Riportiamo l’intervista al Presidente Gaetano Quagliariello pubblicata sabato su L’Identità.
“Già oggi, ogni giovane deve farsi carico di cinque anziani. Anche per questo bisogna mettere le nuove generazioni nella condizione di fare i figli senza che questo comporti rinunce e mutamenti dello stile di vita”. È questo uno degli obiettivi della ricerca della fondazione Magna Carta, presieduta da Gaetano Quagliariello, sull’inverno demografico.
Perché ritenete questo problema una priorità?
Lo scorso anno, la fondazione ha già dedicato il suo Osservatorio politico alle conseguenze dell’inverno demografico e sono state evidenziate una serie di criticità che potrebbero cambiare, e non poco, la nostra vita se non si interverrà con decisione e rapidità.
Con il passare degli anni, cosa può succedere?
Se la situazione resterà questa, a breve, il welfare non sarà più sostenibile. Quello che sta accadendo in alcune parti del continente si allargherà a macchia d’olio, coinvolgendo anche l’Italia: entrerà in crisi lo scambio tra adesione alla democrazia e benessere personale. Il mercato del lavoro si rattrappirà, perché molte funzioni non potranno più essere coperte. La gestione degli anziani diverrà impossibile perché già oggi ogni nato deve farsi carico di cinque anziani e, con l’allungamento della vita, la percentuale potrà diventare solo più critica. Non potrà più esserci, inoltre, un sistema scolastico e universitario come quello attuale per mancanza di immatricolazioni. E, infine, ci sarà un aggravio della sostenibilità a livello territoriale: solo nel corso dello scorso anno sono venute meno 325mila persone, come se fosse sparita Firenze. La riduzione del numero degli abitanti, poi, riguarda soprattutto le aree interne, con il rischio che una parte del nostro Paese si desertifichi.
Cosa deve fare il governo?
Noi non ci rivolgiamo solo all’esecutivo e alle forze che lo sostengono, ma a tutti, nessuno escluso, perché si tratta di un problema epocale e anche perché gli studi che abbiamo già condotto con la fondazione ci dicono che non siamo di fronte a uno scenario irreversibile. In alcune nazioni dell’Europa Orientale, le nascite sono cresciute, così come in Germania, mentre in Francia il calo demografico si è fermato. Dunque, se si vuole, si può invertire la rotta anche in Italia.
Quali sono le principali cause dell’inverno demografico?
Il fenomeno è multifattoriale. Le cause non sono solo culturali o solo economiche. Abbiamo bisogno di capirne di più. È l’obiettivo della nostra ricerca: comprendere le ragioni profonde per cui in Italia si fanno sempre meno figli. Per questo, promuoveremo tre azioni: focus group assieme a istituti demografici per valutare le ragioni dei giovani e quanti sono a loro vicini, ovvero genitori, psicologi, medici, insegnanti e associazioni del mondo giovanile sia laiche che religiose. Il secondo impegno sarà valutare gli esperimenti di welfare aziendale e territoriale, pubblico e privato, per comprendere se queste esperienze possono funzionare. Infine, realizzeremo una mappa della natalità per scoprire dove si nasce e dove no, e se questo dipende da ragioni particolari.
Allo stato, possiamo parlare già di un’emergenza?
Il problema è gravissimo, forse più dell’emergenza climatica. Se non si risolve la questione demografica, la società non sta in piedi.
La soluzione potrebbero essere quei migranti che troppo spesso consideriamo un problema?
Tenga conto che nei calcoli che si fanno si considera già una cospicua quota di immigrazione, che però non riesce ad essere sostitutiva. L’immigrazione può dare una mano, ma non può essere la soluzione al problema per tre motivi. In primo luogo, l’immigrazione non è a costo zero, poi ci sono lavori che i migranti non sono in condizione di svolgere. Infine, le statistiche ci dicono che quando gli immigrati arrivano in Italia smettono di fare figli. Il tasso di sostituzione che prima era abbastanza alto oggi è molto diminuito.
Durante il fascismo, in tal senso, si erano pensati degli incentivi per chi decideva di avere una famiglia numerosa…
C’è un problema di giustizia fiscale, innanzitutto, perché la natalità non è solo un fatto privato, ma ha anche un’implicazione sociale. Detto ciò, occorre guardare avanti e non indietro. Dobbiamo mettere una famiglia nelle condizioni di fare un figlio, di soddisfare quel bisogno di maternità – che sembra non essere stato intaccato – e renderlo compatibile con la società di oggi. Chi decide di fare figli non dovrà più rinunciare al lavoro, all’affermazione personale, al weekend, agli aperitivi con gli amici.
Quando avremo i risultati della ricerca?
La nostra ricerca durerà sei mesi e terminerà a ottobre. Faremo un report e lo presenteremo sia al Governo che a tutte le forze politiche, senza alcuna esclusione.
Intanto resta di attualità il dibattito sull’affidamento a coppie formate da genitori che sono dello stesso sesso. Non dovrebbe essere data anche a loro, forse in modo migliore, la possibilità di avere figli?
Questo è tutto un altro tema, anche legato alla maternità surrogata. Ognuno ha il suo parere e lo rispetto. Ma certo non può essere questa la soluzione al calo delle nascite.
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