A cura di Gaetano Quagliariello
Il “caso Sapienza” e la lezione di verità di Benedetto XVI
Con l’allocuzione di Bendetto XVI per l’incontro con l’università degli studi di Roma “La Sapienza”
Se essere “più papista del Papa” significa ritenere che nei principi del Cristianesimo affonda la parte più importante delle nostre radici; che la manipolazione dell’uomo non può spingersi fino a pianificare la nascita e la morte degli individuale e il loro patrimonio genetico; che creare le condizioni affinché al Pontefice sia impedito di parlare in una università è più grave che negare la parola ad un’autorità politica o religiosa espressione di un’altra cultura o di un’altra civiltà; ebbene sì, allora la definizione coniata da Paolo Flores du “MicroMega” mi appartiene.
Il riferimento è assolutamente intenzionale. Questo volume, infatti, raccoglie le idee, le argomentazioni e anche le emozioni di persone di differente estrazione politica e culturale, spesso non cattolica, certamente liberali, che senza bisogno di ricorrere al Devoto-Oli hanno motivato – sul quotidiano “l’Occidentale” – la comune convinzione che di fronte agli avvenimenti che hanno preceduto e accompagnato la grande rinuncia di Benedetto XVI non fosse consentito tacere.
Le riflessioni che vi proponiamo sono contemporanee ai fatti cui si riferiscono. Ma traggono rinnovata attualità proprio da operazioni di dubbia limpidità intellettuale, come quella compiuta da “MicroMega” attraverso un volume intitolato Il Papa oscurantista. Contro le donne, contro la scienza, in cui al dibattito sull’aborto e sul concepimento della vita umani si mescolano gli avvenimenti de “la Sapienza”. Che senso ha un’operazione culturale di questo genere? Con ogni evidenza: quello di dar vita a uno schieramento sulla base di un preconcetto per cui chi non concorda con il Papa in tema d’aborto o d’utilizzo di cellule staminali deve anche e per forza ritenere giusto il trattamento riservatogli nell’ateneo romano.
La sfida, in ogni caso, viene qui raccolta persino sul terreno sul quale il mensile della sinistra laicista ha ritenuto di poter inchiodare il suo avversario: quando prendendo a prestito il precetto evangelico che impone di fare ad altri solo ciò che vorresti fosse fatto a te, Flors d’Arcais si domanda se l’indignazione registratasi contro la “censura laicista” sarebbe stata di pari livello ed avrebbe assunto pari accenti qualora la contestazione riservata a Papa Benedetto XVI fosse stata rivolta al presidente dell’Iran, a Dawkinso a Tariq Ramadan.
La prima e più profonda linea di frattura tra “noi e loro” risiede proprio in quest’interrogativo. Non è soltanto l’indiscussa caratura intellettuale del professor Joseph Ratzinger che stronca sul nascere qualsiasi obiezione di opportunità. Ma è soprattutto la circostanza che a noi l’adesione al principio di realtà e il rigetto di una visione esclusivamente ideologica delle cose impone il rispetto per le radici storiche, per le tradizioni, per la nostra identità che è anche un’identità cristiana.
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