Riportiamo l’articolo pubblicato dall’HuffPost l’11 giugno 2024 sul convegno “Impero, Nazione e Europa nel pensiero e nell’opera di Alcide De Gasperi”
Padre d’Italia, sconfitto dalla storia. Riscoprire Alcide De Gasperi
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A 70 anni dalla morte un convegno organizzato dalla Luiss lo ricorda e ne ripercorre la figura lungo tre direttive: Impero, Europa e nazione. Una figura studiata ancora troppo poco
È l’anno di anniversari importanti: il centenario del martirio di Giacomo Matteotti; il settantesimo della morte di Alcide De Gasperi. Due uomini pressoché coetanei: del 1885 Matteotti, di quattro anni più anziano De Gasperi. Il primo proveniva dalle fila della socialdemocrazia. Il secondo, per quanto asburgico fino al 1918, è stato un pioniere del cattolicesimo politico italiano. Entrambi sono stati inequivocabilmente antifascisti e anticomunisti. Circostanza che, considerate le temperie storiche, non può ritenersi né banale né scontata.
Coetanei, anche se un destino tanto diverso rende difficile considerarli tali. Matteotti è stato la principale vittima del fascismo, Alcide il ricostruttore dell’Italia post-fascista. Differente anche la risonanza postuma dei loro anniversari: quest’anno, a fronte degli oltre venti volumi consacrati a Matteotti, su De Gasperi si è detto assai poco al di là de Il costruttore di Antonio Polito, primo serio tentativo di un’opera divulgativa dedicata allo statista trentino.
Ovvio, un centenario non può confondersi con “un settantesimo”. Forse, però, il differente trattamento non dipende solo da questo. Matteotti consente di riproporre il tema eterno: fascismo/antifascismo. Affrontare la figura di De Gasperi, invece, significa doversi occuparsi dei difficili anni del dopoguerra. Dell’uscita dal conflitto, della divisione del mondo in due blocchi, delle scelte non scontate che hanno consentito al paese di poter stare dalla parte giusta. Difficile, insomma, ricavarne una polemica in chiave di politica contemporanea.
Dal punto di vista storico, per due giorni, a partire da oggi, un convegno dedicato allo statista trentino organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss-Guido Carli, proverà a riguadagnare il tempo perduto. A partire da una prospettiva inedita. Il percorso biografico di De Gasperi sarà ricostruito e scandagliato attraverso tre categorie: Impero, Europa e Nazione. Un modo per riconsegnarlo anche all’attualità? Non è questo l’intento principale. Eppure, come diceva Benedetto Croce la storia è sempre storia contemporanea.
Allora alcune suggestioni, per provare ad accendere un dibattito. La prima si propone quasi scontata: fatta esperienza della realtà delI’Impero austroungarico, per De Gasperi stato e nazione non coincidevano e proprio per questo fu un padre dell’Europa. Lui, infatti, aveva un’idea d’Europa forte e democratica, diversa da quella che si è poi andata costruendo. Puntò sull’esercito europeo, fu sconfitto. Aveva ragione lui: quell’idea, e quel percorso, sono oggi più attuali che mai.
La seconda suggestione riguarda l’economia. De Gasperi fu determinante nell’imporre la “linea Einaudi” per la ripresa del Paese. Mediò quella scelta tenendo conto di contingenze e necessità dettate dall’equità. Ne derivò un’economia mista, mai però in rotta di collisione con quella classica. La lezione andrebbe meditata, quando cambiamenti epocali impongono una profonda revisione dei sistemi di welfare.
Infine, vi è qualcosa di attuale anche nella sua sconfitta, che spiega, almeno in parte, la sua difficile posterità. De Gasperi ha fatto per l’Italia quel che a nessun altro uomo politico è mai più riuscito. Non riuscì a (e non gli fu consentito di) collegare quell’opera a uno stabile impianto istituzionale. Quando la sua forza si esaurì, la conservazione prese il sopravvento. In seguito, sua esperienza è stata a volte onorata ma non considerata come una nazione matura avrebbe dovuto fare.
Sono passati settant’anni. A riformare le istituzioni, da allora, ci hanno provato in tanti. Nessuno ce l’ha mai fatta. Varrà domandarsi il perché. Servono forza, determinazione, fortuna. Non è facile possederle insieme. Serve, però, ancor di più, cultura di governo che faccia evitare approssimazioni e improvvisazioni. E può essere persino più difficile.
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