Editoriale del Presidente Quagliariello per Il Giornale – 25 agosto 2024
A Parigi cercasi premier: i giochi spericolati di Macron
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Non era mai accaduto che un Presidente della V Repubblica, prima di assegnare un incarico di formare il governo, svolgesse consultazioni, e consultazioni così lunghe. Manco si trovasse in Italia o nella Francia della IV Repubblica.
La circostanza è sintomo di una difficoltà politica Macron, dopo il risultato delle elezioni legislative, non sa a quale santo affidarsi. Debbono prenderne atto anche i più riottosi a farlo. In Francia non esiste una maggioranza politica autosufficiente. Per questo il Presidente, prendendo tempo in ogni modo possibile, ha sperato di spaccare «il nuovo fronte popolare». Qualche crepa tra i socialisti, in effetti, negli ultimi giorni si è prodotta. Alcuni si sono detti pronti a fare da soli, prendendo le distanze dal radicalismo di Jean Luc Mélenchon. Altri, però, – e sono la maggioranza – stanno resistendo, per ragioni più tattiche che strategiche. Temono che la partecipazione a un governo con centristi e destra moderata, in prospettiva, possa concedere a Mélenchon un decisivo vantaggio di posizione e, ancor più, possa arrestare la ripresa del partito.
Mélenchon e la Le Pen tengono duro: «non un uomo, non un soldo al governo del Presidente centrista». Almeno in ciò si trovano d’accordo. Puntano sul tanto peggio tanto meglio: se la situazione si incancrenirà, saranno loro ad approfittarne e a giocarsi, al secondo turno, la prossima elezione a Presidente.
In tale situazione, le possibilità di un governo dei tecnici aumentano giorno dopo giorno. Ma-cron è alla disperata ricerca del suo Mario Draghi. Sempre più insistente si fa il nome dell’ex Presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet.
C’è, però, una differenza. Draghi arrivò per gestire il rimbalzo economico post-Covid e impostare l’arrivo dei soldi del Pnrr. Chi governerà la Francia, si troverà a fare i conti con una fase recessiva e la gestione di un debito pubblico che, per la sua composizione, è più insidioso di quello italiano. Più che a Draghi, dovrebbe ispirarsi a Monti. E poi, anche un governo dei tecnici ha bisogno di una maggioranza, «introvabile» nell’attuale Parlamento.
Macron, per rendere la prospettiva di appoggiare il suo esecutivo qualcosa di differente da un suicidio annunciato, pare stia pensando a delle modifiche istituzionali. Una, in particolare: cambiare il sistema elettorale e introdurre la proporzionale in luogo del sistema a doppio tur-no. Nel suo programma c’è un accenno in tal senso, anche se ci si riferisce solo ad una quota del 15%. Le contingenze odierne, però, sembrano spingerlo ad andare oltre il proposito originario, per giungere alla proporzionalizzazione assoluta del sistema. A tal fine, è persino possibile che il Presidente convochi i francesi ad esprimersi attraverso un referendum.
La V Repubblica ne uscirebbe stravolta. Anche perché Macron non pare abbia voglia di accompagnare il processo di «parlamentarizzazione forzata» con una revisione dei suoi poteri. Non ha alcuna intenzione di rinunziare ad essere, anche in quest’ultimo scorcio di quinquennato, l’erede dei grandi monarchi repubblicani che hanno segnato la storia politica della Repubblica francese nella prima fase del nuovo regime. Egli, anche per questo, ha rotto con l’attuale Presidente del Consiglio Gabriel Attal, l’enfant prodige che fino a pochissimo tempo fa sembrava anche essere il suo delfino.
Giochi spericolati, insomma. La logica stessa della V Repubblica e il suo equilibrio interno rischiano di uscirne compromessi, perché, un sistema che prevede l’elezione diretta del vertice dell’esecutivo (il Presidente della V Repubblica nei fatti lo è) non può convivere con un sistema che trova nella proporzionale la sua logica intrinseca. I modelli istituzionali classici possono essere modificati e persino re-visionati, ma non stravolti. Quando si abbandona questa regola, si sa dove s’inizia, non dove si finisce: oggi in Francia, domani in Italia.
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