalla logica della Quinta Repubblica. Il risultato del secondo turno dimostra che il traguardo è ancora distante».
L’errore è forse non aver sposato un progetto moderato, come in Italia, da tempo, sta facendo Giorgia Meloni?
«In Francia tra la destra repubblicana e quella più estrema c’è un baratro segnato dalla storia e in particolare dalla Resistenza. Nel nostro Paese questa distanza non esiste. In Francia, infatti, anche in sede scientifica, si parla di destra e destra estrema, distinzione che non esiste in Italia».
Palazzo Chigi adesso dovrà tornare a interloquire con Emmanuel?
«Vediamo cosa succederà. Macron non avrà un presidente completamente empatico con lui. L’annuncio delle dimissioni da parte di Attal lo confermano. Questo risultato, poi, nel migliore dei casi, porterà a un governo di coalizione, ma non certamente a una maggioranza chiara. Tra Melenchon e Macron ci sono grandissime differenze, soprattutto per quanto concerne la politica estera. Basti pensare al Medio Oriente, alla Russia e all’Europa».
Quali saranno, dunque, gli sviluppi per quel che riguarda l’esecutivo?
«Ad oggi possiamo solo dire che con questa elezione si è persa una delle caratteristiche della Quinta Repubblica: quella di aver sempre consentito ai cittadini di esprimere, fin dalla sera delle elezioni, un’indicazione chiara sul governo che verrà».
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