Riportiamo l’intervista rilasciata a Fausto Carioti per Libero dal Presidente Quagliariello il 24 maggio 2024
Intervista a Gaetano Quagliariello: “Operazione UE facile per Meloni, non per Le Pen”
Gaetano Quagliariello ha passato una vita a studiare la destra europea: una delle migliori bibliografie di Charles De Gaulle porta la sua firma. È stato parlamentare e ministro, oggi insegna alla Luiss ed è presidente della Fondazione Magna Carta. Dopo il voto del 9 giugno vede due sole certezze: «La prima è che i Popolari resteranno la prima famiglia politica europea. La seconda è che la cosiddetta “maggioranza Ursula” cercherà di riproporsi nella sua purezza».
Maggioranza Ursula, ovvero il Ppe, i Socialisti e i liberali di Emmanuel Macron. Ci riusciranno?
«Non è detto. L’altra volta von der Leyen ebbe bisogno addirittura dei voti del M5S per avere i numeri necessari».
E dunque?
«Dunque l’ampiezza della maggioranza dipenderà dai risultati, come prevedono le regole della democrazia. E un Paese fondatore come l’Italia non può rimanere fuori dal governo dell’Europa».
È convinto che Meloni entrerà nella maggioranza che sosterrà la prossima commissione Ue?
«Io credo che lo farà. Pur con qualche caveat, sfrutterà l’occasione. Del resto la realtà effettuale dell’Europa glielo consente».
Quale realtà?
«L’Europa, oggi, è sostanzialmente un’Europa delle nazioni. Lo ha dimostrato negli ultimi anni. Quindi si può stare al governo dell’Europa spiegando che il governo nazionale conserverà comunque il potere di veto su quasi tutte le materie. Questo consentirebbe a Meloni di aderire alla maggioranza europea garantendo una certa coerenza esteriore».
La partita è legata a ciò che accadrà nel grande laboratorio delle destre europee. L’ultima è l’emarginazione dei tedeschi di Alternative für Deutschland da parte dei loro alleati sovranisti Marine Le Pen e Matteo Salvini.
«Ci sono due fenomeni di “bradisismo politico” in contrasto tra loro. Il suolo si alza e si abbassa, l’equilibrio non è ancora trovato e questo sta producendo uno sciame sismico».
Fuor di metafora?
«Da una parte c’è lo spostamento a destra delle opinioni pubbliche europee e la ripresa di quello che, con un termine vago, è stato definito “populismo”. Un fenomeno rafforzato dalle maggiori incertezze che sono state alimentate dalle guerre. Potrebbe diventare ancora più forte se Donald Trump conquistasse la presidenza degli Stati Uniti».
Il fenomeno che va in direzione opposta?
«Allo spostamento a destra degli elettori è seguita una sorta di “romanizzazione dei barbari”. Le opinioni pubbliche si sono radicalizzate e le classi dirigenti che fino ad ora le hanno rappresentate stanno cercando di rendersi compatibili con il sistema. Meloni ha aperto la strada in Italia, Marine Le Pen la sta seguendo in Francia».
Di Meloni si era capito già quando era all’opposizione e appoggiò la scelta atlantica e filo-ucraina di Mario Draghi. La novità è Le Pen.
«Le Pen ha preso le distanze da Mosca e ora si è distaccata da AfD, provocando una frattura nello schieramento sovranista. La sua presenza alla conferenza di Vox, partito conservatore spagnolo alleato di Melo-ni, fa parte di questo disegno».
Un presidente francese fuori dalla maggioranza europea sarebbe uno shock di sistema per la Ue. Si votasse oggi non ci sarebbe storia, ma le elezioni per l’Eliseo si terranno nel 2027.
«Le Pen è la candidata più forte alla presidenza della Repubblica. Non sappiamo chi vincerà il ballottaggio, ma è già scontato che lei vi parteciperà. E dopo le elezioni europee la sua forza sarà ancora più evidente».
Nei suoi confronti permane però il veto del Ppe. Quale equilibrio potrà essere raggiunto tra i due opposti bradisismi europei?
«Anche per il cognome che ha, Le Pen evoca il tema del collaborazionismo, che per i Popolari europei, soprattutto tedeschi, è parte di quel passato che non passa. Bisognerà aspettare, quindi, per capire quale sarà il punto di equilibrio finale. Dipenderà anche da come andrà il voto europeo in Francia».
Una larga vittoria del Rassemblement National di Le Pen è scontata.
«Ma una cosa è se Renaissance, il partito di Emmanuel Macron, resisterà come seconda forza, e un’altra è se arriverà dietro l’alleanza tra i socialisti e il partito Place publique di Raphael Glucksmann. I socialisti francesi sembravano sull’orlo della scomparsa, ma si stanno riprendendo. Se Macron finisse terzo, per lui sarebbe difficile anche terminare il mandato all’Eliseo. E per Le Pen diventerebbe ancora più importante farsi accettare dagli elettori della destra repubblicana, in vista del ballottaggio contro lo schieramento socialista ed ecologista che la sfiderà per la presidenza della repubblica».
Intanto i socialisti europei e i liberal di Macron hanno giurato di non fare mai accordi né con i sovranisti di Le Pen, né con i conservatori guidati da Meloni, messi sullo stesso piano.
«Si può dire ciò che si vuole, ma alla fine contano i numeri. Se per dare un governo alla Ue ci sarà bisogno di almeno una parte dei conservatori, un patto con loro sarà necessario. Ed è evidente pure che in Europa c’è una forte diversificazione tra destra ed estrema destra. È un fenomeno che noi italiani, fondamentalmente, non abbiamo mai conosciuto, ma in Paesi come la Francia, dove è esistita una destra repubblicana, c’è sempre stato».
E questo quali conseguenze ha?
«Nel Paese di De Gaulle, per Marine Le Pen è molto difficile ricatalogarsi come destra repubblicana. Ha due ostacoli. Uno è quello della resistenza: de Gaulle ne fu il capo, Jean-Marie Le Pen era nel campo opposto. L’altro è l’ostacolo dell’Algeria: Le Pen era nel campo di quelli che provarono a uccidere de Gaulle. Non cose da poco, quindi».
Non sarà facile per Marine, insomma.
«No. Le Pen non è Meloni e il suo partito non è Fratelli d’Italia. La Storia conta».
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