Editoriale del Presidente Quagliariello per La Gazzetta del Mezzogiorno – 22 agosto 2024
Le quattro sfide epocali che «segneranno» il futuro del Mezzogiorno
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Il Sud dalla pandemia è uscito meglio del resto del Paese. Ancora oggi si trova in una fase di vitalità economica e la sua ripresa, per questo, non può ritenersi un fenomeno congiunturale. Le stime sul PIL, dopo il rimbalzo post pandemico del 10,7% e la crescita cumulativa del 3,4% tra 2019 e 2023, indicano che nel 2024 il Mezzogiorno non arretrerà. Nel 2023 ha registrato un incremento dell’occupazione del 3,1%, un punto sopra la media nazionale e le sue esportazioni sono aumentate del 14,2% (5,8% nel primo trimestre dell’anno in corso). Fioriscono le PMI innovative (+16,3% nel primo semestre del 2024) e crescono le aziende agrituristiche (+3.8 nel 2023).
Gli investimenti nelle opere pubbliche sono quasi raddoppiati tra 2022 e 2023, passando da 8,7 a 13 miliardi di euro.
La pandemia, dunque, ha fatto da spartiacque. Non è azzardato affermare che il modello di sviluppo settentrionale, centralistico ed efficientistico, alla prova da sforzo, abbia retto meno bene, rispetto alle caratteristiche di una «società calda» e alla proposta di una crescita dolce. Oggi, però, il Sud si trova di fronte a quattro sfide epocali, che determineranno la possibilità o meno di consolidare i risultati conseguiti: la demografia, la geopolitica, l’energia e l’innovazione tecnologica.
Tra queste, la questione demografica, per l’ampiezza delle sue ricadute, è forse la più rilevante. Il Sud un tempo, in fatto di nascite, non temeva rivali. Oggi non è più così. Il calo è in linea con quello del Paese e il fenomeno dello spopolamento colpisce 4 comuni su 5 delle sue aree interne. Va aggiunto, inoltre, il milione di giovani che negli ultimi 10 anni ha lasciato il Mezzogiorno. Nonostante ciò, le regioni meridionali sono quelle con più alta incidenza di Under 35 sul totale della popolazione (18,6% rispetto al 16,9% del Nord) e l’indice del loro spirito imprenditoriale ha raggiunto il 74% (Centro-Nord 70%). Nella gioventù meridionale, insomma, c’è tanta voglia di fare e le indagini qualitative ci dicono anche che resiste un’idea di famiglia composta da genitori con figli, che altrove si va disperdendo.
La posizione geografica, poi, rende il meridione un crocevia strategico per le dinamiche geopolitiche nel Mediterraneo. Secondo il Mediterranean Sustainable Development Index, il Sud Italia si trova al 5° posto nel dominio economico e al 7° nel dominio di innovazione e cultura. La sua economia del mare, con settori in crescita come la cantieristica e l’eolico offshore, è tra le prime del Mediterraneo. Il governo, potenziando gli investimenti per il Piano Mattei (fino ad oggi insufficienti), potrebbe offrirgli la possibilità di divenire la base logistica di Eurosud e di capitalizzare i vantaggi che possono derivare da un sano rapporto con l’Africa.La conversione sostenibile rappresenta l’altra grande opportunità. Già oggi si produce al Sud quasi il 40% dell’energia rinnovabile italiana. Napoli è al terzo posto per aziende green; la Puglia copre una parte consistente del suo fabbisogno grazie alle rinnovabili e il Parco di Beleolico di Taranto è il più grande impianto offshore del Mediterraneo.
I dati più controversi sono quelli che concernono l’innovazione. L’adozione dell’Intelligenza artificiale potrebbe rivoluzionare un settore strategico come il manifatturiero, rendendo più creativa e innovativa l’imprenditoria meridionale. Il numero di imprese che al sud sperimentano l’IA non è lontanissimo dalla media UE, ma solo il 4,7% delle Pmi con meno di 10 dipendenti la utilizza (in Europa l’8%).Il Mezzogiorno, dunque, avrebbe oggi la possibilità di costruire un modello di sviluppo endogeno guidato da nuove generazioni. La combinazione di risorse naturali, posizione strategica, innovazione tecnologica e politiche pubbliche mirate potrebbe trasformarlo in uno dei motori della crescita europea. Le potenzialità non mancano. Per sfruttarle, però, una volta per tutte, deve affrontare i suoi problemi atavici che riguardano, per l’essenziale, il “capitale sociale”. Resta questo il suo vero punto debole. Quello che, tra l’altro, limita anche la possibilità di trarre vantaggio dalle risorse pubbliche, che in questa fase certo non mancano.
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